A chi possa chiedermi quale possa essere la cosa che più mi infastidisca, risponderei senza indugi “l’ipocrisia di chi finga di preoccuparsi delle problematiche altrui, avendo a cuore solo il proprio tornaconto politico.” Lo sciacallaggio politico è infatti una della pratiche più ignobili e squallide cui assistiamo con regolarità. A peggiorare la situazione va detto che, a causa di una stampa sempre più assoggettata al potere, l’opinione pubblica appare indifferente alle costanti menzogne che le vengono propinate, preferendo semmai accusare di complottismo chi si permetta di muovere dubbi.
Ormai, su qualsiasi tematica scottante, per un politico basta sostenere “di averlo detto” per potersi sentire risollevato e/o, addirittura, per ritenersi un paladino del sociale. Nessuno, dall’altra parte della barricata, sembra infatti interessato ad andare a scavare nelle parole pronunciate, né nell’eventuale torvo passato di quel benefattore … né tantomeno, quando quel benefattore dimostri pubblicamente di aver mentito, le persone sembrano ricordarsi delle menzogne raccontate.
Del resto in Italia possiamo vantarci di avere onorevoli e senatori pluripregiudicati, condannati e passati in giudicato che, grazie a leggi ad personam, o grazie alla scadenza dei termini, non solo non hanno mai fatto un giorno di galera, ma addirittura continuano a ricevere consensi elettorali. In occasione della “scadenza dei termini” (per la condanna dovuta), i media italiani si danno un gran daffare per sbandierare l’innocenza (sopraggiunta) del politico di turno, e l’italione medio gli crede incondizionatamente! Quello italiano, evidentemente – se non in malafede – è un popolo afflitto dalla peggiore forma di demenza senile precoce … oppure, più semplicemente, è ipnotizzato dai media, non di molto dissimili da quelli, del regime di Nicolae Ceaușescu!
A partire dal secondo dopoguerra infatti, dopo aver passivamente assistito alla vergognosa trasformazione degli hippies in yuppies, dopo aver assistito alle “lotte sociali” di sindacalisti (possessori di barche a vela da sogno e divenuti parlamentari) che hanno svenduto il Belpaese alla globalizzazione, siamo ormai divenuti una società fondata sull’apparenza e sul perbenismo. In qualsiasi campo, in Italia sembra ormai più importante il rispetto (fasullo) delle “quote” di genere, piuttosto che il valore reale delle persone, indipendentemente dai curricula, dal sesso, dal colore della pelle e dalla fede religiosa e politica.
L’Italia è il Paese dove alcuni “benefattori” politici possono permettersi di avere interessi nella gestione dei rifugiati, nella speculazione edilizia, nella gestione degli alloggi popolari, nel gioco d’azzardo, delle sale Bingo e delle slot machines … nel nostro Paese – fondato sull’apparenza – basta infatti mettere sui pacchetti delle sigarette delle scritte e delle immagini shock, per rivendicare l’impegno contro il tabagismo. Allo stesso modo, dopo aver trasformato (con il Superenalotto e il “gratta e vinci” ecc.) gli italiani in un popolo di “giocatori d’azzardo di Stato”, i moralisti della politica e della censura si auto scagionano da ogni responsabilità con le parole “il gioco è vietato ai minori e può provocare dipendenza patologica” … un’ipocrisia dietro l’altra!
L’ipocrisia, come ho più volte avuto modo di scrivere, tocca ormai ogni campo, tanto che, grazie all’assuefazione italiana alle menzogne, politici ed “esperti della materia”, possono permettersi di abusare indiscriminatamente di termini come “bio”, “eco”, “sostenibile”, “riqualificazione” e, ultimo arrivato, “rigenerazione urbana”, al fine di giustificare immonde operazioni immobiliari.
Dopo la recente perdita del Villino Naselli di via Ticino 3 … e a soli tre mesi dalle urne per le politiche 2018, Roma è nuovamente alle prese con un’animata discussione atta ad impedire la perdita della storica Villa Paolina di Viale XXI Aprile[1] … quale migliore occasione dunque per fare un po’ di sciacallaggio politico contro l’attuale giunta raccontando un po’ di balle?
