L’essere umano, sin dall’alba della sua comparsa sul pianeta, al fine di migliorare e rendere sempre più sicura la sua esistenza, si è sempre reso artefice di invenzioni e opere atte a modificare il mondo che lo circondava. Tutto questo ha fatto sì che l’essere umano potesse ragionevolmente essere ritenuto la specie animale più intelligente ed evoluta del Pianeta.
In effetti nessuno potrebbe obiettare certe affermazioni, sebbene talvolta venga spontaneo chiedersi se tutti gli esseri umani possano esser ritenuti meritevoli di quel titolo.
In effetti, non credo di dire un’eresia sostenendo che nessuna specie animale nuoccia al pianeta ed all’esistenza dell’uomo più dell’uomo stesso! Se gli esseri umani riflettessero adeguatamente su questa affermazione metterebbero da parte il proprio ego e prenderebbero seriamente in considerazione la necessità di rivedere qualcosa della propria esistenza e stile di vita.
Le ultime decisioni prese dall’attuale Presidente degli USA Trump in merito all’ambiente per esempio, mostrano quanto stupido ed arrogante possa essere di chi ritenga “non negoziabile” il proprio errato stile di vita.
Uno Stato che pretenda di poter dare lezioni di “civiltà e democrazia” al pianeta intero, dovrebbe iniziare col dare il buon esempio … per dirla con il Codice di Procedura Civile Italiano, chi amministra dovrebbe “agire come il buon padre di famiglia”.
Per anni il mondo capitalista, USA in primis, ha ritenuto che il male più assoluto per il Pianeta fosse il comunismo, concentrando la propria attenzione verso quel “pericolo”, non accorgendosi che tutti i peggiori incubi attribuiti al comunismo andavano concretizzandosi grazie al consumismo capitalista!
Mirando costantemente all’aumento delle proprie ricchezze, gli uomini e le aziende tendono a massimizzare i guadagni e ridurre al minimo i costi: ogni anno deve risultare più positivo del precedente … “costi quel che costi”! Così non ci si fa scrupolo se si vengano a perdere posti di lavoro nel momento in cui, per poter migliorare la produzione, si trasferiscano le attività in Paesi dove la schiavitù risulti ancora consentita o se, in luogo degli uomini, si impieghino i robot.
Lo stesso criterio di massimizzazione dei profitti da parte delle “grandi” multinazionali dell’agricoltura e dei pesticidi sta distruggendo la nostra salute e quella del pianeta stesso. Sistemi monocoltura – che necessitano di pesticidi e fertilizzanti – stanno avvelenando suolo e sottosuolo, mentre una miriade di intolleranze e vere e proprie allergie vanno sviluppandosi ovunque e, insieme ad esse, una serie di patologie mortali! … Eppure lo chiamano sviluppo sostenibile!
Per quello che riguarda lo sviluppo urbano invece, il XX secolo ha segnato l’apice della follia. Sempre per la massimizzazione dei profitti – dell’industria automobilistica e petrolifera – l’uomo ha condannato a morte il rapporto di mutuo rispetto città-campagna e, con esso, ha condannato a morte se stesso.
Accecati da questo sviluppo forsennato, gli uomini hanno finto – e tutt’ora fingono – di non accorgersi che l’aria diveniva irrespirabile, che le malattie respiratorie, cardiache ed oncologiche andavano crescendo di pari passo a questa folle crescita. Oggi c’è chi, ipocritamente, promuova la costruzione di edifici industriali “di classe A” per città “di classe Z” … eppure, anche questo, lo chiamano sviluppo sostenibile!
I disastri causati dall’uomo al pianeta sono tantissimi, e non è mia intenzione di stare qui ad elencarli, ma questo non vuol dire che non possa sottolineare, ancora una volta, come tutto questo disastro sia diretta conseguenza dell’egoismo e dell’idiozia dell’essere umano il quale, accecato dal suo egoismo e mania di profitto, non si accorga del fatto che stia minando la sua stessa esistenza.
Svariati psicologi e sociologi hanno parlato del come le persone di successo – specie certi manager dirigenti di “grandi” aziende – tendano a considerare se stesse come esseri onnipotenti ai quali non possa succedere nulla. Queste persone sono così egoiste e miopi dal non preoccuparsi minimamente per il futuro dei propri figli e nipoti e, spesso, anche di se stesse perché, appunto, pensano di esser tanto fortunate e potenti, che nulla potrà mai accadere loro.
