In nome della “sicurezza”, in nome della “garanzia”, in nome della “qualità”, in nome della “libertà di mercato”, in nome della “privacy”, ecc., la nostra professione è stata gradualmente svenduta, svilita, declassata, tramutandosi da “regina delle arti” ad uno squallido ed intricato percorso burocratico, fatto di codici, certificazioni, numeri e crediti formativi permanenti.
Come già accaduto per l’imprenditoria, dove l’artigianato e le piccole e medie imprese sono state massacrate a favore degli interessi delle “grandi aziende” del sistema “corporativo globalizzato”, anche la professione dell’architetto è stata trucidata in nome degli interessi delle “società d’ingegneria” e delle archistars.
Eppure, già una ventina di anni fa, i professionisti (quelli onesti) avevano lanciato grida di aiuto affinché questo non accadesse, tuttavia i responsabili del CNA, dell’INARCASSA e degli Ordini Professionali (stipendiati dai professionisti che dovrebbero rappresentare) pensarono bene di strafregarsene di quelle richieste, facendo sì che, gradualmente, gli architetti venissero obbligati alle peggiori forme di vessazione che gli impedissero una vita professionale degna e rispettosa dei sacrifici fatti in anni di studio, privandoli addirittura di un futuro da pensionati.
Chi oggi voglia intraprendere questa – un tempo – meravigliosa professione, non è più chiamato a confrontarsi con i luoghi per i quali progettare; egli non dovrà più svolgere una attività artistica rispettosa dei luoghi, delle tradizioni e dell’estetica e del bene comune, né tantomeno potrà mai immaginare di dover volare col pensiero alla ricerca di quei concetti più sofisticati quali armonia, proporzioni, simmetria, euritmia, ecc. che avevano portato l’architettura ad esser considerata la “regina delle arti”. Oggi occorre semplicemente produrre cartaccia, tanta, al fine di dimostrare – rigorosamente a parole – di rispettare parametri quali “sostenibilità”, “privacy”, ”efficienza energetica”, “standard”, “previsioni di piano” (queste ultime con i dovuti distinguo a seconda del peso politico del proponente), ecc. … non occorre poi sottilizzare sul fatto che, tra le parole e i fatti, passino degli oceani, l’essenziale è fare gli interessi lobbistici di chi abbia imposto certi parametri!
Soprattutto un professionista di oggi, per poter esercitare, deve dimostrare di essere in regola con una serie di cose, molto attinenti alla qualità del prodotto finale della sua attività.
In pochi, tra i politici, i loro pennivendoli e i nostri rappresentanti presso il CNA conoscono le reali differenze tra il grado di preparazione degli italiani e quello al di fuori dei nostri confini – almeno quello di chi si sia formato con un ordinamento antecedente l’istituzione di “lauree brevi”, “semestri”, “moduli”, “crediti” e altre paccottaglie di matrice anglosassone, miranti a fornire un’infarinatura generale, piuttosto che una conoscenza reale della materia – eppure, quando si è trattato di dover difendere il nostro grado di preparazione e di accettare o meno di sottostare all’offensivo obbligo per gli architetti di dover maturare dei crediti formativi permanenti (con esclusione di quelli over 70) essi hanno pensato bene di piegarsi a 90° (usando il nostro fondoschiena) ed imporci questa misura che, in un mondo dove la formazione avviene in maniera pressapochista potrebbe sicuramente avere un senso … ma non di certi in Italia!
Così gli architetti, già a corto di lavoro, si vedono obbligati a spendere tempo prezioso e denaro per assistere a conferenze, convegni, presentazioni “sul sesso degli angeli”, al fine di maturare crediti formativi permanenti, pena l’interdizione dall’esercizio e la perdita di giornate e/o mensilità contributive, ovvero del diritto ad andare in pensione!
Ovviamente, nella mercificazione della cultura e della formazione, il CNA e gli Ordini professionali riconoscono i crediti solo per quelle manifestazioni per le quali gli organizzatori abbiano pagato per il riconoscimento degli stessi … cosa volete che valgano quei convegni in giro per il mondo, dove realmente ci si aggiorna su tutto ciò che ruota intorno alla nostra professione, ma che non versano un soldo nelle casse di questi enti?
