Raffaello e la cappella Chigi
a Santa Maria della Pace
Una bella scoperta la cappella che si trova nella chiesa di Santa Maria della Pace, dietro Piazza Navona e Roma.
Appena vi entrerete vi troverete in una splendida chiesa con decorazioni prevalentemente rinascimentali e scoprirete che alla realizzazione dell’edificio vi hanno lavorato nomi importanti come Carlo Maderno, Gian Lorenzo Bernini, Pietro da Cortona, Antonio da Sangallo il giovane e Baldassarre Peruzzi, ma soprattutto, come presto scoprirete sulla destra dell’ingresso.., Raffaello Sanzio da Urbino.
Diversi cartoni illustrativi vi presenteranno la chiesa e il progetto, curato ed ideato, nella sua struttura a pianta centrale e nella cupola, da uno tra i più grandi architetti e pittori del rinascimento italiano a cui si sono succeduti altri artisti non meno noti come appunto Carlo Maderno, Bernini e il Sangallo. Raffaello, che ha curato il progetto anche della cappella Chigi, fu chiamato a Roma da Agostino Chigi che gli commissionò quest’opera dopo il lavoro, effettuato per lui nella villa Farnesina sul lungotevere.
Scoprirete, passeggiando dentro questo capolavoro di architettura rinascimentale romana, affreschi del Peruzzi e quadri di Orazio Gentileschi. Praticamente un museo del cinquecento e seicento nel piccolo spazio di una chiesa nel centro di Roma.
Ma la cappella che subito vi attirerà, appena entrati, sarà quella dipinta dal Sanzio nel 1514-15, mostrandovi, nell’arcone d’ingresso alla cappella stessa, una rappresentazione di Sibille e Angeli, che vi lasceranno con la bocca aperta, per la sapiente composizione delle figure, il simbolismo della posa e dei gesti delle figure, come delle iscrizioni di cui tutto l’affresco è pieno e la grazia e la meraviglia, vi si manifesterà agli occhi.
Il gruppo delle Sibille veggenti dell’antichità classica che profetizzarono la venuta di Cristo, sono accompagnate da sette Angeli, alcuni con sembianze di putti alati.
Gli angeli sono gli intermediari tra l’uomo e Dio e reggono le iscrizioni che vengono lette dalle sibille annunciando la Venuta e la Resurrezione del Cristo.
Da sinistra ammirerete per prima la Sibilla Cumana che regge il libro sibillino (chiuso, quasi ad indicare ciò che ancora dovrà avvenire) mentre indica l’iscrizione in greco che annuncia la resurrezione dei morti; subito accanto un altro angelo, guardando la prima iscrizione, si appoggia su una lapide che, sempre in greco annuncerà la venuta della luce. Non vi passerà inosservata la composizione triangolare, tanto cara a Michelangelo e a tutto il rinascimento.
Il triangolo compositivo, vi accorgerete procedendo verso destra, sarà comune anche nelle altre figure di tutto l’arcone.
La sibilla persica che, con una rotazione del busto dalla grazia tutta raffaellesca, scrive un testo, anch’esso in greco, annuncia il destino della morte per il Figlio di Dio, quasi su suggerimento dell’angelo, che viene subito sopra, e che vi sembrerà ispirato dall’alto per via del dito della sua mano che indica verso il cielo.
Subito apprezzerete la simmetria della composizione dell’affresco, con le figure delle sibille e degli angeli che si appoggiano all’arcone che decora la semicupola della cappella, da una parte smentita dai gesti delle figure rappresentate, ma anche confermata dalla presenza, ai lati, dei due angeli volanti e soprattutto dal putto centrale che guarda verso il basso con una fiaccola.
La parte destra dell’affresco, noterete con grande raffinatezza e ammirazione, ammicca alle composizioni e alle figure del Michelangelo della cappella Sistina, in quegli anni appena terminata.
Di seguito al putto “in asse di simmetria”, troverete un angelo con una lapide e un’altra iscrizione che afferma: “il ciclo circonda il vaso della terra”, che noterete rivolgersi alla sibilla Frigia. Ai piedi di questa, vedrete l’ultima sibilla, la sibilla Tiburtina, che, con sembianze di una donna anziana, fa fatica nel leggere la stessa iscrizione, torcendo il busto e facendo così emergere, ai vostri occhi, il libro delle sentenze oracolari.
Fra le due sibille, e sullo sfondo, ammirerete il putto che si appoggia al cartiglio marmoreo, l’unico che abbia una scritta in latino, che annuncia la nuova progenie.
In alto, a chiusura dell’affresco, e come già detto in simmetria con tutta la composizione, vi farete incantare dall’angelo che srotola la pergamena sulla quale in greco leggerete: «Io aprirò e risusciterò».
Ripensandoci, anche fuori dalla chiesa, ricorderete per molto tempo il sentimento e l’umore rappresentato nei volti di ogni figura, oltre naturalmente al valore pittorico e compositivo che esprime armonia ed equilibio nel più potente e passionale classicismo, che solo il Raffaello di questo periodo, può rendere cosi magistralmente.
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