Novità sulla incredibile resistenza del calcestruzzo romano

All’indomani del terremoto di Amatrice, avevo scritto un lungo articolo nel quale spiegavo le ragioni per le quali molti dei crolli fossero stati generati da opere errate di restauro e di consolidamento strutturale.

In quell’articolo[1] (che invito tutti a leggere con attenzione) spiegavo il comportamento del moderno cemento armato e, soprattutto i suoi effetti collaterali a medio termine, a differenza della straordinaria resistenza delle antiche strutture in opus caementicium e opus craticium.

Nei giorni scorsi, su “The Guardian” è stato pubblicato da Nicola Davis un pezzo interessantissimo intitolato Perché il calcestruzzo romano resiste ancora, mentre la versione moderna si degrada[2]?” Molte delle cose che vengono dette, relativamente ai minerali presenti nelle malte antiche e nel cemento moderno, erano già note a chi possa essersi interessato di materiali da costruzione … personalmente ricordo ancora – grazie al corso di Tecnologia dei Materiali da Costruzione tenuto dal prof. Romanelli – le cose che ho potuto apprendere dal testo di Angelo Bruno, “Materiali da Costruzione[3]”. Ciò che risulta del tutto nuovo è però la possibile spiegazione scientifica fornita dall’equipe di geologi, relativamente al comportamento in ambiente marino del calcestruzzo romano.

Tutti noi abbiamo sentito dire – e potuto constatare direttamente – frasi del tipo “le strutture antiche più invecchiano, più diventano resistenti”, in particolare il calcestruzzo romano … oggi, grazie a questo gruppo di studiosi, ne abbiamo una spiegazione plausibile! Ma questi studiosi sono andati anche oltre, suggerendo il reimpiego del calcestruzzo romano nella realizzazione di strutture moderne. Davanti a tanta onestà intellettuale non c’è da meravigliarsi se, a dirlo, non siano né degli ingegneri, né degli architetti, ma dei geologi!

Ostia, parete in opus mixtum, si noti come l’erosione marina abbia consumato i blocchetti di tufo dell’opus reticulatum lasciando a vista la resistentissima griglia di opus caementicium

Per evitare ogni possibile accusa ideologica da parte di colleghi in malafede, mi limiterò quindi a riportare di seguito il testo che ho tradotto – adattandolo inserendo dei termini più corretti e dei link chiarificatori – in modo che tutti gli italiani che non comprendono l’inglese possano venirne a conoscenza.

Davis scrive: Le strutture romane, ad oltre 1.500 anni dall’ultimo centurione, resistono ancora: il segreto della durevolezza della malta cementizia marina romana è finalmente stato risolto.

La ricetta romana – un mix di sabbia vulcanica (pozzolana), calce (ossido di calcio), acqua di mare e frammenti di roccia vulcanica – tiene ancora insieme moli, frangiflutti e porti. Inoltre, in contrasto con i materiali moderni, le antiche strutture sono diventate più forti nel tempo.

Alcuni scienziati sostengono che questo sia il risultato dell’acqua di mare che, reagendo con il materiale vulcanico della malta, ha generato nuovi minerali che, nel tempo, hanno rinforzato il calcestruzzo.

I romani hanno speso una grande quantità di lavoro nello sviluppo questa tecnica – erano persone molto, molto intelligenti“, ha detto Marie Jackson, una geologa dell’Università degli Utah, co-autrice di uno studio sulle strutture romane. Come notato dagli autori, i Romani erano ben consapevoli delle virtù del loro calcestruzzo, visto che Plinio il Vecchio ne cantava le lodi nella sua Naturalis Historia, definendolo “impenetrabile alle onde e ogni giorno più forte“.

Oggi questi scienziati sostengono di averne compreso le ragioni. Scrivendo nella rivista American Mineralogist, la Jackson e i suoi colleghi descrivono il modo in cui hanno analizzato alcuni campioni di calcestruzzo prelevati da moli romani, da frangiflutti e porti.

Analisi precedenti avevano rivelato la presenza di particelle di calce all’interno dei campioni che, sorprendentemente, contenevano Tobermorite[4], un minerale alluminoso molto raro e difficile da realizzare.

Il minerale, sostiene la Jackson, si è formato da subito nel calcestruzzo, poiché la calce, l’acqua di mare e la pozzolana della malta hanno reagito insieme generando calore.
Ma ora il team della Jackson ha fatto un’altra scoperta. “Sono tornata al calcestruzzo e ho trovato un’abbondanza di Tobermorite all’interno della struttura calcestruzzo, spesso in associazione con il Phillipsite[5] [un altro silicato]”.

Questa presenza, a detta della Jackson, rivela un altro processo che entrava in gioco nell’opus caementicium: Nel corso del tempo l’acqua di mare, penetrando attraverso il calcestruzzo, ha sciolto i cristalli e i vetri vulcanici, rimpiazzandoli con i minerali alluminosi della Tobermorite e Phillipsite, che si sono cristallizzati all’interno delle strutture.

Questi minerali, a detta degli autori, hanno contribuito a rafforzare il calcestruzzo, impedendo alle crepe di crescere e facendo sì che le strutture divenissero più forti nel tempo, proporzionalmente alla loro crescita.

Diversamente, il calcestruzzo moderno basato sul cemento Portland, non può modificarsi dopo il suo indurimento: qualsiasi reazione interna ne causa infatti un danneggiamento!

La Jackson ha dichiarato: “Penso che questa ricerca apra una prospettiva completamente nuova sul modo di realizzare il cemento – poiché ciò che consideriamo un processo di corrosione potrebbe realmente produrre enormi benefici al cemento, portando ad una costante resilienza e, eventualmente, ad un miglioramento della resistenza nel tempo. “

I risultati offrono la ricetta per realizzare il calcestruzzo; una ricetta che non prevede alte temperature, né produzione di biossido di carbonio come per il cemento moderno, ma semplicemente il metodo per realizzare un materiale costruttivo durevole, da utilizzare in ambienti marini.

La Jackson aveva già suggerito l’impiego di vero calcestruzzo romano per costruire la barriera di protezione dal mare per la Swansea Lagoon.

La Jackson, concludendo, ha dichiarato: “Ci sono molte possibili applicazioni, tuttavia è necessario lavorare ulteriormente per creare certe miscele. Abbiamo iniziato, ma c’è tantissimo lavoro da fare per l’ottimizzazione del processo. (…) La sfida è quella di sviluppare metodi che utilizzino prodotti vulcanici comuni – e questo è in realtà ciò che stiamo facendo“.

[1] http://biourbanistica.com/en/blog/2016/8/31/il-cemento-e-il-terremoto-corruzione-e-menzogne-architettoniche/

[2] https://www.theguardian.com/science/2017/jul/04/why-roman-concrete-still-stands-strong-while-modern-version-decays?CMP=share_btn_fb

[3] Angelo Bruno, Materiali Da Costruzione Ed. Medicea, 1980

[4] http://www.treccani.it/vocabolario/tobermorite/

[5] http://www.treccani.it/enciclopedia/phillipsite_%28Enciclopedia-Italiana%29/

 

3 pensieri su “Novità sulla incredibile resistenza del calcestruzzo romano

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