Per poter peggiorare l’umiliazione dei professionisti ed incrementare il monte ore da buttare al vento, è stato opportunamente pensato che debbano – obbligatoriamente – maturarsi ogni anno degli specifici crediti formativi sulla deontologia professionale!
Chi, come me, abbia buttato sangue sui libri, sostenendo esami che sembravano concepiti come dei Phd, non può accettare questi soprusi imposti dai cialtroni burocrati che, spesso, nulla sanno, né vogliono conoscere della nostra cultura e preparazione!
La realtà dei fatti è che, in quasi 25 anni di rapporti professionali ed accademici con tutto il mondo posso affermare con certezza che, se l’Europa ci chiede certe misure, lo fa perché vuole abbassare il livello culturale italiano a quello loro! La verità è che i nostri laureati – senza dover chiedere favori a nessuno – sono richiestissimi all’estero e, come tali, mal visti dal mondo accademico e professionale fuori dei nostri confini, ragion per cui non è possibile che, almeno da parte dei professionisti, possa esserci rassegnazione nell’accettare tutto, piegati a 90°!
Inoltre, come ricordavo ne “Architettura e Urbanistica – Istruzioni per l’Uso[1]”, l’attuale sistema dei Concorsi Internazionali di Architettura, essendo strutturato a favore dei grandi nomi, piuttosto che a tutela delle città e dell’ambiente, non fa altro che peggiorare le cose: viene fatto credere essi servano a migliorare le città e a garantire la qualità del prodotto finale, ma nella realtà si tratta solo di un sistema omertoso nelle mani di un clan ideologicamente schierato e dei suoi adepti!
Questo sistema concorsuale, votato ad eliminare la concorrenza dei giovani – specie dei “non allineati” – è garantito dall’attuale Legge per l’affidamento degli incarichi: in un Paese che si spaccia per essere un Paese libero, mirante ad incentivare il lavoro dei giovani, esiste una legge che introduce come conditio sine qua non, per partecipare ad un concorso pubblico, l’obbligo di dimostrare dei volumi d’affari milionari e il possesso di un numero di impiegati da impresa: questa viene ritenuta una misura necessaria e sufficiente a garantire la buona riuscita, qualitativa ed economica, dell’opera (sic!).
Chi non mi creda è invitato alla lettura del Bando di Concorso per la di qualsiasi concorso importante! È dunque chiaro che ci troviamo di fronte ad un trucco necessario a fingere la trasparenza del procedimento, per poi affidare l’incarico all’adepto che sa già in partenza che quello sarà il suo turno!
Il risultato che si ottiene da questo sistema, oltre ad essere di uno squallore senza precedenti, genera i seguenti fattori:
- perdita dell’artigianato e della piccola e media imprenditoria locale;
- costi di costruzione spropositati conseguenti le sperimentazioni … basta vedere i dati del Centro Congressi dell’EUR – la “nuvola” di Fuksas, dello Stadio del Nuoto di Calatrava, del MAXXI di Zaha Hadid, del Museo dell’Ara Pacis di Meier, della Stazione Tiburtina, del Ponte di Santiago Calatrava a Venezia, ecc.
- costi di manutenzione sbalorditivi generati dall’impiego di tecnologie e materiali dalla vita ed efficienza breve …
Perché dunque raccontare che questo sistema serva ad assicurarsi a priori del buon risultato finale?
Avete mai provato a chiedervi come mai, quando tutta questa burocrazia non esisteva, quando tutto questo presunto “liberismo” non c’era, venivano realizzate opere eccelse[2]?
Forse qualcuno dovrebbe spiegarci come mai nessun architetto del passato, pur non essendo stato obbligato a sottostare a determinate vessazioni “per il bene della qualità dell’opera”, sia riuscito a realizzare opere immortali che tutt’oggi richiamano le folle!
E già, perché i vari Brunelleschi, Bramante, Michelangelo, Palladio, Vignola … ma anche architetti più recenti come Armando Brasini, Quadrio Pirani, Innocenzo Sabbatini, ecc. sono nati come scalpellini, orologiai, scultori, disegnatori, incisori, per poi formarsi sul campo più che sui banchi universitari. Costoro non ebbero alcun obbligo di accumulare Crediti Formativi Permanenti … eppure, a differenza dei loro omologhi contemporanei (spesso cialtroni venditori di fumo), sono quelli che hanno fatto la vera storia dell’architettura!