In questo contesto si inserisce quindi il post pubblicato su FB da Roberto Morassut – ex assessore capitolino della giunta Veltroni – Un post dove, parlando – a vanvera – di “rigenerazione urbana” sono state elencate una serie di menzogne e false notizie utili a tirare l’acqua al proprio mulino.
Il post[2] – il cui unico intento in vista delle votazioni di marzo è quello di infangare l’attuale giunta capitolina e il nemico politico giurato – si intitola “Gli effetti collaterali della cattiva rigenerazione urbana, il caso di Roma – un confronto tra Viale Giustiniano Imperatore e le brutte iniziative nel quartiere Salario-Nomentano.”
L’ex assessore, dimentico del fatto di essere stato in carica all’epoca dell’approvazione del nuovo PRG che ha spianato la strada a tutte le attuali “brutte iniziative del quartiere Salario-Nomentano”, ergo lungi dal fare autocritica e riconoscere le immense responsabilità della sua giunta nell’attuale disastro urbanistico romano, ha scritto il seguente testo che, a beneficio di chi non usi Facebook riporto per intero:
«Poche settimane fa si è discusso della brutta vicenda di Via Ticino e della demolizione di un vecchio edificio ai bordi del Coppedè con una palazzina assurda autorizzata dal Comune senza uno straccio di attenzione alla qualità del progetto edilizio.
Oggi parliamo di un caso analogo in Piazza XXI Aprile dove un vecchio edificio di suore sarà demolito per far spazio ad un palazzo moderno (con altezze maggiori).
Sono casi che ci confermano i danni prodotti dal Piano Casa, l’assurda legge di Berlusconi del 2009, nata per favorire la creazione di alloggi popolari e diventata, come era chiaro da subito, una scusa per favorire operazioni di valorizzazione immobiliare scavalcando i Comuni e quindi le procedure di pubblicità esterna degli interventi e la trasparenza verso i cittadini.
Senza produrre un solo alloggio per i meno abbienti.
Le Regioni, nella loro vogliosa e incostituzionale frenesia di sostituirsi ai Comuni nel potere gestionale, accolsero la legge nazionale con leggi regionali, producendo molte ferite.
Lo fece anche la Regione Lazio con la Polverini.
Per fortuna, dopo, la Regione Lazio, con Nicola Zingaretti e Michele Civita, ha superato questa situazione con una nuova organica legge sulla rigenerazione urbana che eviterà in futuro di trovarsi ancora davanti a certe situazioni vergognose.
Ma intanto le procedure avviate prima non possono essere fermate anche se il Comune di Roma dovrebbe gestirle meglio e potrebbe condizionarle ai fini della qualità, se volesse.
Se volesse.
Perché la Giunta di Roma Capitale ha recentemente dichiarato (irresponsabilmente) di non poter fare nulla per contrastare queste schifezze che vanno sorgendo nei quartieri più belli di Roma…
Ma c’è una riflessione in più da fare su tutta questa vicenda.
Questi interventi di demolizione e ricostruzione proliferano soprattutto nei quartieri che hanno caratteristiche di “tessuto puntiforme” cioè di palazzine o edifici singoli e di proprietà unitaria.
Per questo li vediamo sbucare quasi sempre nella zona Salario – Parioli – Nomentano e molto spesso sono di proprietà di ordini o istituti religiosi.
La proprietà unitaria dell’immobile ed il suo isolamento fisico è un presupposto essenziale perché la demolizione e ricostruzione (di cui tanto si parla astrattamente e senza conoscenza delle complesse premesse che possono renderla possibile) possa determinarsi.
A Roma, pertanto, i quartieri più belli e più ricchi sono sotto il tiro della speculazione. Edifici, magari non bellissimi ma storici e caratterizzanti di una certa identità del paesaggio urbano, vengono facilmente presi di mira da iniziative aggressive e con qualità architettonica scarsissima.
Con il rischio di portare in città storica le banalità costruttive delle peggiori periferie europee: blocchi di vetro e acciaio senza forma o palazzine da mare chiaro con balconi come portaerei.
Invece la demolizione e ricostruzione dovrebbe essere incentivata nella media periferia romana fatta dei palazzi intensivi, brutti, vecchi e inquinanti nati con le norme del Prg fascista del 1931 e servite per regalare, dopo il Concordato del 1929, una rendita immensa ai terreni della Società generale immobiliare di proprietà del Vaticano e risarcirlo della firma dei Trattati.
