Masochismo culturale di un Paese allo sbando
In questi giorni, su segnalazione di un caro amico e collega, ho avuto modo di conoscere l’esito, catastrofico, del recente concorso internazionale di architettura “Matera, city of culture. A museum for the ancient city“.
Per la visione delle immagini dei progetti vincitori e menzionati rimando al link[1] collegato.
Eppure le premesse non erano male. Il tema del bando si apriva con la citazione di una frase di Carlo Levi, che avrebbe dovuto servire da monito per i partecipanti e, soprattutto, per la commissione giudicante:
«Chiunque veda Matera non può non restarne colpito, tanto è espressiva e toccante la sua dolente bellezza»
Sempre il bando, però, recitava:
«Matera è un luogo unico, primo sito del Sud Italia ad essere nominato patrimonio dell’UNESCO nel 1993. Il paesaggio culturale definisce una città straordinaria, ricordata con l’appellativo di “Città dei Sassi” o “Città Sotterranea” per la presenza dei nuclei abitativi rupestri più antichi al mondo. In questo contesto dal fascino antico, vogliamo immaginare il nuovo Museo della Cultura, un contenitore di tradizioni capace di valorizzare al meglio le istanze storiche che compongono l’identità della città. Sale per l’esposizione dell’artigianato locale e laboratori didattici costituiranno un tramite tra i visitatori e la popolazione per innestare sinergie nuove. Il Museo per Matera dovrà porsi quale elemento di connessione tra la tradizione del passato e istanze di stampo contemporaneo»
Va da sé che, guardando le immagini e leggendo le relazioni dei progetti vincitori e menzionati, non vi sia nulla di cui meravigliarsi se la totalità dei progettisti possano aver tenuto in considerazione solo ed esclusivamente le parole che ho riportato in grassetto…
Tutti i progetti mostrano una sinistra somiglianza tra loro e, ovviamente, con il peggio della produzione internazionale; tutti risultano squallidamente autoreferenziali ed irrispettosi dei luoghi, nonostante le consuete menzogne e abusi terminologici riportati nelle relazioni allegate …
Appare quanto meno patetico che quei professionisti non si rendano minimamente conto che quell’ostentata autoreferenzialità non gli appartenga, perché figlia di una patetica uniformizzazione al modo di fare architettura delle presunte “archistars” …
Del resto, quando un bando mette come conditio sine qua non la necessità di “istanze di stampo contemporaneo”, cosa mai potrebbe pretendere una comunità che gradirebbe vedere rispettata la propria tradizione? Gabriel García Márquez la avrebbe definita una “Cronaca di una morte annunciata”.
A mio modesto avviso questo concorso è una vera e propria “occasione perduta”. Poteva infatti essere l’occasione per ribadire il perché Matera sia stata riconosciuta “Capitale Europea della Cultura 2019[2]” …
«La giuria ha analizzato l’intenzione di incrementare il settore turistico portando le presenze annuali da 200.000 a 600.000, e le possibili ricadute sul fragile ecosistema della regione. La giuria ha ricevuto rassicurazioni con riferimento a ricerche che hanno dimostrato la sostenibilità di tali numeri».
C’è davvero qualcuno che creda possa esserci un interessamento da parte dei turisti per gli scempi proposti, piuttosto che del carattere unico offerto dalla “città dei Sassi”?
Il turista medio si mette in viaggio ed affronta ingenti spese per visitare un luogo “unico”, e non di certo un luogo caratterizzato dalla presenza irrispettosa di porcherie edilizie che potrebbe vedere ovunque nel mondo! …
Ma questi discorsi, oggi, risultano difficilmente praticabili: viviamo un’era generalmente caratterizzata dalla manipolazione dell’informazione … ma soprattutto un’era in cui vige un dominio intellettualoide e masochista. Chi si erge a cultore e critico della materia, così come la stragrande maggioranza dei docenti si architettura, vivendo un ingiustificabile “complesso d’inferiorità culturale”, ritiene di dover rivendicare la propria cultura tramite la scopiazzatura del peggio della produzione artistico-architettonica mondiale, piuttosto che attraverso la difesa delle proprie origini e tradizioni … sicché la gente comune viene costretta a subire decisioni ideologiche che, non solo non le appartengono, ma che addirittura ne minano il senso di appartenenza.
Ma davvero organizzatori, giudici e partecipanti pensano che, con gli aborti architettonici prodotti da questo concorso, Matera troverà giovamento? Provate a pensare cosa diverrebbe Matera se, partendo dallo scempio che ha vinto il concorso, quel linguaggio si diffondesse come un morbo incurabile a tutta la città … chi mai potrebbe risultare più interessato a visitare la “Città dei Sassi”?
