Ieri avevo anticipato questo pezzo odierno, che riguarda un estratto dalla memoria sul “Procedimento autorizzativo dello Stadio a Tor di Valle”, presentata oggi al Responsabile del procedimento – arch. Gianni Gianfrancesco ed al Presidente della Conferenza di Servizi – arch. Manuela Manetti, da parte dell’arch. Luciano Belli Laura in qualità di cittadino non aderente ad Associazioni e Comitati partecipanti alla Conferenza di Servizi.
Il testo che segue contiene una serie di approfondite riflessioni che evidenziano non solo l’assurdità del dibattimento, quanto l’assoluta irrealizzabilità della proposta, specie alla luce di quelle che sono le prescrizioni riportate nella Determinazione di chiusura con esito positivo della Conferenza di Servizi. Sono inoltre sottolineati alcuni aspetti relativi agli espropri e ai conseguenti ricorsi che, a rigor di logica, metteranno a rischio le tempistiche prefissate …che, di recente, hanno portato ad un’accelerazione dell’iter approvativo
Infine, in vista dell’imminente procedura di approvazione della “variante urbanistica“, vengono rammentate le indicazioni concordate in CdS sull’argomento che occorrerà tener bene a mente, onde evitare ulteriori infrazioni.
Quando, per realizzarlo veramente, non basta eliminare le torri ed annunciare #UnoStadioFattoBene.
L’eliminazione delle tre torri di Daniel Libeskind ha rimosso solo alcuni inconvenienti di natura ambientale, ma ne ha creati altri dal punto di vista urbanistico. In particolare, ha comportato altri rilevanti motivi ostativi alla realizzazione, a Tor di Valle, del progetto di stadio per l’AS Roma-Calcio. Soprattutto, giacché la riduzione dal triplo al doppio di quanto consentito dal Piano Regolatore vigente implica, comunque, una Variante Urbanistica, senza contare che, una riduzione di S.U.L. (Superficie Utile Lorda) comporti una riduzione d’infrastrutture trasportistiche.
Tanto che è stato necessario richiedere ben due Conferenze di Servizi per l’assenso con prescrizioni di cui s’è detto nei precedenti articoli[1].
Occorre però rammentare che, la CdS decisoria valuta i progetti esaminati con tre differenti esiti finali. Primo,
- “assenso unanime” – nel caso di totale rispetto delle norme e senza obiezioni da parte delle amministrazioni coinvolte.
- “diniego motivato” – quando un solo parere negativo riguarda aspetti insuperabili; in tal caso il diniego equivale a rigetto della domanda del proponente.
- “assenso con prescrizioni”.
Sul progetto connotato di “interesse pubblico” in DAC 132/2014, il 15 giugno 2017 venne comunicato al proponente un “preavviso di diniego”, motivato da variegati e rilevanti “motivi ostativi”, nonché dalla mancata definizione della Variante Urbanistica, onde triplicare la “capacità insediativa” consentita dal P.R.G. vigente. Nonostante queste condizioni, però, venne data la possibilità di presentare un altro progetto.