Scelte drammatiche del regime fascista che cambiarono per sempre il destino di Roma cancellando il bel Piano regolatore di Ernesto Nathan e del Sanjust di Teulada che aveva puntato sulle basse densità e sulle pertinenze di verde e servizi per una città di stile anglosassone, civile come ben si vede negli esempi della Garbatella o di San Saba o di Città Guardino al Montesacro o dei villini di San Lorenzo, del Pigneto, di Via Gallia, di Villa Fiorelli.
In quelle zone di Roma nate con le norme fascistiche del 1931, che sono le più brutte e con maggiori problemi, la proprietà degli edifici è frazionata ed è difficile raggiungere le percentuali minime di legge di proprietà catastale per attivare un intervento di sostituzione edilizia.
Per farlo occorrono suoli alternativi (o immobili fruibili) per trasferire le famiglie ed incentivi normativi e finanziari per aggregare le proprietà ed incoraggiare i condomini e le piccole proprietà d avventurarsi.
Però è possibile farlo.
Tra il 2003 ed il 2008 lo abbiamo fatto (con la Giunta Veltroni e la società Risorse per Roma di allora) al quartiere San Paolo con il programma di Viale Giustiniano Imperatore, un caso unico in Italia di demolizione e ricostruzione per edifici intensivi di civile abitazione.
Un intervento che ha sanato un quartiere e salvato letteralmente la vita a 110 famiglie che vivevano in due grandi edifici a rischio crollo.
Reso possibile dalle norme introdotte col Prg del 2008 e con un rapporto con il mondo delle banche trasparente e concreto, che permise di mettere in gioco mutui agevolati per le famiglie.
La buona Urbanistica si può fare.
Ma servono una buona amministrazione, norme moderne, coraggio e voglia di fare.
Per questo considero il fatalismo della attuale Giunta, davanti ai casi di Via Ticino e di Piazza XXI aprile, da condannare senza riserva come sciatteria colpevole.
In passato la demolizione e ricostruzione si è fatta nei luoghi giusti, nei modi giusti e a fini sociali e non speculativi.
Adesso è il contrario.
Con buona pace delle chiacchiere da Bar di questa Sindaca e della sua Giunta, capaci solo di produrre altro cemento senza infrastrutture (vedi Tor di Valle) o brutto cemento nei quartieri più belli ed “europei” di Roma.»
Ebbene, senza voler entrare nel merito del discutibile intervento di “riqualificazione” preso ad esempio dall’ex assessore[3], ritengo più che giusto il fatto che Morassut abbia criticato lo scempio di via Ticino così come quello in procinto d’esser compiuto in viale XXI Aprile … tuttavia non posso non indignarmi davanti alla scelta di farlo percorrendo la strada dello sciacallaggio politico, attribuendo alla sua area politica tutti i meriti delle cose positive (auto riconosciuti tali) e a tutti gli altri politici le responsabilità per gli scempi attuali, peraltro mentendo spudoratamente con informazioni false e tendenziose.
Come può Morassut omettere che il suo tanto decantato PRG del 2008 sia quello che ha eliminato le zone B, così generando quella confusione immensa, in materia di tutela, che ha creato i presupposti per la situazione di via Ticino e viale XXI Aprile??
È verissimo ciò che Morassut denuncia in merito all’immondo Piano Casa della giunta Polverini … ma come può dimenticare il fatto che, senza l’arroganza radical-chic di personaggi come Rutelli e Veltroni, Roma non avrebbe mai visto compiere quegli scempi (Ara Pacis, Macro, MAXXI, ecc.) che hanno dato il “LA” alle schifezze successive???
Né è possibile dimenticare la condanna a morte dei commercianti e dei “negozi dietro l’angolo” causata dalla proliferazione di immondi centri commerciali avviata dai i suoi “compagni” Rutelli e Veltroni.