Nella sua autobiografia, il grandissimo Armando Brasini scriveva: «Adolescente, dopo aver frequentato la scuola elementare, poiché dimostravo un forte inclinazione per il disegno, il mio genitore mi occupò in una officina di incisore, ove però rimasi pochissimo; di mia iniziativa, andai poi a lavorare come garzoncello presso pittori di decorazioni, accanto ai quali, cominciai ad apprendere i primi elementi del disegno; contemporaneamente frequentai la scuola serale. Vista questa mia spiccata tendenza artistica, mio padre, pur sottoponendosi a sacrifici non lievi, volle che frequentassi l’Istituto di Belle Arti, che seguì di malavoglia. A causa di quella naturale insofferenza che mi dominava, presto l’abbandonai. Nel contempo avevo cominciato ad apprezzare e meditare sui grandi capolavori dell’arte italiana, ammiravo Roma, e compresi che solo Roma mi poteva essere maestra.»
A quell’epoca, evidentemente, l’architettura si fondava su argomentazioni ben più serie e profonde che non quelle dei cialtroni burocrati di oggi … e i risultati si possono misurare da parte di chiunque abbia un minimo di senso estetico e di onestà intellettuale, libera dall’ideologia!
A tal proposito, senza dover andare nuovamente a scomodare Vitruvio e Alberti riguardo a quello che dovrebbe essere l’architettura e la professione dell’architetto, basterebbe ricordare il pensiero di due personaggi, molto più recenti, i quali moltissimo hanno dato a quest’arte e, ovviamente, alla cultura.
Jože Plečnik per esempio, che a proposito del dovere morale dell’architetto ammonì:
«L’architetto, al suo più alto grado, ha il compito di attestare il ben-fondato. Questo vuol dire che, al proprio livello, l’architetto deve imporre a sé stesso il compito di presentarsi come lo spirito che dà fondamento al bene, perché il bene e il bello si co-destinano: in vista di questo progetto, di cui l’architetto è l’elemento ordinatore, deve saper fare cooperare l’insieme più ampio possibile delle attività artigianali. La missione architettonica – ma anche armonica – dell’architetto consiste nel mantenere la dignità operativa di tutti gli stati socio-corporativi che partecipano all’atto di costruire e che sono minacciati dall’industria.
Arti e Tecniche si fondono una nell’altra solo quando l’architetto ne assicura la vicinanza e l’articolazione; la tradizione dell’artigianato e delle corporazioni – fabbri, intagliatori in pietra, incisori, ceramisti, stuccatori, carpentieri, parquettisti – può mantenersi quindi solo all’interno dell’armonia complessa e diversificata dell’opera architettonica, nel rifiuto della modernità rappresentata dal “principio dell’economia”, distruttore dell’arte nella sua stessa essenza.
L’opera architettonica deve essere espressione di questa completezza risolta. Interamente disegnata, formata, costruita operata, perfino nelle parti non visibili dell’edificio, un microcosmo in cui sono accolti e dotati di forma tutti i materiali che l’universo può offrire.
L’arte è in grado di portare un contributo determinante alla nascita di un mondo migliore»[4].
Mentre Hassan Fathy, molto più recentemente, ha poeticamente chiarito il significato ultimo di una “Bella Architettura”, da molti spesso confuso con la sola funzionalità e/o con la vista che inquadra[5], piuttosto che con la sua immagine, oppure ancora con il suo semplice essere una nuova costruzione.
«io dico che la bella Architettura è un atto di civiltà verso chi entra nell’edificio; si inchina a voi ad ogni angolo, come in un minuetto … ogni costruzione brutta o insensata è un insulto a chi le passa di fronte. Ogni edificio dovrebbe rappresentare un ornamento e un contributo alla propria cultura. Avendo deciso di abbandonare il passato, in quanto irrilevante, sono andati perduti o distrutti elementi di valore incalcolabile. La conoscenza rivelata del saggio è ora sostituita dalla scienza analitica moderna, e la macchina ha rimpiazzato l’abilità della mano artigiana»[6].
