Il prossimo 9 marzo dovrebbe essere l’ultimo giorno possibile per provare a bloccare lo scempio di Tor di Valle. A conti fatti, considerata la data di pubblicazione, sul sito “Trasparenza Stadio” della Regione Lazio, della Determina G18433 del 22 dicembre 2017, quella è appunto la data entro la quale scadrebbero i termini per un ricorso presso il TAR.
I legali che, a nome delle associazioni di cittadini e non solo, intendano agire, hanno ben poco tempo per poter studiare a fondo l’intero contenuto della Determina suddetta e, soprattutto, quello di tutti gli atti collegati ad essa, ovvero tutti i “pareri” presentati dai rappresentanti delle amministrazioni che vi hanno preso parte, tutte le note di trasmissione e tutti i verbali delle riunioni della C.d.S.
Inoltre, ad aggravare il pericolo che il tempo scorra inesorabilmente[1] senza che se ne faccia nulla va detto che, per quanta buona volontà possano averci messo finora le varie associazioni ed individui singoli che hanno provato ad evitare pacificamente lo scempio di Tor di Valle, il legale che dovrebbe prendere in carico questa faccenda, dovrebbe necessariamente risultare un esperto di diritto amministrativo accreditato al TAR e non un legale qualsiasi!
Alla luce dei fatti, da quanto ho anche personalmente avuto modo di testimoniare tramite il mio blog, con articoli miei e, soprattutto dell’arch. Luciano Belli Laura, nell’ultimo anno (ma già a partire dalla Delibera Marino-Caudo), mi sembra di poter ritenere che ci siano state una serie di violazioni normative ed una seria di dimostrazioni di “eccesso di potere” che, probabilmente, potrebbero essere oggetto di ricorso immediato.
In ogni modo, indipendentemente da quanto documentato, c’è chi, cautelativamente, ritenga che l’azione possa farsi “solo nel momento in cui ci sarà il provvedimento conclusivo del procedimento, ovvero la Delibera di Giunta Regionale, dopo aver ricevuto la Variante, la Convenzione e l’Atto d’Obbligo, dopo essere stati approvati dal Comune”.
Ovviamente, solo un avvocato amministrativista potrebbe dirimere la matassa e comprendere se, nel marasma di scaricabarile artatamente creato per impedire azioni legali, abbia ragione chi ritenga i tempi già più che maturi oppure chi, più cautamente, ritenga di dover attendere a rischio che, però, non si possa più tornare indietro.
Nella speranza quindi che la cosa possa aiutare chi di dovere a comprendere la delicatezza della situazione, nonché agli esperti della materia a comprendere come e perché eventualmente procedere, offro nuovamente spazio all’arch. Luciano Belli Laura il quale, dopo aver riletto tutti gli atti in suo possesso, mi ha inviato i testi che seguono affinché potessi farli pervenire ad Italia Nostra e alle altre associazioni di cittadini che stanno provando ad impedire lo scempio.
PROPONIBILITÀ DEL RICORSO AMMINISTRATIVO
a cura dell’arch. Luciano Belli Laura
Se la legittimazione processuale (interesse a ricorrere) può essere riconosciuta sull’atto amministrativo finale che dà utilità concreta, e se soltanto la delibera della Giunta regionale darà il titolo abilitativo che “sostituisce ogni autorizzazione o permesso comunque denominato necessario alla realizzazione dell’opera e determina la dichiarazione di pubblica utilità, indifferibilità e urgenza dell’opera medesima”, allora soltanto questa Delibera della Giunta regionale – risultando lesiva delle situazioni giuridiche di soggetti pubblici – potrà considerarsi oggetto di ricorso amministrativo.
La legittimazione processuale, infatti, non pare genericamente riconosciuta per atti endoprocedimentali.
Ad esempio, il preavviso di rigetto disciplinato dall’art. 10-bis della Legge 241/1990, atteso che la sua funzione è quella di avvisare il privato dell’intenzione dell’Amministrazione di adottare un provvedimento a lui sfavorevole, non sarebbe un atto immediatamente lesivo delle situazioni giuridiche in atto.
