Sin dal Medioevo guardando l’acropoli perugina da est, si nota la serie di possenti arcate di mattoni in volta a botte (oggi chiamate Arconi) realizzate nella prima metà del Quattrocento a sostenere il Palazzo ex Università (della seconda metà dello stesso secolo), ma poggianti su precedenti sostruzioni realizzate fin dal Duecento compreso il nuovo Murus Civitatis in pietra arenaria, cui gli Arconi si addossano; il tutto per sostenere il cosiddetto Sopramuro, ovvero la nuova ampia piazza pensile che fin da allora la città intese darsi, ora Piazza Matteotti.
L’impressionante vasta opera ingegneristica del Sopramuro, estesa ben oltre gli Arconi fino alla Chiesa del Gesù (di cui si vede piccolo spicchio all’estrema destra della foto panoramica), si rese necessaria per ampliare nel versante orientale il perimetro urbano fino a quel tempo troppo esiguo poiché ristretto sull’antico Muro Etrusco (originario Murus Civitatis), che corre tuttora sotto la quinta di palazzi visibili in secondo piano -dietro gli Arconi– della foto panoramica.
E già, questa importantissima testimonianza di urbanistica e architettura al tempo stesso, ovvero i meravigliosi Arconi quattrocenteschi tutt’uno col Murus Duecentesco che gli fa da sfondo, non potranno più essere percepiti unitariamente -come sono sempre stati- bensì verranno separati da un doppio muro necessario per allocare abbondanza di canalizzazioni tecnologiche, ripostigli e perfino bagni indispensabili per la nuova destinazione a Biblioteca Pubblica.
A partire dal 2013 infatti, nonostante la normativa in materia di Beni Culturali prescriva nei beni vincolati solo manutenzione e restauro, nonostante il PRG non lo prevedesse, il Comune di Perugia ha avviato un progetto per realizzare una nuova biblioteca all’interno di tre grandi arcate, poi estesa (con apposita variante del 2015) su due sale molto pregiate (la Salara e la Gotica) dell’attiguo Palazzo del Capitano del Popolo, estensione che per la necessaria unità di fruizione ha dovuto inventare un volume esterno di congiunzione, volume replicato per unità di disegno su tutte e tre le arcate, le cui strutture portanti sono telai in cemento armato e laterocemento aggettanti dagli Arconi stessi e infine destinati ad essere ricoperti di vetrate. Ovviamente la vista, ad aprile 2017, delle strutture in c.a. che fuoriescono dalla sagoma degli storici palazzi Quattrocenteschi, ha suscitato e sta suscitando un vespaio di polemiche in città, che durano da mesi e che ha portato la sede locale di Italia Nostra a chiedere un accesso agli atti per comprendere come possa esser stato consentito un intervento del genere e, successivamente a presentare richiesta di ripristino lo status quo ante.
In particolare non è chiaro come Soprintendenza e Commissione Edilizia Comunale Integrata possano aver approvato un siffatto progetto di variante. Emerge anche che sono state realizzate opere in difformità dello stesso progetto in variante, visto che da ultimo –luglio 2017- il comune promotore ha dovuto redigere un progetto finale “a consuntivo” ovvero recepente tutte le novità introdotte e non presenti nel 2015. Anche questo approvato ad agosto dalla Soprintendenza con il “piccolo” accorgimento di chiamare “opere previste” quelle che a tutti gli effetti erano e sono opere già realizzate!
Né è illecito voler comprendere quale possa essere la logica di realizzare, spendendo abbondanza di denaro pubblico (nel 2013 si stimava una spesa di 3,5 mln di Euro)[1], una nuova biblioteca a soli 300 metri dalla cinquecentesca Biblioteca Augusta la quale, oltre a rappresentare la prima biblioteca pubblica in Italia, risulta perfettamente sufficiente e funzionale!
Questa nuova –a quanto pare inutile– biblioteca, risulta pertanto aver avuto due versioni progettuali:
- Preliminare, datata 20 novembre 2013, che prevedeva solo la chiusura con grandi vetrate – rientranti di circa quaranta centimetri – delle splendide arcate. In questo progetto la biblioteca risultava limitata a tre dei quattro Arconi, già in comunicazione tra loro dalla costruzione. Questo progetto non riportava alcuna indicazione rispetto alle sale “Salara” e “Gotica” del confinante Palazzo del Capitano del Popolo.