Mi appello quindi a tutti i colleghi che, spero, dopo aver letto questo mio sfogo, si sentano indignati come me … Mi rivolgo soprattutto ai giovani senza futuro, e chiedo a tutti di prendere in mano la situazione, ribellandosi a questo sistema marcio.
La nostra categoria, essendo costituita da liberi professionisti, non ha possibilità di scioperare, perché il suo sciopero non causerebbe problemi a nessuno … tuttavia gli architetti hanno la possibilità di rifiutarsi di sottostare ad un sistema del genere … per esempio iniziando con l’evitare di farsi sfruttare all’interno delle società di ingegneria e dei “grandi studi” i quali, senza questo sfruttamento, non riuscirebbero a progettare nemmeno la ristrutturazione di un bagno di casa … è un po’ come quello che accadrebbe alle presunte “grandi aziende”, senza lo sfruttamento in subappalto multiplo di piccole imprese e/o operai a cottimo: senza queste figure molte di quelle aziende non sarebbero in grado nemmeno di cambiare una lampadina!
Una volta inteso questo a livello di pratica professionale, bisognerà agire contro quei cialtroni del CNA, dell’Inarcassa e degli Ordini professionali i quali, piuttosto che tutelare la categoria, l’hanno svenduta per 30 denari all’infamia delle leggi Fornero, Bersani, CFP, ecc.
[1] Ettore Maria Mazzola, “Architettura e Urbanistica – Istruzioni per l’Uso – Salvando l’Architettura è possibile risollevare l’economia italiana / Architecture and Town Planning, Operating Instructions – Saving architecture might save the Italian economy”. Prefazione di Léon Krier. Editrice GANGEMI, Roma, 2006.
[2] http://www.picweb.it/emm/blog/index.php/2017/05/25/scadenza-dei-termini-per-i-crediti-formativi-permanenti-ora-basta-chiediamo-rispetto/
[3] http://nuovavenezia.gelocal.it/venezia/cronaca/2017/09/06/news/ho-fatto-il-ponte-della-costituzione-avanzo-14-milioni-dal-comune-di-venezia-1.15817562
[4] Sergio Polano, Jože Plečnik. Aforismi sull’Architettura, in “Domus”, n°696, luglio-agosto 1988
[5] http://www.picweb.it/emm/blog/index.php/2018/02/17/i-professionisti-dellipocrisia-rigenerazione-riqualificazione-sostenibilita-unimmensa-presa-per-i-fondelli-negli-interessi-della-speculazione/
[6] Hassan Fathy, Construire avec le peuple, Sindbad, Parigi, 1970
Caro Mazzola,
hai scritto esasttamente, virgola su virgola, ciò che penso e dico fin dal lontano 1967, quando fui costretto obbligatoriamente ad iscrivermi alla Cassa di Previdenza la quale, grazie a ripetute modifiche unilaterali alle condizioni di statuto, mi elargisce ora una pensione che è circa la metà di quanto avrei dovuto ricevere in base alle condizioni originarie. Una bella previdenza, non c’è che dire.
Ma, a proposito dei concorsi in cui le modalità di partecipazione sembrano studiate al solo scopo di escludere i non appartenenti alla casta degli autoeletti, voglio riferire un piccolissimo caso personale.
Qualche anno fa in una cittadina italiana si decise di indire un concorso “di idee” per la realizzazione della nuova sede della Regione (sulla effettiva cui necessità non voglio pronunciarmi); il fatto mi interessò molto in quanto lintervento doveva effettuarsi di faccia alla casa in cui sono nato e cresciuto. Non avrei partecipato alla gara, in quanto già intenzionato a ritirarmi dall professione e convinto che il vincitore era, probabilmente, già noto a tutti; ma fui colpito dalle norme di partecipazione che, per un semplice concorso d’idee, prevedevano tutti i requisiti da te elencati……..
Oggi Brunelleschi e Bramante farebbero la fame!
Grazie e saluti
Caro Ettore Fier-Mazzola, hai ragioni da vendere ! A proposito di…mercificazione…Karl Marx battezzò quel processo che descrivi : REIFICAZIONE.