In generale, pertanto, è necessario accertare se, nell’ambito del procedimento, sia o meno stato emanato qualche atto in relazione al quale possa porsi un problema di impugnativa: può infatti anche darsi il caso in cui, al privato, venga semplicemente comunicato che l’Amministrazione sia intenzionata a provvedere in un determinato senso, senza che tuttavia sia stato ancora emanato un atto finalizzato ad ottenere quel risultato.
In questo caso, si potrebbe accertare che non esiste un atto impugnabile, in quanto la lesività è legata alla concreta ed attuale modificazione di posizioni giuridiche, motivo per cui non è accogliibile un ricorso per lesione soltanto temuta.
Viceversa, si possono, impugnare atti endoprocedimentali che diano luogo a chiusura anticipata del provvedimento, sebbene la vera impugnazione sarà nei confronti del provvedimento finale di approvazione.
Ciò detto, però, si tratta di vedere bene cosa COMPORTI la Determinazione G18433 del 22 dicembre 2017[2] e cosa determinino le note collegate del 2[3] e del 15[4] gennaio 2018.
Atti emanati dall’Amministrazione procedente, (Regione Lazio), a ruota della recentissima ed inedita disposizione del legislatore recitante:
“Nel caso di impianti sportivi privati, il verbale conclusivo della conferenza di servizi decisoria costituisce, ove necessario, adozione di variante dello strumento urbanistico comunale ed è trasmesso al sindaco, che lo sottopone all’approvazione del consiglio comunale nella prima seduta utile. “[vedi, comma 2-bis, art. 62 Legge 21 giugno 2017 n° 96 di conversione del Decreto Legge 24 aprile 2017 n° 50].
Nel primo atto del Direttore della Direzione Regionale Territorio, Urbanistica e Mobilità dell’Amministrazione procedente (arch. Manuela Manetti) si DETERMINA di
“APPROVARE il Progetto integrato ed adeguato – come indicato ai punti precedenti – ai sensi e per gli effetti dell’art. 62 del D.L. 24 aprile 2017, n. 50, convertito con modificazioni dalla L. 21 giugno 2017, n. 96, in particolare del comma 2-bis, aggiunto in sede di conversione, per il quale “La conferenza di servizi decisoria di cui all’articolo 1, comma 304, lettera b), della legge 27 dicembre 2013, n. 147, si svolge in forma simultanea, in modalità sincrona e, se del caso, in sede unificata a quella avente a oggetto la valutazione di impatto ambientale. (…) Nel caso di impianti sportivi privati il verbale conclusivo della conferenza di servizi decisoria costituisce, ove necessario, adozione di variante allo strumento urbanistico comunale ed è trasmesso al sindaco, che lo sottopone all’approvazione del consiglio comunale nella prima seduta utile”; “[vedi, punto “6.” di pag. 15 di 61].
Con il secondo atto si dispone quanto segue:
“Tale progetto – integrato ed adeguato a cura del Soggetto proponente alle prescrizioni, osservazioni, raccomandazioni ed indicazioni contenute nei pareri depositati in Conferenza di Servizi, nonché nelle ulteriori note e pareri in essi richiamati, ed emerse nel corso della stessa, la cui ottemperanza debba intervenire in sede di progettazione definitiva, necessita di verifica di rito, in ordine alla corretta rappresentazione negli elaborati di quanto emerso nella Conferenza di servizi e indicato nei pareri, per la successiva trasmissione a Roma Capitale ai fini della pubblicazione e delle ulteriori fasi procedurali” [vedi, 2° capoverso di pag. 3].
Con il terzo atto si RAMMENTA che:
“il provvedimento G18433 del 22/12/2017 è stato trasmesso con nota prot. n. 1624 del 2/01/2018 alla società proponente ed alle amministrazioni intervenute alla Conferenza di Servizi, per una verifica di rito in ordine alla corretta rappresentazione, negli elaborati, di quanto emerso nella Conferenza ed indicato nei pareri” [vedi, 1° capoverso di pag. 2]. Indi, si INVITA la società proponente a “trasmettere il progetto definitivo approvato in Conferenza ed adeguato alle prescrizioni, osservazioni, raccomandazioni ed indicazioni richieste dagli Enti e contenute negli atti sopra citati a Roma Capitale, che provvederà alla pubblicazione di apposito Avviso di Deposito in libera visione al pubblico” [vedi, 2° capoverso di pag. 3]. Si PRECISA a Roma Capitale “che il deposito in libera visione al pubblico riguarda l’intero progetto” [vedi, 5° capoverso di pag. 3].