- Esecutiva, datata Settembre/novembre 2015, dove il progetto appare del tutto diverso, presentando tre solai aggettanti dai rispettivi Arconi che creano volumi vetrati esterni degli Arconi. Ad aggravare la difformità dal Preliminare, va sottolineato come uno dei tre solai, quello addossato all’angolo tra il Palazzo dell’Università (soprastante gli Arconi) e l’adiacente Palazzo del Capitano del Popolo, al fine di coprire e contenere la congiunzione funzionale, aggetta per oltre quattro metri. Tale progetto realizzato, nonostante il Codice dei Beni Culturali all’art. 29 consenta solo manutenzione e restauro, ha operato aperture in breccia su muri tre/quattrocenteschi che, piuttosto che risultare “reversibili” e temporanee, sono distruttive e per sempre!
Nelle polemiche da aprile 2017 ad oggi, è accaduta una cosa molto discutibile, se non addirittura irritante, che non può ignorarsi, né può non suscitare dubbi comportamentali da parte dell’amministrazione e della soprintendenza … un qualcosa che, giustamente, ha fatto sentire i cittadini come presi per i fondelli.
Fingendo un interesse per il processo partecipativo da parte dei cittadini, il 27 luglio 2017 si è tenuta una conferenza pubblica durante la quale è avvenuta la presentazione del progetto finale, con l’intento di sollecitare nei cittadini eventuali suggerimenti migliorativi. Tuttavia diversamente dalle buone intenzioni di facciata, tale progetto ultimativo risultò spedito alla Soprintendenza il giorno prima 26 luglio! La conferenza “partecipativa” del 27 era quindi stata organizzata ad-hoc in nome della società dello spettacolo, al fine di poter rivendicare di aver rispettato la norma che prevede la partecipazione pubblica!
A beneficio dei lettori che non conoscono i dettagli relativi alle contestazioni mosse da Italia Nostra e dalle associazioni di cittadini, in merito alla legittimità e/o completezza degli elaborati presentati, nonché sulle eventuali omissioni rispetto alle direttive in materia di tutela dei beni architettonici, riporto di seguito la memoria inviatami dalla sede locale di Italia Nostra.
Comunicato di Italia Nostra sugli “Arconi di Via della Rupe” (23 giugno 2017)
Pur in attesa dei documenti da Comune e Soprintendenza, “Italia Nostra” non può non criticare fortemente quanto in essere presso gli Arconi di Via della Rupe, grande opera di ingegneria e architettura protrattasi per oltre due secoli fino a metà Quattrocento col fine di consolidare e ampliare l’acropoli cittadina, il cui valore monumentale non è inferiore a Palazzo dei Priori e gli altri innumeri del patrimonio storico-artistico nazionale. L’inserimento di strutture in cemento armato per di più aggettanti pesantemente fuori del profilo dell’edificio, fa carta straccia di ogni criterio culturale finora consolidatosi nel restaurare -e al caso riadattare- un edificio monumentale. Fin dalla Carta di Atene del 1931 alle ultime Carte universalmente riconosciute (Dichiarazione di Washington 1987), gli interventi sugli edifici monumentali dovrebbero presentare alcuni caratteri irrinunciabili tra cui la Reversibilità, la Compatibilità con l’identità del bene, non ultima la Collegialità ovvero adeguato approfondimento critico e partecipativo. Tutte cose che non sussistono. In particolare “Italia Nostra” Umbria, nel caso dai documenti richiesti dovesse risultare regolare approvazione, chiede soprattutto alla Soprintendenza motivo di cotanta arbitrarietà: compito specifico della Soprintendenza infatti è proprio il contemperare le esuberanze progettuali di altri (sempre in agguato) con i caratteri del bene monumentale e coi criteri consolidati di valutazione, qualunque sia il buon esito finale dell’aspetto complessivo del bene e suo contesto, nel nostro caso Via della Rupe. Quale è il motivo che ha portato ad accettare abnormi escrescenze in cemento armato su un monumento? Non è notorio che qualora gli spazi per la nuova destinazione d’suo desiderata risultino insufficienti, non è il bene monumentale a doversi adeguare, bensì è quella e doversi ripensare? Tuttavia “Italia Nostra” Umbria si rivolge anche al Sindaco che rimane il primo responsabile del patrimonio cittadino e auspica un atto estremo di buon senso e consapevolezze imponendo la sospensione dei lavori, la rimodulazione del progetto e la demolizione delle strutture in cemento armato, non reversibili. “Italia Nostra” non può non esprimere preoccupazione per lo scadimento generale della pubblica amministrazione e ricorda che in altre epoche questo strappo sul corpo di un monumento sarebbe finito sulle pagine nazionali; appena negli anni ’90 un improprio progetto sulla Fontana Maggiore (peraltro non visibile) fu giustamente cancellato dalla soprintendenza e perfino dalla magistratura.