Perché nel suo post Morassut non ci ha raccontato della vergogna di Porta di Roma? Inoltre, visto che lo menziona come un grande esempio di “buona urbanistica” – ergo anche di amministrazione politico-economica – cosa pensa dell’operato di Zingaretti all’epoca in cui, da Presidente della Provincia di Roma, decise di sperperare un’immane quantità di denaro pubblico per ridare ossigeno alla fallimentare operazione di EUR Roma 2, acquistando – a prezzo da capogiro – una notevole porzione di uno dei due orripilanti grattacieli? E perché non ci ha parlato della vergogna del PUP? La realtà è che l’elenco delle porcate urbanistiche attribuibili ai politici dell’area di appartenenza di Morassut è troppo lungo per essere completo e, per lui, è meglio non ricordarlo.
… Chi è senza peccato scagli la prima pietra!
Sempre parlando dell’operato di Veltroni e di Zingaretti, perché Morassut non ci spiega cosa stia accadendo – come più volte denunciato dal WWF e altri – all’Altopiano della Perna[4]?
Per chi non lo sapesse, in quella (ex) ridente località dove, insiste un piano speculativo per il quale stanno per realizzarsi svariate di villette per 315 abitanti sparse su 15 ettari. Sempre in quella ormai “piangente” località, come denunciato di recente da Giulio Corrente[5], «si sta dando avvio al taglio di 21 ettari di foresta matura autorizzato dall’Ente Regionale Romanatura, oltre al megascempio dell’autostrada Roma-Latina ed annessa bretella. Ed infine la cosa più grave, la mancata approvazione dei piani di assetto delle aree protette. Ciliegina sulla torta, Zingarettti l’anno scorso ha modificato la legge sui parchi, introducendo di fatto una “dittatura” del governatore regionale, per cui ora ci sono gli ex commissari straordinari trasformati in presidenti di se stessi, ovvero senza consiglio che si sono guardati bene dal nominare.»
Per la precisione, il sito del WWF chiarisce: “Da tempo denunciamo senza sosta e praticamente da soli la progressiva fine di quella che fu la Riserva naturale più grande, bella e preziosa di Roma. Ora sembra che stia per concludersi definitivamente il suo destino: dopo gli attacchi dell’ex sindaco Veltroni, che l’ha pesantemente compromessa, ora anche la giunta Alemanno non vuole essere da meno, e quindi ecco l’ultima trovata, quella del ripristino delle cubature su via Valle di Perna (vedi comunicato del WWF Lazio). Quindi qualche decina di migliaia di metri cubi di case andranno a distruggere il bellissimo altopiano della Perna, ma l’insipienza a la volontà distruttrice dei politici nostrani (di ambedue gli schieramenti, va detto) non si limita a questo.
Hanno voluto aggiungere alcune ciliegine su una torta che evidentemente risultava troppo sguarnita, come ad esempio la costruzione di una nuova strada di collegamento con via di Vallerano, il raddoppio della stessa via di Vallerano a spese della Sughereta, l’asfaltatura ecologica di via Valle di Perna.”
Detto questo, il post di Morassut risulta fallace (per ovvie ragioni ideologiche) anche riguardo al racconto della storia dell’urbanistica romana.
Per esempio, per chi possa conoscere ed amare Roma, anche la menzione del Piano di Sanjust di Teulada potrebbe suscitare delle riserve, visto che si trattava di un piano eseguito ancora nel rispetto dei gusti di Casa Savoia, il cui portavoce Giovanni Faldella riteneva i nuovi quartieri umbertini “di rimprovero e insegnamento” nei confronti della vecchia Roma, lercia, pulciosa e puzzolente[6]. Quel Piano “alla francese” o “alla piemontese” del 1909, nel rispetto della speculazione fondiaria dell’epoca, pur risultando dimensionato per circa 1 milione di abitanti, prevedeva un immane consumo di territorio se confrontato col perimetro della Roma Imperiale di 1,5 mln di abitanti.
Per quanto concerne il grande sindaco Nathan invece, piuttosto che ricordare l’esempio del Piano del 1909, il suo operato e i suoi meriti andrebbero raccontati per le iniziative sociali ed economiche dell’ICP dovute maggiormente all’opera di Orano, Montemartini, Colajanni, ecc. e, di conseguenza, all’opera di progettisti come Magni e Pirani i quali, diversamente dagli architetti odierni tipo quelli di via Giustiniano Imperatore, seppero mettere da parte il proprio ego, traducendo in architettura e urbanistica le indicazioni del “Comitato per il Miglioramento Economico e Morale di Testaccio“.