Per chiarire meglio il mio dubbio vi riporto un esempio pratico. La scorsa estate ho visitato Santiago di Compostela, una città meravigliosa che, grazie ai fondi europei, è stata interamente restaurata e resa a dimensione umana. La città presenta una coerenza architettonica invidiabile … tuttavia, passeggiando per il centro storico, mi sono imbattuto in una sola nota stonata: un edificio di una bruttezza unica che, ogni volta che mi è capitato di passarci accanto, ho trovato vuoto ed ignorato dalle migliaia di turisti che invadevano la città.
Non conoscendolo, né soprattutto sapendo chi ne fosse l’autore, ho deciso di scrivere un post ironico su Facebook. Nell’arco di pochissimo tempo ho ricevuto una miriade di commenti che confermavano i miei dubbi sulla necessità di violentare il mirabile carattere architettonico … ma, ovviamente, ne ho ricevuto anche uno opposto – ovviamente scritto da un architetto cresciuto a pane e modernismo – il quale ha pensato bene di offendermi pesantemente per non conoscere il “meraviglioso” Museo di Arte Contemporanea[3] e, soprattutto per aver messo in discussione la bravura del suo autore, Álvaro Siza.
Ebbene, quell’orripilante e costosissimo progetto brutalista è un vero e proprio pugnale inferto nel cuore della città, accanto allo splendido Monastero e Giardino di San Domenico. Quell’obbrobrio, sebbene sembri impossibile poterlo raccontare, è stato un fallimento totale (anche economico data la scarsità dei visitatori). Nonostante tutto viene considerato come un modello da seguire … evidentemente in un mondo di idioti, più si sbaglia, più si fanno proseliti!
Ai patetici sostenitori della Crociata Modernista in Italia che ritengono indispensabile inserire nei bandi di concorso parole che istigano alla “mancanza di rispetto in nome dello zeitgeist” suggerisco di rileggere ciò che scrisse Maria Ponti Pasolini all’inizio del ‘900, riguardo al problema – tutto italiano – del rispetto della tradizione:
«Noi in Italia più che altrove, ci crediamo intralciati dalla tradizione, la quale, per quanto gloriosa, pesa a molti come una cappa di piombo: la tradizione può essere, come il Manzoni disse dell’errore, un ostacolo contro il quale inciampa chi va alla cieca, ma per chi alza il piede diventa gradino»[4]
Ignorando questa riflessione illuminata, i nostri architetti, i nostri soprintendenti e ministri preferiscono “procedere alla cieca”, facendo sì che il nostro Paese, un tempo culla della cultura, venga gradualmente “colonizzato culturalmente”, sì da uniformarsi a certi modelli privi di qualsivoglia cultura.
La mia, si badi, non è una crociata fondamentalista del classicismo, né tantomeno un eccesso di nazionalismo, ma semplicemente un richiamo al rispetto di quello che siamo stati e potremmo continuare ad essere. In tutto il mondo infatti, tranne che da noi, il rispetto del carattere dei luoghi non trova barriere ideologiche. Eppure nemmeno da noi esisterebbero leggi che vietino di intervenire in maniera rispettosa dei luoghi e delle tradizioni locali … ad eccezione delle “Istruzioni per il Restauro dei Monumenti” emanate dal regime fascista italiano nel 1938, il cui punto 8 recitava:
«per ovvie ragioni di dignità storica e per la necessaria chiarezza della coscienza artistica attuale, è assolutamente proibita, anche in zone non aventi interesse monumentale o paesistico, la costruzione di edifici in “stili” antichi, rappresentando essi una doppia falsificazione, nei riguardi dell’antica e della recente storia dell’arte»[5].
[1] https://www.instaura.it/restaura-km0/articles/413/-matera-city-of-culture-a-museum-for-the-ancient-city-results-i-risultati/
[2] https://www.matera-basilicata2019.it/it/mt2019/perche-abbiamo-vinto.html
[3] http://www.santiago-de-compostela.it/web/it/santiago-de-compostela/arte_gallego_contemporaneo.html
[4] Maria Ponti Pasolini, Il Giardino Italiano, E. Loesher & C., Roma, 1915, pag. 4.
[5] In materia di “Falso Storico” rimando al mio saggio “falso storico? … Tutto falso!” in Como, la Modernità della tradizione, di Samir Younés ed Ettore Maria Mazzola, Gangemi Edizioni, Roma 2003, pagg. 33 – 47
Anche se da architetto posso comprendere le motivazioni che hanno spinto i vincitori a formulare quella proposta progettuale, non posso concordare su come sia stata sviluppata.
Il progetto appare avulso da ogni contesto e privo di ogni logica compositiva che non lo lega, in alcun modo, con quanto presente sul territorio.
Non mi pronuncio sulla scelta dei materiali e tecniche costruttive, mia prerogativa, perchè è apparentemente chiaro che sia l’ennesima colata di cemento, anche se dalla relazione non si può evincere.
Mi auguro, come spesso accade, che in fase di realizzazione, ci possa essere qualche variante a beneficio dell’integrazione ambientale, ma nutro forti dubbi in proposito.
Dico la mia controfirmando il tuo articolo. Ne uccide più la “cultura” che la spada……
Claudio