Il nostro Patrimonio ha bisogno di un vaccino contro le contaminazioni artistiche

Il mio ultimo post sulle Soprintendenze[1] e sugli scempi realizzati in danno ai nostri Beni artistici e monumentali, oltre che i molti commenti di assenso, ha anche registrato un commento inqualificabile da parte di una persona che, come si legge dal suo profilo, si ritiene un’artista solo per essere nata presso la Cava di Carrara. Questa persona, che mi ha dato dell’ignorante per aver osato criticare Daniel Buren per il suo immondo intervento in quel di Piazza Verdi alla Spezia, non ha nemmeno voluto leggere il post, ritenendolo ignorante per aver accostato gli interventi permanenti a quelli temporanei e, comunque, perché solo degli ignoranti non comprendono che le opere d’arte contemporanea, messe all’interno dei siti storici, portano qualità e interesse.

La contaminazione, a detta di questa illuminata, sarebbe indispensabile!

Stando ai dizionari della lingua italiana, il termine “contaminazióne” [dal latino tardo contaminatio – onis] fa riferimento ad un qualcosa da evitare … eppure sembrerebbe che, per qualcuno, non sia proprio così!

Vediamo quindi di chiarirci le idee su questo vocabolo: Il termine contaminazione andrebbe inteso nel suo significato più ampio, che, spesso, s’intreccia con quello di contagio. Si spazia dall’atto del contaminare in senso proprio e figurato, all’effetto generato sull’individuo per un atto inaccettabile: “colpe che sono una contaminazione del corpo e dell’anima” e va considerato il riferimento alla contaminazione fisica dell’essere umano e dell’ambiente: “essere infettato, inquinato ecc.” o dell’atmosfera: “contaminazione radioattiva” ecc.

Nella versione semantica più ampia i due termini contaminazione e contagio tendono dunque a comprendere i concetti di infezione, epidemia, trasmissione, diffusione, adulterazione, infestazione, avvelenamento, inquinamento, ma anche quelli di contatto, trasferimento, mescolanza, interazione e ibridazione. La contaminazione si rivolge anche all’alterazione delle sostanze alimentari causata da microrganismi o da parassiti o dall’aggiunta di additivi che può derivare da una cattiva conservazione, incuria, uso di materie prime scadenti o adozione di tecnologie inadeguate. Il termine però include anche l’artificio, praticato dagli antichi commediografi latini, d’inserire nell’elaborazione di una commedia, alcuni brani estratti da una d’origine greca. È importante far notare che in questo caso, per gli amanti del concetto di “falsificazione della storia”, si dovrebbe pensare ad un’appropriazione indebita, ergo deprecabile… questo è invece l’unico appiglio cui i sostenitori della contaminazione artistica (tutti rigorosamente a sostegno della necessità di prevenire le falsificazioni storiche promuovendo il “contemporaneo”) tendono ad aggrapparsi per promuovere le loro idee.

Senza voler scendere nella spiegazione approfondita del termine in oggetto, vorrei soffermarmi sulla sua accezione in campo artistico… sempre se è lecito poter utilizzare il termine “arte” per ciò di cui andrò a dire.

Negli ultimi anni, sotto l’egida di sovrintendenti e curatori di musei e mostre, s’è fatta sempre più prepotentemente avanti l’idea che risulti necessario accostare le “opere d’arte” contemporanee a quelle storiche. Si è addirittura arrivati, per assurdo, a sostenere che, per valorizzare i nostri siti archeologici o i nostri palazzi e chiese monumentali, fosse necessario utilizzarli per esporre opere di fantomatici artisti contemporanei. Questa valorizzazione per mezzo di “contaminazione antico-moderno”, nella mente dei suoi promotori dovrebbe servire ad attirare i turisti e promuovere la bellezza delle installazioni e delle opere d’arte contemporanea!

Ma è davvero così? Davvero crediamo che i nostri siti necessitino di essere violentati con opere irrispettose per poter essere valorizzati? Davvero pensiamo che possano esserci turisti così idioti da spendere migliaia di euro per attraversare l’oceano e venire a vedere un ammasso informe di ferraglia, piuttosto che i nostri monumenti per come sono? A me pare che si sia rigirata la frittata e si voglia far credere il contrario della realtà. Questa versione distorta della verità mi ricorda tanto la gag di Giobbe Covatta che interpretava il razzista-nordista, sostenendo che non fossero lui e i suoi amici di partito ad essere razzisti, ma gli altri ad essere napoletani!