Nel suo racconto ideologico e farneticante, Morassut non si è fatto sfuggire l’occasione per poter attribuire tutte le responsabilità dello “sfascio di Roma” all’urbanistica ‘fascista’, piuttosto che a cose più recenti!
Morassut, infatti, farebbe bene a riflettere sul fatto che, se è vero che le leggi fascistissime del ’25 – ’26 esautorarono l’ICP impedendogli di continuare nella sua preziosa opera, così come è vero che il piano del ’31 fu responsabile del maggiore consumo di suolo e dell’introduzione di tipologie edilizie troppo alte, molto più dannoso risulta esser stato per Roma e per l’Italia intera l’abominio ideologico/culturale introdotto da Bruno Zevi dopo il suo ritorno in patria!
Grazie a quell’ideologia infatti – negli interessi degli speculatori locali – l’architettura venne tramutata in becera edilizia, mentre le facoltà di architettura divennero dei veri e propri laboratori per la lobotomizzazione degli studenti in nome del “famolo strano”.
Soprattutto, sempre grazie a quell’ideologia “liberal-ipocrita” che sosteneva di dover
«materializzare l’idea che la città storica, espressione delle classi sociali che avevano dominato e oppresso la società umana, doveva essere abbandonata ai suoi fondatori, mentre alle classi sociali popolari in ascensione sarebbero stati destinati i nuovi quartieri costruiti in periferia che, aggregandosi, avrebbero finito col generare la Nuova Gerusalemme: la città della società senza classi, libera, giusta e fraterna»[7]
l’Italia catto-comunista, ha prodotto tutte quelle devastanti norme urbanistiche degli anni ’60 – ’70 e, nel caso dell’urbanistica romana, il PRG del ’62, che hanno portato alla cementificazione del Belpaese!
Sempre grazie a quell’immonda ideologia, moltissimi professoroni universitari (rigorosamente appartenenti alla corrente politica di “catto-comunista”) hanno concepito progetti come il Corviale, Tor Bella Monaca, Laurentino 38, Spinaceto, Vigne Nuove, ecc. ecc.
Personaggi come Morassut farebbero bene a smetterla di raggirare la gente per il proprio tornaconto elettorale. Certi personaggi dovrebbero capire che, finché si continuerà sulla strada dello sciacallaggio politico e della disinformazione, questa città e questo Paese non potranno che perire!
[1] http://www.metronews.it/17/12/18/la-storica-villa-paolina-rischio-demolizione.html
[2] https://www.facebook.com/RMorassut/posts/2029423860664661
[3] http://www.urbanistica.comune.roma.it/giustiniano-imperatore.html
[4] http://www.wwfroma11.it/documenti/decima/arc%20news%20decima.htm
[5] https://www.facebook.com/GiulioCorrentePortavoceM5S/
[6] Giovanni Faldella, Roma Borghese, Roma 1882.
[7] Andrea Sciascia, Tra le Modernità dell’Architettura – la questione del Quartiere ZEN 2 di Palermo, L’Epos Edizioni, Palermo 2003.
Lupi spelacchiati travestiti da agnellini come Morassut, dovrebbero spiegare quanto ci è costata (e quanto loro hanno incassato) la politica di nefandezze urbanistiche delle giunte Rutelli II, Veltroni I e II.
La porcheria di Desideri a Via Giustiniano Imperatore, meriterebbe una trattazione approfondita. E tutti molto attenti a non pestarsi i piedi, no ? Purini, Cecchini, ecc… E come dice il ministro Orlando : ” è il capitalismo bellezza”.
Ma che altro vorranno venderci dopo aver venduto pure l’anima al diavolo ! Forse andare al diavolo.
Maurizio, sei un grande!
La ragione per cui cito spesso F.L. Wright è solo per tenere inflessibilmente a mente la differenza fra un’architettura e uno scatolone dove si può convincere qualcuno a vivere, come quello qui sopra, che secondo alcuni è senz’altro migliore di quello rimpiazzato. Il che sembrerebbe vero senza togliere nulla al fatto che il sostituto appartiene alla medesima categoria del sostituito.