Esame Progetto (23 settembre 2017)
Nell’aprile 2017 nel cantiere presso di Arconi di via della Rupe a Perugia sono apparsi soppalchi di cemento armato aggettanti fuori del profilo della facciata. L’associazione onlus “Italia Nostra”, assunte le prime informazioni e sentiti i commenti via via pronunciati da diversi soggetti, ha emesso un suo primo comunicato stampa il 25 giugno. Nei primi di luglio ha richiesto al Comune di Perugia accesso agli atti sull’intero progetto inerente l’allestimento di una biblioteca presso i cosiddetti Arconi di via della Rupe; analoga richiesta alla Soprintendenza negli stessi giorni. L’avvocato incaricato da I.N. ha ricevuto dal Comune gli elaborati grafici di progetto su supporto informatico (chiavetta); esaminata l’ampia documentazione -ancorché incompleta- d’intesa con il Nazionale si rileva quanto segue.
1- Dentro la cartella madre “Accesso Atti Arconi” ci sono due cartelle chiamate rispettivamente PROGETTO PRELIMINARE e PROGETTO ESECUTIVO (sembra mancare il Progetto Definitivo).
2- Dentro la cartella PROGETTO PRELIMINARE ci sono quattro “rendering” (vista tridimensionale a volo d’uccello) tutti dall’esterno verso gli Arconi ove la soluzione progettuale consiste in vetrata unica per ognuno dei tre Arconi interessati, sia pure scandita dai necessari sostegni metallici, posta leggermente arretrata (circa quaranta centimetri) rispetto al profilo di facciata. Non sussistono volumi o strutture aggettanti e la biblioteca è confinata entro i tre Arconi, peraltro, tra loro già comunicanti. Nella cartella sussiste anche l’atto di Giunta Comunale di approvazione di tale progetto preliminare, datato 20 Novembre 2013. In tale cartella PROGETTO PRELIMINARE, non c’è alcun elaborato grafico riguardante le sale Salara e Gotica del contiguo Palazzo del Capitano del Popolo.
3- L’esame della cartella PROGETTO ESECUTIVO, nella sottocartella GRAFICI a sua volta suddivisa in BIBLIOTECA DEGLI ARCONI e CONSOLIDAMENTO E RESTAURO SALA GOTICA, rivela un progetto del tutto diverso dal preliminare, ora consistente nella soluzione con tre solai aggettanti -uno per Arcone- e relativo volume esterno aggiuntivo, l’ultimo dei quali si addossa all’angolo che il vasto edificio in questione – il Palazzo dell’Università soprastante gli Arconi – forma con l’adiacente Palazzo del Capitano del Popolo, a coprire e contenere la congiunzione funzionale degli Arconi con le grandi sale denominate “Salara” e “Sala Gotica” entrambe parti del Palazzo del Capitano del Popolo adiacente, su cui la pretesa biblioteca -originariamente sui soli Arconi- ha inteso espandersi per ragioni di economia interna (spazio troppo esiguo nei soli Arconi per una valida biblioteca avente le caratteristiche desiderate).
4- Si deve quindi senz’altro osservare che tale secondo progetto “esecutivo” non è il consueto e dovuto sviluppo del precedente “preliminare”, bensì è cosa del tutto diversa e nuova avendo diversa superficie comportata dall’espansione predetta, avendo diversa soluzione strutturale, addirittura comportante nuovi volumi edilizi, operante brecce su muri portanti delle sostruzioni trecentesche del Quattrocentesco Palazzo del Capitano del Popolo al fine di ottenere i desiderati passaggi di congiunzione predetti.