Un progetto connotato di “interesse pubblico” in DAC 32/2017, giunto in Regione il 15 aprile 2017, venne esaminato nel corso di una Conferenza di Servizi decisoria asincrona semplificata nella quale, il nuovo “Business Park” – siglato Daniel Libeskind coadiuvato da Carlo Ratti – riscosse consensi, in virtù della sostituzione delle tre torri con diciotto edifici formanti tre corti triangolari. Ai pareri positivi, però, vennero contrapposti molti rilevanti dissensi su altri aspetti negativi, non rimossi nella nuova versione del progetto. Dovendo decidere se prevalesse il dissenso o l’assenso, si optò per richiedere altra soluzione progettuale, adeguata alle indicazioni espresse per il superamento del dissenso. Cosicché, venne presentato un nuovo progetto che fu esaminato dalla terza Conferenza di Servizi decisoria sincrona e simultanea. In questa nuova CdS, i dissensi espressi dai rappresentanti unici di Regione e Stato, soprattutto in merito ai problemi trasportistici, si tramutarono in assenso con prescrizioni. Pare, nondimeno, che tale assenso derivi dalla prevalenza quantitativa, anziché qualitativa dei pareri! In elusione, forse, della sentenza del Consiglio di Stato n. 4374 del 2014 prescrivente:
«l’amministrazione procedente, chiamata ad adottare il finale, deve tener conto delle posizioni prevalenti espresse in seno alla conferenza ma, non essendo in presenza di un organo collegiale bensì di un modulo procedimentale, ciò non significa che deve attuare la volontà della maggioranza delle amministrazioni, quanto piuttosto che deve esercitare un potere discrezionale, bilanciando le ragioni manifestate in seno alla conferenza, verificando in che termini si delinei la prevalenza del soddisfacimento degli interessi in gioco. Pertanto, il ruolo assunto dall’amministrazione procedente non è meramente notarile, ma di sintesi delle ragioni emerse, dovendone ponderare l’effettiva rilevanza per come sono state in concreto prospettate, al fine di esprimere un giudizio di prevalenza».
Alla fine, comunque, la Conferenza di Servizi si è chiusa positivamente con la Determina del 21 dicembre 2017, esprimendo assenso con prescrizioni sul progetto integrato ed adeguato. Prescrizioni assai rilevanti – sia numericamente che in termini di consistenza – alcune delle quali, peraltro, difficilmente realizzabili, come già evidenziato in modo ineccepibile anche dall’arch. Ettore Maria Mazzola[2].
Resta inoltre incontrovertibile il fatto che, alla chiusura di questa fase del procedimento, corrisponda l’apertura di una nuova fase, relativa alla definizione della “Variante Urbanistica”. Una fase che il legislatore ha cercato di snellire prevedendo una insolita procedura, ritenuta inapplicabile e/o comportante ricorso immediato al TAR. Infatti, il comma 2-bis dell’art. 62 della Legge 95/2017 – sulla carta – prevede che:
«Nel caso di impianti sportivi privati, il verbale conclusivo della conferenza di servizi decisoria costituisce, ove necessario, adozione di variante allo strumento urbanistico comunale ed è trasmesso al sindaco, che lo sottopone all’approvazione del consiglio comunale nella prima seduta utile».
La Determina di chiusura della Conferenza di Servizi, forse, reputando che il “verbale” non possa costituire “Variante Urbanistica” – sempre sulla carta – determina:
«di APPROVARE il Progetto integrato ed adeguato – come indicato ai punti precedenti – ai sensi e per gli effetti dell’art. 62 del D.L. 24 aprile 2017, n. 50 convertito con modificazioni dalla L. 21 giugno 2017, n. 96, in particolare del comma 2-bis, aggiunto in sede di conversione, per il quale “La conferenza di servizi decisoria di cui all’articolo 1, comma 304, lettera b), della legge 27 dicembre 2013, n.147, si svolge in forma simultanea, in modalità sincrona e, se del caso, in sede unificata a quella avente a oggetto la valutazione di impatto ambientale. […] Nel caso di impianti sportivi privati il verbale conclusivo della conferenza di servizi decisoria costituisce, ove necessario, adozione di variante allo strumento urbanistico comunale ed è trasmesso al sindaco, che lo sottopone all’approvazione del consiglio comunale nella prima seduta utile».
Talché, la gara d’innovazione lessicale del non senso semantico, non si limita a sostituire “verbale” con “Progetto” integrato ed adeguato, per cui la proposizione “il verbale conclusivo … costituisce adozione di variante allo strumento urbanistico” diventa “determina di APPROVARE il Progetto …, …, ai sensi e per gli effetti dell’art. 62…”. In buona sostanza, sembra che tutto serva solo a stabilire, con presunta esattezza, quanto segue:
«il Progetto integrato ed adeguato […], unitamente alla presente Determinazione, alla documentazione in essa richiamata, ai Pareri depositati in Conferenza di Servizi, alle note e pareri in essi richiamati ed all’elenco delle prescrizioni, sarà trasmesso all’Amministrazione Capitolina, ai fini delle successive fasi procedurali, consistenti, come da procedura condivisa in sede di Conferenza di Servizi, nella pubblicazione dell’Avviso di deposito in libera visione al pubblico per la raccolta delle osservazioni, la loro successiva istruttoria, controdeduzione da approvare in Assemblea capitolina».