Ed ancora nel terzo atto si FA inoltre PRESENTE:
“alle Amministrazioni, che leggono per conoscenza, ed alla società proponente che l’elenco delle prescrizioni contenute nella ‘Tabella …’ non sostituisce i singoli pareri […] costituendone una mera sintesi. Pertanto, si prende atto di quanto chiarito dalle Amministrazioni/Enti in merito a quanto riportato nella stessa Tabella e si comunica che non si ritiene necessario procedere in questa fase ad integrare o ratificare tale provvedimento” [vedi, 1° capoverso di pag. 4].
Per quanto sopra considerato, si ritiene che l’atto di ADOZIONE della “variante urbanistica” (sebbene non apertamente esplicitata ma sostanzialmente determinata) dalla Amministrazione procedente (Regione Lazio), sia inequivocabilmente un atto prodromico, ma completamente indipendente dall’atto d’approvazione del “progetto”.
Ergo, che l’atto iniziale di adozione della variante allo strumento urbanistico – risultando immediatamente attuativo (giacché considerato da chi l’ha emanato né integrabile né ratificabile) – comporti una concreta ed attuale modificazione di posizioni giuridiche: nientepopodimeno consistente nel RADDOPPIO della Superficie Utile Lorda consentita a Tor di Valle, dal Piano Regolatore vigente.
CONTENUTI MINIMI DEL RICORSO AMMINISTRATIVO
a cura dell’arch. Luciano Belli Laura
In ogni regione, vige la norma prescrivente che la modifica dello strumento urbanistico si compia con la stessa procedura della sua formazione. Procedura articolata in fasi consequenziali che si suddividono, in linea generale, in un primo momento di “adozione preliminare“, un momento successivo di “adozione definitiva” ed un momento finale di “approvazione“.
D’altra parte, sempre in generale, sono gli strumenti urbanistici che programmano le opere; giacché il presupposto per realizzare un’opera pubblica, o di pubblica utilità, è la sua previsione nello strumento urbanistico. A volte, però, può succedere che l’opera che si intende realizzare non sia già prevista nel documento di pianificazione territoriale, per cui il progetto si trova privo della necessaria copertura urbanistica. In questo caso, l’effetto di variazione del piano regolatore può conseguire ad una procedura semplificata (o concertativa od implicita) che, in base alla legislazione vigente, comporta variante al piano urbanistico. Fermo restando, comunque, il principio che solo l’intervento di atti provenienti dai soggetti titolari del potere urbanistico – costituisce variante al piano regolatore. Anche quando l’opera non sia comunale, ovvero non risulti assentita dall’amministrazione comunale, è pur sempre il Consiglio Comunale che può, liberamente, decidere se adottare o meno la variante.
Pertanto, anche ai progetti “improvvisati” rispetto al piano regolatore vigente, viene garantita la preventiva e inderogabile copertura urbanistica da parte dei soggetti titolari del potere di pianificazione su quella parte di territorio.
Si deve financo considerare che, all’ordinamento canonico, s’affianca casualmente quello straordinario secondo cui l’approvazione di un “progetto” di un’opera pubblica non prevista in sede di pianificazione, determini – d’imperio – la contestuale modificazione dello strumento urbanistico interessato. È, comunque, necessario ricordare che, tale straordinarietà, si riferisce ad infrastrutture strategiche pubbliche e private di preminente interesse nazionale, come individuate dal programma previsto dalla Legge 443/2001. Altresì, rammentando che la c.d. “Legge obiettivo 2001”, è assai nota per aver determinato un contenzioso immane, nei casi in cui un’opera pubblica venga localizzata in una certa area, anche contro la volontà del Comune e della Regione competenti alla pianificazione urbanistica di quella parte del territorio.
Quanto sopra esposto appare utile a comprendere se debba riferirsi alla suddetta procedura semplificata concertativa od implicita la recente norma – esplicitamente applicabile solo “ove necessario” – recitante:
“Nel caso di impianti sportivi privati, il verbale conclusivo della conferenza di servizi decisoria costituisce, ove necessario, adozione di variante dello strumento urbanistico comunale, ed è trasmesso [il verbale] al sindaco, che lo sottopone [il verbale] all’approvazione del Consiglio Comunale nella prima seduta utile.“ [vedi, comma 2-bis, art. 62 Legge 21 giugno 2017 n° 96 di conversione del Decreto Legge 24 aprile 2017 n° 50].