Sono pessimista? Certo che sì, chi non lo sarebbe davanti a tanta ottusità? Eppure, prendendo spunto da un recente articolo riguardante la crisi del commercio a seguito delle vendite on-line[1], vorrei provare a far riflettere su qualcosa che ognuno di noi, nel proprio piccolo, potrebbe fare per limitare i danni di un fenomeno che altrove sta già mietendo le proprie vittime.
Come conseguenza della zonizzazione urbanistica, le città sono andate via via perdendo il commercio – ergo la vita – lungo le proprie strade. L’aver deciso di concentrare il commercio in aree monofunzionali della città (centri commerciali e outlet), ha infatti comportato la progressiva sparizione dei negozi lungo le strade.
La conseguenza di questa scellerata scelta è stata che gli uomini non possano più fare a meno delle automobili per poter acquistare i beni, anche quelli di prima necessità! Questo fenomeno, come già sottolineato da Jane Jacobs nel lontano 1961 in Vita e morte delle grandi città Americane[2], ha portato con sé la perdita di sicurezza delle città.
Oggi – a seguito dell’avvento di internet e delle vendite on-line – anche gli shopping-Mall suburbani si stanno desertificando, ed occorre procedere alla loro demolizione per ragioni di sicurezza[3]!
In Italia – Paese che vive un ingiustificabile senso di inferiorità culturale nei confronti del resto del mondo – amiamo emulare il peggio degli esempi che vengono dal di fuori dei nostri confini, sicché non ci accorgiamo se certi modelli possano o meno essere validi, né tantomeno se quegli stessi modelli siano già stati abbandonati da parte di chi li abbia teorizzati e messi in pratica.
Per esempio, nel luglio del 1972, cinque giorni dopo la demolizione del complesso di alloggi sociali Pruitt-Igoe di Saint Louis, ritenuto “ambiente deleterio per i suoi abitanti a basso reddito”, mentre Charles Jencks definiva quell’evento “la morte di quelle utopie”, a Roma veniva deciso di costruire il Corviale!
Oggi, quello stesso ingiustificabile “complesso di inferiorità culturale” ci impedisce di accorgerci (o forse ci vien tenuto nascosto intenzionalmente) che gli USA stiano smantellando i loro shopping-Mall, sicché continuiamo a rilasciare concessioni edilizie per la realizzazione dei centri commerciali.
… La brutta faccenda del business centre legato allo Stadio della AS Roma è emblematica, specie se si pensa che a promuoverla sia un contractor americano che, al suo Paese, non troverebbe polli da spennare!
Per dare qualche numero sulla situazione di cui parlo, è bene sapere cosa stia succedendo negli States: Nel 2005, la Berkshire Hathaway, aveva acquistato azioni del colosso WalMart per centinaia di milioni di dollari, il 14 febbraio di quest’anno è stato dato l’annuncio che era stato venduto il 90% delle azioni, con una dismissione che è durata qualche mese!! A dicembre, durante il meeting annuale della Berkshire Hathaway, gli azionisti avevano attribuito ad Amazon la responsabilità del crollo imminente del colosso, affrontando il problema come un fenomeno naturale irreversibile. «È una grande, grande forza, e ha già distrutto un sacco di persone e ne distruggerà di più!».
Anche uno stupido (eccettuati i politici e gli uffici tecnici che ancora rilasciano concessioni edilizie per i centri commerciali) dovrebbe comprendere che, se il problema è arrivato ad intaccare il più grande colosso mondiale, i pesci più piccoli non possono certo passarsela meglio, sicché occorrerebbe tutelare il piccolo commercio piuttosto che esporlo ad attacchi sempre più violenti.
Per avere un’idea più precisa delle dimensioni del fenomeno, nei mesi scorsi Business Insider, parlando di “onda gigantesca”, ha dato notizia di un altro colosso, Macy’s, in procinto di chiudere 68 esercizi commerciali, tagliando 10.000 posti di lavoro! Mentre Limited sta chiudendo le sue 250 strutture, con un impatto su 4.000 lavoratori. Kohl’s, Sears, Kmart e CVS hanno annunciato ulteriori centinaia di chiusure. Mentre altre catene come American Eagle, Chicos, Finish Line, Men’s Wearhouse e The Children’s Place hanno avviato dei piani pluriennali di riduzione dei negozi!