Questo capolavoro di creativa espressiva, cancella la parola “urbanistica” dalla specificazione dei regolari step atti alla definizione sia del nuovo strumento urbanistico che della “variante” a quello vigente. In primis, il passo fondamentale dell’adozione che, di fatto, sparisce, poiché il “progetto” – già assentito con prescrizioni – è approvato al solo scopo di considerarlo un “piano” urbanistico e, giacché le norme vigenti nel Lazio non permettono che un piano esecutivo (P.U.O.C. – Piano Urbanistico Operativo Comunale) possa variare un piano regolatore generale (P.U.C.G.: Piano Urbanistico Comunale Generale), del “progetto” s’approva semplicemente il “planovolumetrico” o il “masterplan”. Equivocando sul termine approvazione – probabile per il “progetto” – con il termine adozione – plausibile per la “Variante urbanistica” al piano regolatore vigente.
Chiediamoci: è per caso con la cancellazione del termine “urbanistica” specificante la variante, che diviene possibile obnubilare norme non abrogate dalla leggina ad Pallottam? Sinceramente non si ravvisa altra ragione plausibile, vedendo un “progetto” artatamente approvato – oltre che assentito con prescrizioni nel modulo procedimentale – al fine di porlo all’esame presso la Regione Lazio (amministrazione procedente), in veste di progetto edilizio con Business Park più affini più Stadio, indi pubblicato, osservato e controdedotto dal Consiglio Comunale e, finalmente, “restituito” all’Amministrazione regionale “ai fini dell’adozione del provvedimento conclusivo del procedimento autorizzativo del “progetto” che, non va dimenticato, potrà avvenire solo dopo il compimento della procedura di definizione della “variante urbanistica” ergo, nella fattispecie del caso della “variante del progetto”.
Alla fine della fiera, apparirà che la Regione avrà approvato il progetto che aveva già approvato, onde farlo approvare – camuffato da variante urbanistica – dal Consiglio Comunale … frattanto che, Roma Capitale, dovrà anche apprestare i fondi per realizzare il Ponte di Traiano, che la Regione Lazio non aveva saputo (o voluto) considerare, se non finanziato dal Proponente, come motivo per un diniego insuperabile (o bocciatura) del progetto di stadio per la AS Roma-Calcio.
In pratica si tratta di un esperimento eccezionale di snellimento delle procedure già snellite dalla cosiddetta “Legge Stadi” del 2013.
Il testo di legge infatti prevede che “la Regione deliberi entro 180 giorni dal ricevimento del progetto definitivo” e, nel caso in oggetto, a ragion di logica va rammentato che il primo progetto definitivo venne presentato il 12 settembre 2015. È dunque da questa data che dovrebbe partire il conteggio dei giorni già trascorsi senza addivenire alla deliberazione della Giunta regionale! Ragion per cui, se venerdì 12 gennaio sarà codificata la Determina di chiusura della Conferenza di Servizi, i giorni trascorsi dall’inizio del procedimento saranno 487, ovvero 418 esclusi sabati e domeniche, ergo la Determina di chiusura della Conferenza di Servizi non potrà, in alcun modo, considerarsi Determina di chiusura del procedimento autorizzativo del “progetto”.
E a maggior ragione, la Determina del 21 dicembre 2017, magari codificata il 12 gennaio 2018, non potrà essere confusa con la Delibera di Giunta che dà a Eurnova srl il “titolo abilitativo” per realizzare le opere progettate.
A questo traguardo, probabilmente, s’arriverà solo se non ci saranno intoppi nella procedura accelerata di definizione di Variante Urbanistica. Se, cioè, l’atto d’approvazione della medesima non sarà impugnato al TAR, chiedendone l’immediata sospensiva, in attesa del giudizio per presunta elusione di leggi e regolamenti vigenti.