5- Dalle tavole grafiche di “Stato Attuale” (ante opera) del PROGETTO ESECUTIVO della BIBLOTECA DEGLI ARCONI emerge un rilievo delle strutture preesistenti del tutto insufficiente per l’importanza delle strutture murarie in questione. Manca un doveroso rilevo fotogrammetrico ormai normale per ogni edificio storico anche molto meno importante, necessario per la giusta considerazione punto per punto di murature così pregiate. Manca l’analisi storico-critica di ogni porzione di muro e segnatamente delle regioni interessate a lavori e cambiamenti (scavi, tagli, brecce, fori, allestimenti).
6- Giova ricordare che gli Arconi (che sono quattro, di cui uno già impegnato dallo sbarco delle scale mobili del Minimetrò e gli altri tre impegnati da questo progetto), col soprastante Palazzo dell’Università (Studium, ora espansione degli uffici giudiziari) e soprattutto con le sottostanti sostruzioni di fondazione e supporto, sono parte del vasto complesso denominato “Sopramuro”, operazione urbanistico-architettonica iniziata nella prima metà del Duecento e terminata nei due primi decenni del Cinquecento, tesa ad ampliare lo spazio urbano allora delimitato dal Muro Etrusco. Quest’ultimo infatti in quel punto passava (e passa tuttora in quote sotterranee) sotto la facciata dell’attuale Palazzo delle Poste ovvero offrendo uno spazio interno alla città fortemente ristretto. L’intento del vasto intervento fu passare dall’antica e stretta Via del Sopramuro (che camminava sulla testa del muro etrusco analogamente all’odierna Via della Cupa sull’altro versante della cinta muraria antica), ad una nuova piazza esposta verso levante, per l’appunto denominata per secoli Piazza del Sopramuro, ora Matteotti, che proprio grazie al lungo lavoro del nostro complesso (le cui fondazioni raggiungono la Galleria Kennedy oltre trenta metri sottostante), poté vedere la luce e offrirsi alla vita della città medievale. Va da sé che il “Sopramuro” è un complesso edilizio fortemente monumentale. Non a caso trattasi di un complesso architettonico vincolato dalle apposite leggi, che con l’art. 29 del Codice Beni Culturali vi consentono solo interventi di manutenzione e restauro, il cui elevato pregio monumentale trova il suo fondamento nelle epoche di costruzione e nell’arditezza ingegneristica.
Vi si distinguono molteplici strutture, in primis la erezione del nuovo Muro in arenaria (Murus Civitatis), edificato come corda tesa della ampia curva -a rientrare verso l’interno della città- formata in tal punto dall’originario Muro Etrusco in blocchi di travertino (Murus Tibertinorum, tuttora visibile in numerosi lacerti compresi ritrovamenti -come accennato- sotto la facciata del Palazzo delle Poste); esso congiunge i due propri innesti -ora sotterranei- col Muro Etrusco, il primo ubicato ove l’attuale Via Oberdan sfocia in Piazza Matteotti, il secondo più a nord davanti la chiesa dei Gesuiti (invero area di edificazione del primo nucleo del Sopramuro).
Tale nuovo Muro duecentesco, edificato su pendio straordinariamente scosceso, acquisisce il nome di Murus Civitatis prima riservato al Muro Etrusco. Ma la straordinaria singolarità del vasto complesso è che il Murus medievale sia per proprio consolidamento, sia per ancora maggiore ampliamento di spazi urbani ovvero edifici, poco dopo il proprio compimento in altezza (se non parallelamente in alcuni tratti), vede la costruzione verso valle di ulteriori strutture, contrafforti, speroni e muri a scarpa però via via terrazzati a formare piani di imposta di successive murazioni: è così che -nella porzione che interessa questo discorso- si giungerà nel primo Quattrocento alla edificazione dei quattro Arconi, a loro volta base dello Studium nelle seconda metà del secolo; accanto –come già ricordato- viene edificato il Palazzo del Capitano del Popolo e ancora più a nord il complesso dei Gesuiti con la caratteristiche chiesa ad aule sovrapposte (ben quattro). Giova ricordare che dentro gli Arconi, spazio suggestivo in ardite volte e piedritti in mattoni, si è sempre goduta per forza di cose la vista del Murus Civitatis in pietra arenaria e mista (inserzioni più o meno frequenti di pietre calcaree se non di laterizi), essendo quelli necessariamente addossati a questo.
7- I grafici di sezione (a meno che all’avvocato di Italia Nostra non sia stata negata qualche altra documentazione tecnica), di un complesso edilizio tanto grande, articolato e pregiato, sono solo tre di cui due longitudinali e solo una trasversale, tanto che dei tre Arconi interessati ai lavori solo uno è dotato di sezione trasversale. Mancano i grafici delle quattro facciate interne di ogni Arcone. I grafici sono limitati al solo livello di odierna lavorazione con sovrano disconoscimento di tutta la storia e valori in gioco.
