Nei mesi scorsi, su segnalazione di alcuni amici della “mia” Barletta, avevo scritto sul blog Su.Per.Visione a proposito della triste storia di Villa Maggi a Trani[1]. A nulla sono valse le proteste dei cittadini e la denuncia delle presunte irregolarità, sicché quella bella Villa, nell’indignazione generale, è stata parzialmente demolita.
All’epoca, nel rassegnarsi a questa ingiustificabile perdita, tutti noi sperammo che la reazione indignata della gente potesse aver fatto riflettere le Soprintendenze e gli Uffici Tecnici Comunali affinché prendessero provvedimenti atti ad evitare nuove perdite, ma evidentemente ci sbagliavamo …
Chiunque, davanti alle perdite di consenso, è portato a supporre che un “buon” politico, che sia o meno serio e onesto, pur non perdere la propria poltrona cercherà di evitare di farsi mettere alla berlina. Chiunque è portato a supporre che, tra politici, il caso del sindaco-despota di La Spezia – sconfitto con disonore alle ultime elezioni dopo aver imposto la “riqualificazione” di Piazza Verdi che ha finito per devastarla – avrebbe dovuto essere un monito, e invece si continua imperterriti a sbagliare, accanendosi il nostro patrimonio urbanistico architettonico.
Evidentemente, nonostante le nostre supposizioni, l’arroganza, la presunzione, e il senso di onnipotenza di alcuni amministratori pubblici italiani, fanno sì che possano sentirsi autorizzati a considerare il popolo talmente idiota da dimenticare in fretta le loro malefatte, riconfermandoli alle successive elezioni.
Forse sarebbe ora, per quel popolo “idiota”, di dimostrare la propria intelligenza, facendo comprendere a certi personaggi che la mancanza di rispetto ha un prezzo, molto più caro di quello ottenibile con il pagamento degli oneri concessori da parte dello speculatore di turno!
Ebbene, pochi giorni prima di Ferragosto, per la precisione il 10 agosto, il Comune di Barletta ha stato rilasciato il Permesso di Costruire 00024-2017-SUED “per demolizione e ricostruzione del fabbricato in Barletta alla via Imbriani 20” …
Qualcuno ha subito sollevato dei sospetti sulla “puntualità” di una concessione così delicata in un periodo in cui la gente, essendo in vacanza, non si accorge di nulla … eppure, alla luce dei documenti che sono stati resi noti, tutto sembrerebbe in linea con le norme di piano.
Tuttavia, prima di avallare tutto semplicemente perché rispondente alle regole, forse sarebbe il caso di fare qualche riflessione.
L’edificio in oggetto è il Palazzo Tresca, situato al civico 20 della centralissima via Imbriani. L’immobile, in perfetto stato di conservazione nonostante risulti disabitato da tempo, è stato realizzato nel 1885. Da quanto mi viene riferito da chi abbia avuto modo di visitarlo quando era ancora abitato, possiede un interessante scalone con ringhiera.
Sicuramente non si tratta di un edificio di quelli che possano considerarsi il maggiore esempio di palazzo nobiliare della città, tuttavia risulta altamente rappresentativo della storia di quel periodo, nonché del carattere architettonico, elegante e austero, della Barletta post unitaria.
Tuttavia la sua importanza storica non può essere presa in considerazione solo in funzione di questi aspetti che qualcuno potrebbe non condividere; infatti, come ogni edificio, esso andrebbe analizzato in relazione all’intero contesto e mai come un oggetto fine a se stesso. In particolare, non è possibile ignorare in fatto che sorga in adiacenza ad un edificio di grande pregio come Palazzo Calò, realizzato nel 1931 da uno dei massimi esponenti dell’architettura pugliese del primo Novecento, Arturo Boccassini.