Se questi dati non bastano a chiarire l’entità del fenomeno, nonché il fatto che lo stesso non sia limitato agli USA, ritengo utile citare la drammatica previsione elaborata nel Regno Unito dal British Retail Consortium[4], la federazione dei negozianti britannici: entro il 2025 un terzo dei lavoratori del settore perderà il lavoro, il che equivale alla stratosferica somma di 900.000 persone! Ovviamente, a essere colpite saranno soprattutto le piccole imprese del commercio e le aree più povere!
… Un vero successo lungo la via del progresso per l’essere umano che si crede furbo pensando di poter fare tutto seduto sul proprio divano!
La scorsa settimana, su questo stesso blog, avevo scritto un post[5] nel quale avevo già affrontato il problema della evoluzione-involuzione dell’essere umano che sembra voglia trasformarsi in una sorta di parassita, metà uomo e metà divano!
Nel processo evolutivo dell’uomo sembra infatti essersi sviluppata una sorta di apatia che ha mutato quello che un tempo veniva definito homo faber[6] in “fannullone”, la cui massima aspirazione sia quella di diventare una sorta di ameba immobile.
Pensate davvero che sia una grande conquista quella di acquistare tutto da casa grazie ad un click? Pensate davvero che stiate risparmiando?
Vi racconto questa mia piccolissima esperienza atta far comprendere le dimensioni dei profitti di chi – grazie al parassitismo congenito dell’essere umano che si crede furbo perché può fare tutto da casa – stia ammazzando il commercio di strada.
Da diverso tempo ho completato la stesura di un libro di urbanistica e sociologia urbana pronto per la pubblicazione. Ovviamente il tema non è di quelli che vendono milioni di copie, tuttavia chi l’ha letto lo ha ritenuto di altissimo livello, tanto che il grande Rob Krier mi ha scritto l’introduzione!
Nonostante certe credenziali, il libro non è ancora stato dato alle stampe perché le case editrici contattate (una ha già pubblicato e venduto migliaia di copie dei miei libri precedenti), nonostante i contributi statali e gli sgravi fiscali che ricevono, mi hanno chiesto la partecipazione alle spese per 5.000 Euro! … Cosa già avvenuta – a tradimento 5 giorni prima della stampa – per un altro mio libro. Ebbene, poiché nessuna casa editrice, nonostante i contratti firmati e nonostante le migliaia di copie vendute, mi ha mai riconosciuto un centesimo di compenso, su suggerimento del mio più fidato e caro amico, ho provato a seguire la strada dell’editore on-line che stampa on demand … mi si è aperto un mondo ma, soprattutto, mi si è chiarito il sistema dei venditori on-line!
Ho infatti scoperto che il libro, che stampato a colori costerebbe 23 euro a copia, costi di spedizione inclusi, commercializzandolo tramite Amazon necessiterebbe di un prezzo di copertina di circa 50 euro!
… Vogliamo davvero alimentare questo sistema assurdo? Che tra l’altro ci pone anche davanti alla impossibilità di poter interagire con un venditore cui contestare ciò che non va? Vogliamo davvero fare in modo che scompaiano i rapporti sociali all’interno delle città? Ambiamo davvero a vivere in città prive di vita?
Facciamoci furbi, boicottiamo il sistema tenendo in vita i negozi sotto casa … non solo l’economia, ma anche la nostra salute ne beneficerà!
[1] http://www.latimes.com/business/la-fi-malls-closing-20170531-story.html
[2] Tradotto e pubblicato in Italia nel 1969 a cura di Einaudi.
[3] http://www.linkiesta.it/it/article/2017/02/24/morire-di-amazon-cosi-le-commerce-fara-sparire-i-negozi/33349/
[4] http://www.linkiesta.it/it/article/2017/02/24/morire-di-amazon-cosi-le-commerce-fara-sparire-i-negozi/33349/
[5] http://www.picweb.it/emm/blog/index.php/2017/05/31/lantropolectus-evoluzione-involuzione-dellessere-vivente-piu-pericoloso-per-il-pianeta-e-per-se-stesso/
[6] L’uomo come artefice, capace di creare, costruire, trasformare l’ambiente e la realtà in cui vive, adattandoli ai suoi bisogni (Dizionario Hoepli)
3 pensieri su “L’homo sapiens si fece insipiens … e pensò fosse il progresso”