Forse certi sostenitori delle contaminazioni dovrebbero provare a mettere da parte l’ideologia e gli affari e provare ad ascoltare l’opinione della gente comune… guardandosi però bene dal chiedere un parere agli intellettualoidi radical-chic che fingono, per moda, di comprendere ciò che non ha alcun significato e qualità.

Ebbene, viaggiando molto con i miei studenti provenienti dall’altro lato del pianeta, ritengo di poter parlare con cognizione di causa, dicendo che non mi sia mai capitato di sentire commenti positivi in merito a certe contaminazioni! Nella totalità dei casi mi sono trovato a raccogliere commenti di frustrazione da parte di chi, dopo aver intrapreso un viaggio del genere, cosa che difficilmente potrà ripetere nella vita, si è visto negare la possibilità di vedere il monumento tanto desiderato. E questo lo dicono anche diversi turisti spaesati, che non comprendevano – né erano disposti a farlo – ciò che erano invece stati obbligati a guardare!

Così, c’è capitato di non poter godere del transetto della chiesa di San Giorgio Maggiore a Venezia, infestato da un cilindro tozzo dal quale fuoriusciva del fumo, compattato in una gigantesca colonna per opera di immense torri/ventilatore angolari installate da Anish Kapoor per la sua opera “Ascensione” (già però presentata in altre occasioni ed in altri luoghi del pianeta con titoli differenti, alla faccia degli idioti che vorrebbero trovare una spiegazione artistica in quella idiozia) oppure non c’è stato possibile ammirare il cortile circolare della Casa del Mantegna a Mantova, contaminato da un immenso velo giallo, per tacer di quando siamo stati costretti a visitare la Villa Pisani del Palladio, infettata da arredi ultramoderni e pannelli al neon… ma l’elenco dei siti adulterati sarebbe troppo lungo per poter essere riportato in questa sede.

È chiaro che gli unici a beneficiare di queste contaminazioni siano i mercanti della presunta arte contemporanea, individui molto furbi che sanno bene come certe cianfrusaglie, se mai per coerenza venissero esposte in ambientazioni contemporanee, non registrerebbero nemmeno un visitatore al giorno, mandando fallito l’evento!

Venezia, Biennale 2017, l’opera “Support” di Lorenzo Quinn
Venezia, Biennale 2015, l’opera di Anish Kapoor “Ascensione”
NIO architecten, Dark Matter 2012. Intramoenia Extra Art/Watershed, Castello di Barletta, Sotterranei del Torrione Santa Maria
Roma, installazione “temporanea” di Daniel Buren sulla Domus Severiana del Palatino
Vista dell’immonda sistemazione di Piazza Verdi alla Spezia
Lonigo, 2014, Villa Pisani … sarebbe un patrimonio dell’umanità, ma oggi l’interno disturbato da una mostra indegna di opere d’arte (presunte) e arredi inqualificabili … certi soprintendenti dovrebbero vergognarsi e dimettersi. Ci avevano detto di fare attenzione a non calpestare i tappeti .. ho risposto “certo, non vorremmo sporcarci le scarpe!”

Considerato che una grande responsabilità in tali situazioni sia da attribuire all’opera dei radical-chic di cui sopra, ritengo utile ricordar loro il pensiero di un vero intellettuale, una persona al di sopra di ogni sospetto, attento studioso e conoscitore dei comportamenti umani: Il sociologo Zygmunt Bauman.

Il recente testo Per tutti i gusti. La cultura nell’età dei consumi, risulta infatti di grande effetto per capire quanto miserabile sia diventata la nostra civiltà, una civiltà che pretende di essere quella più evoluta e colta della storia dell’umanità, comportandosi invece come la più ignorante di sempre!

L’amara riflessione sulla nostra cultura consumista, riassume in due righe l’aberrazione culturale che stiamo vivendo: “La funzione della cultura non è di soddisfare bisogni esistenti ma di crearne di nuovi pur mantenendo allo stesso tempo bisogni già radicati o permanentemente insoddisfatti”. L’atto di denuncia che ne emerge, riguardo al percorso eticamente involutivo del concetto di cultura, è ineccepibile. Bauman mostra senza ipocrisie quelle che sono le distorsioni della realtà, nonché le manipolazioni operate dal mercato, nella transizione dalla modernità all’odierna società globalizzata dei consumi, che lui ha più volte definito una “società liquida”, il cui intento programmatico è il costante scioglimento e cambiamento dei vincoli strutturali alla base dei processi socio-economici, in nome del trionfo dell’instabilità… condizione necessaria per garantire la sopravvivenza della società consumistica globalizzata!