Boccassini è stato l’autore di molti edifici realizzati a Barletta e non solo, per esempio il celebratissimo Palazzo Criscuoli in Piazza Caduti, la Chiesa dell’Immacolata in via Milano, il Monumento alla Disfida, lo Stabilimento Teti sulla Litoranea di Levante e tanti altri … ma anche dell’edificio sull’angolo alla sinistra di Palazzo Tresca, un edificio molto più modesto, eseguito dal Boccassini nel 1931, contemporaneamente al Palazzo Calò! Ebbene, è interessante notare come per questo palazzetto per civile abitazione, commissionatogli dalla signora Doronzo Maria, il fantasioso ingegnere barlettano pensò bene di mantenere un carattere più dimesso rispetto a Palazzo Calò e Palazzo Criscuoli, ispirandosi proprio alla semplicità ottocentesca di Palazzo Tresca che, evidentemente, ritenne di dover rispettare!
Non c’è quindi nulla di cui meravigliarsi se, a seguito della pubblicazione sulla Gazzetta del Mezzogiorno dell’articolo dedicato a questa vicenda, la cittadinanza barlettana si sia indignata, scatenando un vero putiferio sui social networks.
La stragrande maggioranza dei commenti, eccettuati un paio di interventi “ideologici” da parte di “esperti del settore”, sono stati assolutamente unanimi nel condannare l’ipotesi di demolizione e ricostruzione … ma è davvero inaccettabile che ci possa essere stato chi abbia provato a sostenere la tesi che solo gli esperti possano esprimere una opinione!
Personalmente devo dire che mi sono irritato moltissimo davanti a questo tentativo di censura: non occorre un titolo di studio per potersi esprimere sulla “bellezza” o “bruttezza” di un’opera, d’arte o di architettura che sia, né sulla appropriatezza o meno di un progetto in un determinato contesto. Per questo, come ho scritto in un commento su Facebook – a difesa di quei “non appartenenti alla élite colta” – ho voluto dire la mia in qualità di architetto, di urbanista di restauratore e di docente universitario.
A chi rivendichi la regolarità dell’intervento concesso per l’inesistenza di un vincolo, vorrei far notare che, a meno di una visione ottusa da burocrate di ufficio tecnico e/o di Soprintendenza che si limiti ad applicare le norme fallaci del nostro Paese, esisterebbe anche la logica del buon senso!
Del resto, le Carte Internazionali del Restauro riconosciute dell’UNESCO hanno chiaramente esteso agli interi contesti storici il concetto di “monumento” e di “tutela” (cfr. il mio precedente articolo “Cosa spinge le Soprintendenze a consentire e promuovere il massacro del nostro patrimonio culturale?”[2]) ragion per cui occorrerebbe guardare a Palazzo Tresca come un qualcosa di inscindibile dagli edifici posti alla sua destra e sinistra.
Chi conosca Barletta non può non accorgersi dell’analogia tra l’impatto che avrebbe questo intervento – posto accanto agli edifici del Boccassini – e quello che si ottenne con l’immonda palazzina (il primo sfregio al centro storico barlettano) realizzata negli anni ’60 dall’impresa Binetti accanto a Palazzo della Marra!
Qualsiasi intervento che non vada a rispettare i colori, le forme, le proporzioni, la grammatica, l’euritmia dell’edificio in oggetto, risulterebbe come una cornice di neon intorno alla Gioconda … ragion per cui, che ci sia o meno un vincolo, ciò che sorge accanto ad un’importante preesistenza e che ha contribuito alla formazione di un’immagine consolidata, va rigorosamente rispettato!
Concludo quindi ricordando a tutti che, sulla necessità di rispetto di tutti i cittadini quando si interviene sulla città consolidata, il Piano Regolatore di Bari Vecchia, ispirato da Gustavo Giovannoni e redatto nel 1930 da Concezio Petrucci chiariva: «[…] Tra le attribuzioni del Comune e della Commissione, dovrà essere quella che fa capo al Diritto Architettonico, in quanto l’opera esterna non tanto appartiene al proprietario quanto alla città»
[1] http://www.sandroranellucci.it/blog/articles/1188
[2] http://www.picweb.it/emm/blog/index.php/2017/07/13/cosa-spinge-le-soprintendenze-a-consentire-e-promuovere-il-massacro-del-nostro-patrimonio-culturale/
Le distruggono per il futuro mondo di non luoghi nel quale deambuleranno persone sradicate.