Eccependo, magari, i pareri di principi del foro romano come Tonucci & Partners[3], i quali confutano l’involuzione della legge pro-pila folcendo non esser vero che la potestà pianificatoria sia sottratta ai Comuni a vantaggio d’enti sovraordinati come la Conferenza di Servizi. Essi ritengono che la disposizione del legislatore, relativamente alla C.d.S., si limiti a prevedere che
«il verbale conclusivo possa costituire adozione di variante allo strumento urbanistico comunale e, solo in tal caso, ove sussista l’assenso della Regione espresso in sede di conferenza, il verbale possa trasmettersi al sindaco al fine di sottoporlo all’approvazione del Consiglio Comunale nella prima seduta utile».
Tuttavia, sempre l’avv. Francesco Angelini dello studio Tonucci sostiene che:
«L’intento, pertanto, è evidentemente quello di chiarire che, nel caso in cui sia necessaria una variante urbanistica specifica allo strumento urbanistico comunale, la sua elaborazione giunga a definitiva maturazione con la conclusione della conferenza di servizi decisoria […]»
specificando infine che:
«La relativa adozione, pertanto, era e sarà di competenza del consiglio comunale, così come previsto dalla legge (art. 8 della Legge urbanistica n. 1150/1942), alla quale seguirà, peraltro, necessariamente la fase delle deduzioni, controdeduzioni e definitiva approvazione».
Al Tribunale Amministrativo Regionale, solitamente propenso a tutelare i diritti della proprietà, potrebbero anche arrivare le valutazioni già espresse dai proprietari dei terreni espropriati a prezzo agricolo, onde ottemperare gli standard di verde e di parcheggi … essi, infatti, potranno eccepire, nei confronti dei proprietari dei terreni – valorizzati dalla variante urbanistica raddoppiante la S.U.L. consentita dal P.R.G. – non solo in merito alla procedura seguita per definire la “variante” – come già espresso nell’atto presentato da “Stemm” (prot. 597745 del 24.11.2017) – ma anche sulla idoneità del “planovolumetrico” a costituire “variante” e sulla estensione, impropria, del limite di superficie territoriale d’un “masterplan” condizionato dall’assetto proprietario catastale.
Infine, in merito alle le prescrizioni richieste dalle amministrazioni pubbliche e dagli enti per addivenire all’assenso, elencate e specificate nelle 43 pagine delle 61 costituenti la Determinazione di chiusura con esito positivo della Conferenza di Servizi, si fa notare che il Consiglio di Stato potrebbe rinnovare l’ordinanza n. 7566 del 2004 asserente:
«Si considerano come dissensi in senso sostanziale quei pareri asseritamente favorevoli che tuttavia, per la quantità e la qualità delle prescrizioni (e condizioni) poste alla base del rilascio del parere favorevole, sono in realtà idonee a disvelare una posizione negativa dell’amministrazione partecipante».
Ebbene, per la quantità delle prescrizioni suddette, affermare che il numero risulta eccessivo sarebbe solo un eufemismo! Riguardo invece alla qualità, rimandando alla disamina puntuale fatta in questa sede (dall’arch. Ettore M. Mazzola), con scrupolo e serietà tecnica ineccepibile, nel seguito si ritiene più che sufficiente limitarsi ad evidenziare alcuni eclatanti esempi di irrealizzabilità delle prescrizioni.
- Irrealizzabilità, della prescrizione richiedente che debbano essere adeguati al DM 1444/1968 i fabbricati del Business Park (alti dieci piani oltre il piano prospiciente la piastra pedonale a + 17,00 metri e formanti tre corti triangolari anguste e prive di ricambio d’aria adeguato alle vigenti norme igienico sanitaria). In pratica una prescrizione che comporterebbe il rifacimento totale del progetto, che né Daniel Libeskind né Carlo Ratti hanno saputo rendere accettabile per chi dovrebbe lavorare e/o commerciare nel “Business Park” autocelebrativo dei progettisti e, si sostiene, della AS Roma.