Ovvero, se debba considerarsi ispirata alla straordinarietà richiedente (anche per un impianto sportivo risultante strategico solamente per il privato proponente) addirittura un “imperio” formale che DETERMINA:
- di APPROVARE il Progetto [anziché il verbale] integrato ed adeguato – come indicato ai punti precedenti [vale a dire da adeguare ulteriormente] – ai sensi e per gli effetti dell’art. 62 del D.L. 24 aprile 2017, n. 50 convertito con modificazioni dalla L. 21 giugno 2017, n. 96, in particolare del comma 2-bis, aggiunto in sede di conversione [vale a dire ai fini di adozione di variante urbanistica], per il quale “(…) Nel caso di impianti sportivi privati, il verbale [nota bene, il verbale], conclusivo della conferenza di servizi decisoria costituisce, ove necessario, adozione di variante allo strumento urbanistico comunale ed è trasmesso [nota bene, il verbale] al sindaco, che lo sottopone [nota bene, il verbale] all’approvazione del Consiglio Comunale nella prima seduta utile”; [vedi, pag. 15 di 61 della Determinazione G18433 del 22/12/2017].
- che il Progetto integrato ed adeguato come indicato nel punto 6, unitamente alla presente Determinazione, alla documentazione in essa richiamata, ai Pareri depositati in Conferenza di Servizi, alle note e pareri in essi richiamati ed all’elenco delle prescrizioni, sarà trasmesso all’Amministrazione Capitolina, ai fini delle successive fasi procedurali, consistenti, come da procedura condivisa in sede di Conferenza di Servizi, nella pubblicazione dell’Avviso di deposito in libera visione al pubblico per la raccolta delle osservazioni, la loro successiva istruttoria, controdeduzione da approvare in Assemblea capitolina; [vedi, pag. 16 di 61 della Determinazione G18433 del 22/12/2017].
Indi, considerare che il provvedimento straordinario regionale, sebbene non lasci emergere divergenze procedurali (appunto, “condivise” in sede di Conferenza di Servizi), evidenzi sostanziali dissensi proprio sul “progetto” artatamente approvato ai fini urbanistici, benché da adeguare completamente allo scopo precipuo d’essere poi approvato in quanto “progetto”.
In primo luogo, disponendo:
- che tale Progetto” deve essere integrato ed adeguato, a cura del Soggetto proponente prima delle successive fasi progettuali, alle prescrizioni osservazioni, raccomandazioni, indicazioni contenute nei pareri depositati in Conferenza di Servizi, nonché nelle ulteriori note e pareri in essi richiamati, ed emerse nel corso della stessa, la cui ottemperanza debba intervenire in sede di progettazione definitiva, tali pareri sono pubblicati sul sito (…) e vengono di seguito elencati: (…)” [vedi, pag. 11 di 61 della Determinazione G18433 del 22/12/2017].
Ed alla fine della fiera, rimarcando:
- che il Progetto adeguato alle prescrizioni, osservazioni e raccomandazioni impartite, osservato e controdedotto, unitamente alla Convenzione Urbanistica, redatta da Roma Capitale ed all’Atto d’Obbligo Unilaterale sottoscritto dal Soggetto Proponente, sia restituito a questa Amministrazione Regionale, ai fini dell’adozione del provvedimento conclusivo del procedimento, ai sensi dell’art. 1, comma 304, lett. b) della legge n. 147/2013 e s.m.i. [vedi, pag. 16 di 61 della Determinazione G18433 del 22/12/2017].
Nel caso de quo, poi, occorre considerare che, chiunque abbia titolo ad osservare – come prescritto dalla legge – sulla variante urbanistica adottata in Conferenza di Servizi, possa individuarne il contenuto se la sua “pubblicazione” all’Albo Pretorio Capitolino avviene tanto del “verbale” [qui o qui pubblicato] quanto dello “intero progetto” [come qui predisposto] adeguato ed integrato dal proponente senza che, chi di dovere, abbia verificato se l’adeguamento corrisponda o meno alle prescrizioni ed alle ottemperanze.
