Così come una bella canzone di Raf ci ricordava, “Il tempo scorre inesorabile[1]”. Mai, come in questi giorni, quella frase appare come un monito ad agire, prima che sia troppo tardi.
Infatti, dopo la discutibile chiusura della Conferenza dei Servizi sullo Stadio a Tor di Valle, piuttosto che approfittare dell’occasione offerta dall’assurdo contenuto della Determinazione della Regione Lazio[2] sembra essersi rilassati.
La contraddittorietà di quel documento, nonché lo scaricabarile in esso contenuto e venuto fuori dalle discussioni successive, appare più come un tentativo di voler arrivare a conclusione di questa vergogna, facendo ricadere tutte le responsabilità sul’attuale amministrazione capitolina – erede della delibera che ha avviato il processo – che non come un qualcosa che dimostri la regolarità dell’intervento nel rispetto della normativa, della sicurezza, dei luoghi e delle preesistenze.
Alla luce di questo, ci si sarebbe aspettati che le varie associazioni ed istituzioni, che seguono da vicino la vicenda e che si oppongono a questo atto di arroganza, utilizzassero, per mano dei propri legali, quella Determinazione G18433 come un ariete utile a sfondare quel muro eretto intorno al progetto del Business Park con annesso stadio … e invece si cincischia, lasciando che il tempo scorra inesorabilmente.
Accolgo quindi con grande piacere l’ultimo scritto dell’arch. Luciano Belli Laura il quale, dopo essersi studiato a fondo tutta la documentazione prodotta, cerca di dare il “LA” a chi debba strutturare un ricorso – urgentissimo – al fine di porre fine a questa brutta faccenda.
Auspico quindi che, dopo questa post, chiunque possa agire lo faccia, in modo che, tornando alla canzone di Raf, non debba pronunciare la strofa che dice:
“Chissà chissà e resto solo con le mie domande
Patetiche, inutili purtroppo indispensabili
Adesso che sono solo, sono io a non credere”
PRESCRIZIONE E RACCOMANDAZIONE. Incompetenza o malafede?
di
Luciano Belli Laura
Allorquando la terza Conferenza di Servizi Decisoria Regionale valuta l’ennesimo progetto dello Stadio della AS Roma, definitivo adeguato e integrato, sono decorsi ben 449 giorni dalla presentazione del primo progetto definitivo, sebbene, la norma preveda che la Regione debba deliberare entro 180 giorni da tale step. Cosicché, il 5 dicembre 2017, sul progetto di “Business Park con annesso stadio a Tor di Valle”, non potendo esprimere “assenso unanime” – giacché permangono espressioni di dissenso per svariati motivi ostativi e non volendo palesare “diniego motivato” – s’estrinseca soltanto un “assenso con prescrizioni ”.
In genere, ai sensi dell’art. 14-bis della Legge 241/1990 – 3° comma, le “prescrizioni” sono indicate ai fini dell’assenso o del superamento del dissenso; sono espresse in modo chiaro e analitico; specificano se sono relative ad un vincolo derivante da una disposizione normativa o da un atto amministrativo generale; ovvero, vengono “discrezionalmente apposte per migliore tutela dell’interesse pubblico”.
Nel caso de quo, le “prescrizioni” ai fini del superamento del dissenso, sono talmente tante da configurarsi come un netto dissenso.
Esse, infatti, sono espresse certamente in modo analitico e, forsanche, in modo chiaro. Appare difficile credere che siano tutte apposte per tutelare l’interesse pubblico, se tante appaiono assai poco fattibili. Come, ad esempio, la prescrizione d’impossibile ricostruzione d’un solo modulo degli undici costituenti le tribune dell’Ippodromo, purché il simulacro venga localizzato abbastanza vicino alle strutture demolite. Inoltre, per assurdo, altre “prescrizioni” preventive sono demandate alla fase di realizzazione delle opere private.
In pratica, come nessun Ponzio Pilato avrebbe mai nemmeno potuto immaginare, financo affidate ad ulteriore “variante progettuale” da definire in sede di fantomatica “variante urbanistica”!!
Sebbene tutte le “prescrizioni” realtive all’assenso sul progetto a Tor di Valle risultino esser state trascritte in ben 45 pagine, su 61 della Determinazione G18433 emessa dall’Amministrazione Regionale procedente in data 22 dicembre 2017, pare che, venerdì 26 gennaio 2018, l’Amministrazione suddetta abia chiesto al proponente di tradurle in elaborati progettuali, affinché tutte le condizioni espresse dalle amministrazioni competenti risultassero puntualmente recepite nel progetto definitivo assentito e, pertanto, tutto quanto formulato di norma potesse essere verificato prima di procedere all’iter definitivo della “variante urbanistica”. Evidentemente l’obiettivo è stato quello di evitare che le suddette “prescrizioni” potessero cadere in prescrizione.
Possiamo supporre che tale richiesta della Regione possa esser stata percepita come un fulmine a ciel sereno dal proponente, poco propenso ad aggiornare circa 400 elaborati, già più volte adeguati ed integrati. Specie considerando il fatto che sia arrivata mentre si stava contrattando con il Credito Sportivo un piano di finanziamenti atti a realizzare delle opere private, date per approvate definitivamente.
Subito dopo il venerdì nero, “il Tempo” ha pubblicato un articolo che ha riportato le sole reazioni pervenute in Regione da parte della Città Metropolitana e Roma Capitale … in sostanza dalla Raggi. In particolare il giornale, solitamente ben informato, ha citato la parte finale della risposta inviata (non si sa quando), dal Dipartimento PAU di Roma Capitale, dove si legge:
“nel merito della richiesta dell’inserimento nella variante urbanistica del Ponte, così come contenuta nella colonna prescrizioni, si fa presente che la stessa è stata accolta esclusivamente come raccomandazione ma non può essere oggetto della variante urbanistica come da verbale del 5 dicembre.