Bauman denuncia: “la cultura di oggi è fatta di offerte, non di norme”, condannando così la mercificazione della cultura, sottolineandone la perdita dell’originaria missione educativa volta al disciplinamento dei gusti dell’individuo.

Privo di direttive e degradato a mero cliente, [l’individuo medio n.d.r.] viene investito da un eccesso di stimoli che lo porta a consumare senza criterio, con l’unico fine di appagare un effimero desiderio di possesso a cui non corrisponde un arricchimento formativo […] Il consumatore – privato di una guida morale al momento della scelta – ha accesso a una quantità indiscriminata di prodotti e, non godendo di sufficiente tempo per interpretare i propri reali bisogni, si getta a capofitto nel seguire mode effimere per stare al passo con i ritmi di ricambio dell’offerta. È ostaggio di un eccesso di libertà che in realtà lo rende perennemente insoddisfatto e lo imprigiona in un meccanismo autoreferenziale di riproduzione infinita del desiderio, il cui appagamento è escluso a priori.

Tutto questo discorso sulla cultura in generale, ovviamente, include l’arte in tutte le sue forme. La mercificazione che ne è stata fatta non è, e non può essere, accettabile! Parafrasando Bauman, potremmo dire a giusta ragione che l’arte non può e non deve limitarsi a essere propellente di un sistema che equipara i suoi prodotti a beni di rapido deperimento in mostra sugli scaffali dei centri commerciali, poiché le sue opere non devono scaturire da un cieco proposito di moltiplicazione schizofrenica dell’offerta, ma dovrebbero aspirare a rappresentare gli eterni bisogni di bellezza da parte dell’umanità.

Chi amministra la cultura in questo Paese, un Paese che custodisce la maggioranza delle opere d’arte presenti al mondo, dovrebbe imparare a svincolarsi dalle mode, dovrebbe rendersi conto che i nostri monumenti non necessitano di “valorizzazione” ma di tutela. Costoro dovrebbero capire che il turismo, che sia colto o di massa, è comunque interessato a vedere le opere che il mondo c’invidia, piuttosto che della paccottaglia o delle croste che potrebbero essere esposte in qualsiasi altro luogo del pianeta, tranne che all’interno dei nostri splendidi siti e monumenti!

Se dunque per questi individui il termine valorizzazione è divenuto lo slogan, e se l’operazione consiste in opere di contaminazione, probabilmente dovremo fare anche noi un po’ di “ammodernamento culturale” e annoverare tra gli interventi di tutela del patrimonio anche quello di vaccinazione e, prima di affidare alla cieca incarichi ai soprintendenti, (tutti rigorosamente scelti per ragioni politiche e mai di cultura reale), insieme ai curricula bisognerà accertarsi che abbiano effettuato una corretta profilassi anticontaminazione per evitare che, una volta insediatisi, possano infettare il nostro patrimonio!

 

[1] http://www.picweb.it/emm/blog/index.php/2017/07/13/cosa-spinge-le-soprintendenze-a-consentire-e-promuovere-il-massacro-del-nostro-patrimonio-culturale/

 

10 pensieri su “Il nostro Patrimonio ha bisogno di un vaccino contro le contaminazioni artistiche

  1. La demonizzazione del dissidente, l’etichettatura (ignorante, razzista, retrogrado eccetera) di chi non accetta supinamente il totalitarismo borioso e prepotente, sono l’arma consueta della mafia intellettual-coprofila che lavora indefessamente alla distruzione di quanto ci hanno lasciato trenta secoli di civiltà. Con il valido aiuto dei soloni che occupano i ben pagati uffici dai quali dovrebbero “proteggere” la vera arte e la vera bellezza; ricordiamo la “merda d’artista” o le teste di Modigliani…..
    Purtroppo nell’Italia colonia culturale oltre che politica, ci vorranno molti decenni perché finalmente si ricominci a chiamare col loro nome le prese in giro dei vari “maestri” che da cent’anni ci sputano in faccia e vogliono essere applauditi. E sono applauditi.
    Saluti.

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