Nel primo caso, risultando assai arduo trovare nelle 32 pagine, fitte fitte dei “verbali”, alcuna tipica configurazione cartografica che contraddistingue solitamente un “variante urbanistica”.
Nel secondo caso, essendo praticamente impossibile individuare le medesime configurazioni cartografiche e prescrittive, che non si saprebbe come ricavare dalla marea di file contrassegnati da stringhe alfa-numeriche (astruse quanto il codice a barre) e scaricabili solo con tempo smisurato e potenza elettronica inconsueta, nonché con una certa quantità di fortuna, atta ad individuare proprio come nel gratta e vinci l’elaborato pertinente.
Ne conseguirebbe che la dea bendata potrebbe favorire il compito di chi – per legge – deve contro dedurre, su pochissime e/o non pertinenti “osservazioni” dei cittadini, su una variante urbanistica peraltro indecifrabile anche ad un tecnico super-scafato. Indi, l’approvazione del RADDOPPIO della capacità insediativa (in concreto della Superficie Utile Lorda consentita a Tor di Valle), sarebbe solo un atto dovuto.
Ed allora, il ricorso alle menzionate procedure speciali potrebbe inasprire i rapporti, non solo fra i livelli istituzionali, ma anche con la popolazione residente. Oltre, naturalmente, nel rapporto tra programmazione urbanistica e programmazione delle opere pubbliche, inquadrare le possibili frizioni fra le diverse esigenze, convenienze e tempistiche e quindi, in definitiva, la possibilità che, con l’applicazione dei suddetti procedimenti, l’ente territoriale minore veda di molto attenuata la capacità di definire la vocazione delle singole aree, in coerenza con un programma organico di sviluppo territoriale.
Un “ricorso” al T.A.R. servirebbe allora ad appurare se, sostanzialmente, il ricorso alla procedura inconsueta danneggi o meno la popolazione residente a Tor di Valle, ovvero, quella circolante sui mezzi pubblici e sulle vie d’accesso all’impianto sportivo fondamentalmente privato.
Sperando, magari, di trovare anche nel Lazio espressioni analoghe a quelle espresse da Alma Chiettini (Consigliere del T.R.G.A. Trento): «In questo quadro complesso, tuttavia, è possibile raggiungere una soluzione unitaria ri-partendo dal novellato titolo V della Costituzione che, come detto, ha previsto il potere-dovere di “governare il territorio” (da considerarsi in un’ottica comprensiva: rurale e urbano, libero e costruito), cui si riconnette l’urbanistica e l’edilizia, il cui contenuto precettivo “comprende, in linea di principio, tutto ciò che attiene all’uso del territorio” compresa anche “la localizzazione di impianti o attività (…) . Conformemente, anche gli orientamenti del giudice amministrativo sulla programmazione urbanistica hanno sposato una visione della materia ampia e ambiziosa, che si riflette sui contenuti e sulla dinamicità dello strumento urbanistico, soprattutto da quando si è affermato che la disciplina dei suoli non è finalistica ma strumentale alla definizione di un modello di sviluppo economico e sociale della comunità rappresentata (…). Insomma: “nell’ordinamento vi sono già gli spazi normativi e interpretativi per affermare che spetta alla pianificazione territoriale il compito di pianificare anche le attività economiche e i lavori pubblici, perché la pianificazione territoriale è più complessa e più ricca di motivazioni che non la singola scelta di realizzare un’opera pubblica.» [vedi, pag. 8 di 11 dell’intervento svolto nel 2014].
[1] http://www.picweb.it/emm/blog/index.php/2018/02/02/stadio-della-roma-il-tempo-scorre-inesorabile/
[2] http://www.regione.lazio.it/rl/trasparenzastadio/wp-content/uploads/sites/7/Determinazione-n.-G18433-del-22_12_2017-Conclusione-CDS.pdf
[3] http://www.regione.lazio.it/rl/trasparenzastadio/wp-content/uploads/sites/7/REGLAZIO.REGISTRO-UFFICIALE.2018.0001624.pdf
[4] http://www.regione.lazio.it/rl/trasparenzastadio/wp-content/uploads/sites/7/NOTA-PRESIDENTE-CDS-REGLAZIO.REGISTRO-UFFICIALE.2018.0043659.pdf
2 pensieri su “Stadio della Roma – ricorso al TAR ultima chiamata”