8- Le sezioni disegnate neanche individuano il nuovo passaggio tra i due Palazzi, asserito realizzato in breccia (!) su muro portante del Palazzo del Capitano del Popolo.
9- La copertina della Relazione geologica del progetto Arconi riporta l’immagine della prima soluzione architettonica priva di strutture in aggetto (quindi diversissima da quanto realizzato), però diversa pure dallo stesso PROGETTO PRELIMINARE (!). Trattasi evidentemente di soluzione intermedia presa per buona dall’autore della Relazione.
10- Manca incredibilmente del tutto la relazione storica, pur dovuta (e giustamente pretesa) in ogni intervento su Monumenti ed edifici storici. Relazione storica che nella compiuta ricostruzione della genesi architettonica e urbanistica, dia necessaria contezza, specie all’ente di tutela, della consapevolezza dei progettisti circa i valori su cui si accingono a porre le mani. Una mancanza che spiega benissimo l’assenza del necessario approccio prima di tutto conservativo di un intervento proposto, approccio conservativo istituzionalmente connesso col vincolo e con l’esercizio della sua tutela e quindi ineludibile (cfr. il predetto art. 29 del Codice Beni Culturali). Giova notare che le numerose autorizzazioni concesse dall’ente di tutela, nell’ormai consueto frasario impreciso e di difficile decifrazione, sentono il dovere di rendere omaggio al di fatto dimenticato, dovuto e istituzionale carattere conservativo, mediante mera affermazione verbale di rito, la cui effettiva corrispondenza però con il progetto proposto è quanto meno opinabilissima, diciamo scarsa o pressoché inesistente, o meglio ignorata nei fatti. Non è improprio qui richiamare, per dare il senso generale dell’approccio culturale al progetto, che in pubblica conferenza è stato bizzarramente asserito due volte da autorevole progettista, che “il Muro Civitatis” (sic) sarebbe “privo di fondazioni”!!
11- Di tutta la storia del Sopramuro esiste non ampia bensì soddisfacente bibliografia che molto probabilmente i progettisti ignorano, poiché non ne sarebbe stata difficile una pur mera trasposizione tra gli elaborati di progetto, per l’appunto in una relazione storica. E a tale riguardo non si capisce come sia possibile che l’ente di tutela, che esiste solo per questa tutela, accetti e perfino approvi “progetti” privi di un così importante e imprescindibile documento.
12- In verità la genesi storico-architettonica del Sopramuro è riportata dalle relazioni (storica e strutturale) del progetto di CONSOLIDAMENTO E RESTAURO delle sale Gotica e Salara ma solo per la porzione corrispondente al Palazzo del Capitano del Popolo entro cui queste insistono, ma non per la parte afferente gli Arconi.
Si vede bene che il progetto di consolidamento e restauro delle due sale è del tutto autonomo rispetto alla Biblioteca degli Arconi tanto che le sue tavole conservano per titolo –come detto- “Consolidamento e Restauro Sala Gotica”. Semplicemente è un progetto da ultimo appaiato agli Arconi per il predetto ampliamento della Biblioteca, coi quali anch’esso trova occasione di essere realizzato; progetto di consolidamento strutturale dal suo canto ben dotato dei necessari approcci culturali, che però -come visto- sono mancati al progetto Arconi.
13- Gli Arconi – va detto e sottolineato – sono tipologia architettonica molto ben individuabile nel medioevo umbro; analoghi a questi ve ne sono a Gubbio ove parimenti si volle costruire dal nulla lo spazio di una nuova piazza pensile degna e centrale; ve ne sono ad Assisi, a reggere le poderose sostruzioni del Sacro Convento; ve ne sono a Spoleto ad elevare alla quota desiderata interi piani stradali; analoghe -nella stessa Perugia- sono le fitte arcate che reggono le “Prome” di Porta Sole. Certamente non possono essere mai derubricati a un “dietro” o un “sotto” poiché sono comunque un fatto ingegneristico, architettonico, urbanistico e storico di assoluto peculiare rilievo, autonomo e già pieno, che insieme agli edifici e monumenti cui hanno dato luogo costituiscono megastrutture di incalcolabile valore come nel nostro caso, non meno del Palazzo dei Priori, segni di un’epoca straordinariamente prospera e quindi creativa, ove un’idea iniziale si rivela capace di essere perseguita per secoli.