Diversamente, dal verbale del 5 dicembre si deduce che nessuna “prescrizione” – ai fini del superamento del dissenso – è formulata come “raccomandazione”, o come esortazione, oppure come consiglio improntato poi a lasciar fare ciò che si vuole!
Più volte, infatti, il Presidente della Conferenza di Servizi ribadisce che le prescrizioni devono essere “concrete e realizzabili”. Ergo, accoglierle come “raccomandazione”, può significare espressione di “riserva mentale”. Vale a dire una intenzionale dichiarazione d’intento, divergente da quanto effettivamente oggetto di volizione, senza che ciò sia avvertibile dalla parte destinataria, né tantomeno oggetto d’accordo con questa. Se così fosse, l’accordo non risulterebbe corrispondente a quanto effettivamente pattuito dai soggetti contraenti.
Cosicché, si prospettano due conseguenze:
- la Regione potrebbe considerare irrilevante la riserva del Comune;
- Come nel caso del Diritto Canonico, la riserva mentale espressa da un soggetto può essere motivo di nullità.
In concreto, se il Ponte di Traiano fosse prescritto come secondo accesso allo stadio, al fine del superamento del dissenso manifestato dal MIT e dalla Regione sul progetto che non lo prevedeva, e se adesso emerge che tale prescrizione è stata accolta dal Proponente e – sorprendentemente – dal Comune con riserva, ovvero al fine d’ottenere il consenso, allora necessita addivenire a nuova intesa tra le amministrazioni da tradurre in altra Determinazione finale.
Se l’intesa sul tema della mobilità non si trovasse, occorrerebbe verificare anche le altre “prescrizioni” – espresse da altre amministazioni competenti – in tema di tutela del suolo, dell’ambiente e delle preesistenze.
Comunque vadano le cose, verrebbe immediatamente a cadere l’occorrenza dell’astrusa raccomandazione del legislatore:
“Nel caso di impianti sportivi privati il verbale conclusivo della conferenza di servizi decisoria costituisce, ove necessario, adozione di variante allo strumento urbanistico comunale ed è trasmesso al sindaco, che lo sottopone all’approvazione del consiglio comunale nella prima seduta utile.
Tale esortazione ad “adottare” – nel senso di fare proprio, di ricorrere, d’impiegare – la “Variante Urbanistica” come atto propedeutico alla definizione dell’assenso al progetto che la richiede, è raccomandazione inaccettabile se diviene “prescrizione”, separante l’incombenza d’adozione da quella d’approvazione di “variante urbanistica”, visto che risultano essere degli adempimenti attribuiti entrambi al Consiglio Comunale da leggi mai abrogate. A maggior ragion del fatto che, tale consiglio del legislatore, NON risulti perseguibile visto che il progetto appare assentito con troppe prescrizioni – fasulle e irrealizzabili – a tutti gli effetti equivalenti ad un diniego motivato dalla insuperabilità del dissenso, indi a rigetto della domanda.
Inoltre, al di là di possibili considerazioni sul piano del diritto, non si può trascurare il fatto che certe “riserve mentali” pervengono tanto dal soggetto proponente privato, quanto dall’amministrazione locale interessata la quale, invece, dovrebbe garantire la tutela degli interessi dei cittadini!
Questi ultimi non possono infatti non rendersi conto che, se ciò non avviene, non può trattarsi esclusivamente di mera incompetenza e, se mai si perseverasse nel lasciarlo credere, si alimneterebbe il sospetto che, in qualche modo, possa esserci della vera e propria connivenza che permette speculazioni fondiarie che, raddoppiando la “capacità insediativa” consentita dalle norme vigenti, consentono il raggiungimento dello scopo … perfino risparmiando sul pagamento degli oneri che la cosiddetta “Legge Stadi” imporrebbe a carico dei proponenti, ovunque e comunque.
[1] “In tutti i miei giorni”
[2] http://www.picweb.it/emm/blog/index.php/2018/01/08/stadio-a-tor-di-valle-tutti-o-quasi-gli-abomini-della-determinazione-della-regione-lazio/
Certo, devono essere ben grossi gli Affari di questo Parco (traduco dall’ostrogoto ormai divenuto lingua ufficiale e tratto distintivo del provincialismo italico), per giustificare tanta pervicacia nel volerlo realizzare, con o senza gli scatoloni contorti dalla firma prestigiosa…….
a seguito della pubblicazione sul sito ufficiale della Regione Lazio di numerosi documenti, è stato possibile verificare quanto segue:
– il documento di Roma Capitale, riportante la seguente frase: <>, risulta datato il 12 gennaio e protocollato il 15/01/2018;
– la nota scritta dal Responsabile del Procedimento e dal Presidente della CdS “ai proponenti indicando loro la necessità di consegnare in Campidoglio tutte le carte progettuali così come modificate dalle prescrizioni emerse dalla Conferenza dei Servizi”, invece, risulta protocollata il 25/01/2018.
Cosicché, nella ricostruzione fatta da ilTempo del 28/01 risultano completamente rovesciate le comunicazioni intercorse tra Regione e Roma Capitale. E, pertanto, la nota della Regione del 25 gennaio pare non considerare quella antecedente di Roma Capitale, datata 15 gennaio.
A breve, si cercherà di chiarire chi, adesso, resta con il cerino in mano.