- Irrealizzabilità, delle prescrizioni del MiBACT richiedenti la ricostruzione – impossibile – d’una campata delle Tribune dell’Ippodromo e la rilocalizzazione del feticcio «non lontana dalla sua originaria posizione in maniera da definirsi nel contesto una sorta di palinsesto, capace di far armoniosamente convivere il ricordo della sistemazione dell’Ippodromo, le sistemazioni contemporanee e le libere aree con i segni delle permanenze dell’agro romano, e ne sia garantita la piena rifunzionalizzazione a servizio di uno dei tre campi previsti a nord del nuovo Stadio». In questo caso parliamo semplicemente di aria fritta all’ennesima potenza, che nessuno potrà mai controllare venga rispettata. Prescrizione, quindi, inammissibile sia sul piano culturale sia su quello giuridico! Ergo non una prescrizione, ma licenza di distruzione inammissibile di ciò che ipocritamente si dice di voler salvaguardare.
- Irrealizzabilità, delle cosiddette misure di attenuazione di “volumi” inconsueti occupanti la fascia di rispetto del Tevere. In questo caso, eludendo il vincolo con l’inaccettabile argomentazione di una possibilità di deroga, prima confutata e poi impropriamente ed erroneamente accettata. In pratica non si tratta di una prescrizione, ma di una licenza di violazione di leggi inviolabili.
Altro si dovrà esprimere sull’atto finale di chiusura procedimento che, ancora, si spera non mantenga l’impostazione ed i contenuti di quest’atto endoprocedimentale di chiusura della Conferenza di Servizi … con sedicente esito positivo.
A breve seguirà un nuovo post relativo alla procedura di approvazione della “variante urbanistica” che, iniziando a breve, richiede che si rammentino specifiche indicazioni riportate nella menzionata Determinazione e scadenti oggi per le osservazioni di Enti e Amministrazioni partecipanti a CdS.
Quelle indicazioni, infatti sono state concordate in Conferenza dei Servizi che così si è espressa:
«il Progetto integrato ed adeguato …, unitamente alla presente Determinazione, alla documentazione in essa richiamata, ai Pareri depositati in Conferenza di Servizi, alle note e pareri in essi richiamati ed all’elenco delle prescrizioni, sarà trasmesso all’Amministrazione Capitolina, ai fini delle successive fasi procedurali, consistenti, come da procedura condivisa in sede di Conferenza di Servizi, nella pubblicazione dell’Avviso di deposito in libera visione al pubblico per la raccolta delle osservazioni, la loro successiva istruttoria, controdeduzione da approvare in Assemblea Capitolina».
[1] http://www.picweb.it/emm/blog/index.php/2018/01/11/la-gatta-frettolosa-fece-i-gattini-ciechi-riflessioni-sullaccelerata-per-tor-di-valle/
[2] http://www.picweb.it/emm/blog/index.php/2018/01/08/stadio-a-tor-di-valle-tutti-o-quasi-gli-abomini-della-determinazione-della-regione-lazio/
[3] http://www.diritto24.ilsole24ore.com/art/avvocatoAffari/mercatiImpresa/2017-05-04/il-futuro-impianti-sportivi-novita-normative-e-sterili-polemiche–121954.php?preview=true
…Grazie Ettore, che impegni tanto del tuo tempo prezioso di professionista, per tenerci aggiornati fin nei minimi e complessi dettagli dei meccanismi perversi agìti dai nostri amministratori per coltivare i loro interessi con i partiti dello sterro, del tondino e del cemento… a perdere, e da caricare sulle spalle del contribuente.
Mi sia consentito, in questa sede, di osservare che assai difficilmente verremo a capo di queste infauste prassi di fake “progresso & sviluppo”, se non adiremo i meccanismi virtuosi della “Società partecipativa”, che innervino, dal basso, la società:
http://www.rassegnastampa-totustuus.it/cattolica/wp-content/uploads/2015/09/LA-SOCIETA-PARTECIPATIVA-P-L-Zampetti.pdf