14- Al momento non si è riusciti ad avere dalla Soprintendenza la stessa generosa elargizione di documenti operata dal Comune e quindi in questo momento l’associazione è impegnata di nuovo presso la stessa Soprintendenza per ottenere completezza dei suoi atti, in primis le autorizzazioni ex artt. 21, 22 e 146 del Codice. Giova notare infatti che finora ci è stata consegnata una sola autorizzazione ex art. 21 (vincolo monumentale) e una ex art. 146 (vincolo paesaggistico), quando invece dall’esame della documentazione fornita dal comune, emerge che sussistono almeno altre quattro autorizzazioni ex art. 21 e almeno un’altra ex art. 146.
15- È proprio incomprensibile il comportamento della Soprintendenza che non solo elargisce in copia meno autorizzazioni di quante ne ha rilasciate, bensì non vuole allegarvi -a ciascuna- il relativo fascicolo progettuale, senza il quale però non è possibile capire cosa autorizza ogni autorizzazione, quindi denegando di fatto l’accesso agli atti.
16- La complessità tecnologica di un intervento impegnativo come una biblioteca necessariamente al passo coi tempi e quindi appetibile, mista ai rigidi standard di sicurezza, ha imposto una soluzione architettonica totalmente lesiva della godibilità del Murus Civitatis che, come richiamato, fa da sfondo – da sempre – alle sale Arconi: col progetto in questione ora lo spazio dei tre Arconi viene separato dal Murus mediante doppio muro (prossimi al Murus stesso) a formare uno spazio funzionale atto a contenere gli infiniti cavi del caso, i ripostigli e i wc. Uno svilimento del vincolo monumentale.
17- Non è dato sapere quante altre brecce sullo stesso Murus Civitatis e su parti degli stessi Arconi si dovranno operare per le canalizzazioni tecnologiche previste.
18- È da rilevare che tra i grafici mancano nel progetto cosiddetto esecutivo plurime visualizzazioni dall’esterno mediante “fotoinserimenti” della nuova configurazione proposta, sussistendone -come anzi accennato- solo una. Fotoinserimenti da più angoli visuali rigorosamente pretesi da qualunque altro proponente, anche per modestissimi interventi.
19- Fotoinserimenti ravvicinati specialmente utili specie per gli infissi esterni e interni, i cui particolari costruttivi del progetto, riportanti il taglio termico, sembrano rimandare ai consueti modelli industriali disponibili sul mercato. Analogamente per le porte, i grigliati di areazione e altri “dettagli” in verità dal notevole impatto reale.
20- Nel complesso del comportamento dell’ente di tutela qui richiamato, peraltro non nuovo, sembra individuarsi un ormai strutturato “due pesi e due misure” a seconda che il proponente un progetto sia privato cittadino/progettista oppure un ente pubblico in violazione del principio cardine di non discriminazione nell’esercizio dell’azione amministrativa. È infatti evidente a tutti la disparità di rigore, severità e tempi. Disparità forse riconducibile a una pervasiva “politicizzazione di tutto” che impregna ormai in modo totalitario le istituzioni. Ma è un errore già concettuale, che opera un profondo vulnus nelle istituzioni -nel caso di specie la Soprintendenza- poiché con ogni evidenza la tutela in capo alla sua propria responsabilità, che è tutela di valori storici ed estetici, non può dare/inventare importanza alla natura del proponente, pubblico o privato che sia: un progetto è appropriato o no in sé, non per chi lo propone. Un progetto che istituzionalmente deve avere carattere comunque conservativo, è appropriato o no in sé, non per la destinazione d’uso che da ultimo si è pensata.
21- Analoghi interrogativi sulla Commissione Edilizia Comunale Integrata che notoriamente contiene esperti specifici per il paesaggio, la storia e l’architettura.
22- È da dirsi anche dei nuovi volumi esterni che si vogliono realizzare, come accennato. Dal punto di vista edilizio, anche qualora risultassero autorizzati regolarmente dalla Soprintendenza, essi comportano condizioni previe che sembrano mancare del tutto. Un nuovo volume deve essere previsto dal Prg anche in Centro Storico (Zona A), e attuato mediante strumento attuativo ovvero Piano di Recupero e simili ex lege 457/78.
23- Tutto un altro capitolo, che l’associazione si riserva di valutare quando avrà in mano tutti i documenti richiesti, è il rapporto tra i progetti autorizzati dalla soprintendenza (a tutt’oggi, giova ripetere, tutti del 2015), e l’effettivo realizzato, iniziato nel 2016. Un sopralluogo odierno probabilmente accerterebbe difformità tra il realizzato e l’ultimo progetto regolarmente approvato. È da dirsi che eventuali difformità sono oggettivamente favorite dalla dizione ormai consueta delle autorizzazioni soprintendendenziali che ritualmente rimandano ad approfondimenti progettuali da concordare con questo ufficio prima di ogni esecuzione. Il “concordamento” di tali approfondimenti (sia progettuali che in cantiere), viene ufficializzato con accordi a voce? Con stretta di mano?
Con verbali redatti in duplice copia seduta stante? Con ordini di servizio del direttore lavori poi girati in copia alla soprintendenza? Ma con quali dovute formali autorizzazioni di legge? E quel prima di ogni esecuzione come viene assicurato in assenza o insufficienza di atti formali?
24- In buona sintesi il progetto Arconi di Perugia si configura come caso da manuale di destinazione d’uso inappropriata.
È notorio infatti che nell’edilizia storica e vieppiù monumentale una ipotesi di nuovo uso deve essere pre-dimensionata e valutata in rapporto alle caratteristiche fisiche del contenitore, proprio per evitare forzature che poi snaturano e offendono il bene storico, come ben paventato dal punto 1 dell’art. 20 dello stesso Codice che recita: “I beni non possono essere adibiti ad usi non compatibili con il loro carattere storico oppure tali da recare pregiudizio alla loro conservazione”.
Prima i soppalchi poi la breccia per unirsi alla Sala Gotica e Salara, infine il nuovo muro che nasconderà il Murus Civitatis per contenere le sovrabbondanti tecnologie necessarie, dimostrano quanto l’originaria destinazione a Biblioteca sia stata non sufficientemente valutata, ovvero deprivata dell’ipotesi di rinuncia che viceversa deve essere potenzialmente presente fin dal primo approccio.
Sembra al contrario che la decisione per una nuova biblioteca sia stata prima decisa a prescindere e poi imposta finendo necessariamente per indurre i progettisti alle forzature qui richiamate. Aggravate dal non sufficiente grado di consapevolezza culturale invece indispensabile trattando beni storici e monumentali.
25- Non si capisce il reale motivo di una nuova biblioteca quando la maggiore della città, la gloriosa e cinquecentesca Biblioteca Augusta, forse la prima biblioteca pubblica in Italia, dista appena 300 metri in linea d’aria.
Gira l’ipotesi che tale forzatura sia stata concepita per soccorrere l’adiacente infrastruttura di trasporto pubblico che per i suoi conti economici infelici (scarsa utenza induce ad ulteriori forzature come quella descritta, che per forza di cose indebolisce con doppioni o sdoppiamenti le già magre risorse destinabili al patrimonio culturale e in questo caso bibliotecario).
26- Anche se in avanzata fase di realizzazione, configurandosi come inaccettabile specie nel nascondimento del Murus Civitatis, nelle imprevedibili brecce su muri pregiati, nel carattere probabilmente non legittimo dei nuovi volumi realizzati e in altri gravi difetti sostanziali e procedurali qui richiamati, l’opera merita di essere rimossa prima del suo danno completo e definitivo, restituendo gli Arconi e il connesso Muro alla città per una destinazione d’uso più meditata e finalmente appropriata ovvero rispettosa, per quanto moderna o innovativa.
Non escluso l’uso a semplice portico (magari meglio fruibile, ancor meglio se corredato di adeguati reperti d’arte) ad ampliamento dei giardini del Pincetto, come prefigurato dieci anni fa con la opportuna rimozione delle murature posticce di tamponatura degli Arconi, riaprendoli alla visibilità e vita che meritano.
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Note a margine.
Nella relazione tecnico illustrativa al progetto esecutivo BIBLIOTECA DEGLI ARCONI si riporta a pag. 4 la nota della soprintendenza n.877 del 19 gennaio 2015 (anche questa non consegnata all’avvocato di I.N.), richiedente maggiori dettagli progettuali. In essa si afferma che i nuovi soppalchi previsti sono nel terzo e quarto Arcone, mentre in verità lo sono anche sul secondo. Forse c’è un progetto intermedio ove i soppalchi erano due e non tre? E tali soppalchi erano già allora aggettanti e previsti in c.a. e solaio in laterocemento?
Pagina quattro della stessa relazione comunale, ultimo capoverso: c’è un “che” che rende incomprensibile tutta la frase.
In punto intermedio della ripa di via della Rupe, a circa cinquanta metri a valle dagli Arconi, adiacentemente al passo carraio di uscita dal parcheggio interno al Mercato Coperto, sussistono nuove strutture in cemento armato (basamento e muro di contenimento, ovvero struttura ad L), destinato a ospitare volumi tecnologici della Biblioteca. Non è certo che tali strutture in c.a. siano munite di regolare deposito di legge presso la Provincia di Perugia.
Nella documentazione fotografica allegata al progetto esecutivo RAMO ARCONI e riferita allo stato attuale dei luoghi, è stata inserita una foto storica del 1930 che però non riguarda l’area Arconi bensì l’area retrostante il convento dei Gesuiti, a sua volta adiacente –bensì sull’altro lato- al Palazzo del Capitano del Popolo. È l’area (anch’essa terrazzata) su cui nel 1931/32 verrà eretto il Mercato Coperto, bensì come si può ben capire, estranea ovvero totalmente altra -sia pure vicina- rispetto all’area Arconi.
Il cartello dei lavori appeso sull’esterno del cantiere reca come autorizzazione una sola delibera di giunta; sembra mancare il dovuto titolo abilitativo. Questo “dettaglio” sembra associarsi al fatto sorprendente emerso nella conferenza pubblica del 27 luglio, che la conferenza stessa voleva essere un momento partecipativo del progetto che di lì a poco doveva dar luogo ad una variante generale e definitiva dello stesso. Ovvero implicita ammissione che fino a quel momento si è lavorato sulla base di “accordi” ma senza progetti previamente approvati secondo procedura.
In ogni caso ancora a posteriori si viene a sapere che un progetto stavolta definitivo (nel senso di corrispondente al realizzato), viene spedito alla soprintendenza per l’autorizzazione (sia pure ex post) due giorni prima della “partecipazione” del 27 luglio.
In aggiunta a quanto riportato da Italia Nostra, vorrei aggiungere un punto che non mi è parso di leggere in quei documenti e che, ai fini normativi non può ignorarsi.
Nelle Norme Tecniche di Attuazione del vigente PRG di Perugia[1], all’art. 84 “Specificazione delle Categorie d’Intervento per gli edifici ricadenti nel Centro Storico” si chiarisce:
- Tutti gli interventi edilizi di cui all’art. 83 debbono prevedere la tutela dei seguenti elementi architettonici:
- volte, archi;
- […]
Inoltre, non è consentita:
- la realizzazione di verande su terrazze, balconi e giardini;
- […]
- la realizzazione di intonaci senza finitura e tinteggio, o con tinteggio soltanto parziale degli edifici.
Gli interventi di ristrutturazione edilizia devono rispettare le seguenti prescrizioni:
- È vietata la realizzazione di terrazze e balconi a sbalzo sulle facciate degli edifici
- […]
Ebbene, le scatole vetrate di progetto, peraltro aggettanti notevolmente rispetto alle arcate, risultano decisamente assimilabili a delle verande e, come tali, non realizzabili.
Va inoltre sottolineato come, a causa della realizzazione di questa struttura, il muro etrusco verrà ad essere non più visibile perché nascosto non solo dalla scatola di vetro esterna agli archi, ma anche dalla nuova muratura interna posta a mascheramento degli impianti tecnologici previsti dal progetto.
In poche parole, l’inutile biblioteca non farà che competere, senza alcuna ragione, con la splendida e funzionale Biblioteca Augusta … un po’ come accade con i “moderni” progetti per musei e sale conferenza realizzati negli ultimi 20 anni a Roma.
Sebbene presentato come un progetto di “riqualificazione” e/o “rigenerazione” delle Arcate, nella realtà le “declassa” e “degenera” poiché finirà per nascondere quelle meravigliose strutture antiche che, da sempre, rappresentano uno dei simboli identitari di Perugia!
[1] http://corrieredellumbria.corr.it/gallery/114155/Negli-Arconi-del-Pincetto-la-nuova.html