Cara sindaca Raggi,
ho letto la Sua proposta odierna, non dissimile da quella venuta fuori all’epoca della giunta Marino quando un assessore “buontempone” pensò anche di vendere i sanpietrini come gadget turistici … a quell’epoca, scrissi un post sul blog Simmetria[1] che venne poi ripreso da giornali come Voce Romana e molti altri blog dove i romani indignati tuonarono contro questa proposta indecente!
Ebbene, come dice Lei – riprendendo gli slogan già usati nel 2012 – “I sanpietrini sono un simbolo di Roma. Caratterizzano le strade del centro storico e quindi sono parte integrante di un patrimonio unico al mondo” e, come tali, impossibili da rimuovere, specie dalle parti più simboliche della città!
Se qualcuno dei suoi assessori e consiglieri vuol farLe credere che il problema delle buche di Roma siano i sanpietrini, dica pure loro di andare a vedere ciò che accade in altre realtà del mondo, dove delle pavimentazioni analoghe ai nostri sanpietrini vengono regolarmente utilizzate per strade dove il traffico, anche pesante, si svolge senza problemi[2].
Come ho avuto modo di raccontare in occasione della vergognosa menzogna dell’ultima tappa del Giro d’Italia[3] infatti, se le superfici stradali romane cedono, il problema non è da ricercarsi in superficie ma, molto più sicuramente, nel sottosuolo, dove una cattiva preparazione del sottofondo e, soprattutto, il cedimento delle condotte fognarie – spesso attribuibile ai cialtroni che scavano per installare reti elettriche, del gas, telefoniche ecc. senza documentarsi sulle preesistenze e creando rotture e smottamenti per poi richiudere e lasciare che il problema si manifesti di lì a qualche mese – fanno sì che le strade presentino asperità ed avvallamenti spesso pericolosi per pedoni e motociclisti!
Se gli stessi consiglieri ed assessori vogliono farLe credere che il costo di manutenzione di una pavimentazione di sanpietrini risulti superiore a quello dell’asfalto, faccia notare loro che, nel caso di un intervento “a regola d’arte” su di una superficie in sanpietrini, basta intervenire sui pochi metri quadrati necessari, richiudendo in tutto in maniera invisibile. Diversamente, se si interviene “a regola d’arte” su di una strada asfaltata, ergo non con “toppe a freddo” che saltano dopo un giorno, né, per ragioni di decoro, con “toppe” di asfalto a caldo che lasciano la superficie a chiazze di colorazione e fattura differenti, occorre intervenire su tutta la sede stradale con costi spropositati!
… Inutile ricordare a lei ed ai suoi consiglieri ed assessori le problematiche ambientali di una superficie impermeabile e di una impermeabile o quelle relative all’assorbimento di calore dell’asfalto rispetto alla pietra.
Il suo messaggio odierno recita:
«I sanpietrini sono un simbolo di Roma. Caratterizzano le strade del centro storico e quindi sono parte integrante di un patrimonio unico al mondo.
Ma vogliamo valutare la possibilità di toglierli dalle vie ad alta percorrenza, per le quali i costi di manutenzione sono molto elevati e dove sono più frequenti i danneggiamenti del manto stradale.
Su questa ipotesi vogliamo aprire un grande dibattito pubblico. Ce lo chiedono i cittadini.
Per questo motivo ho scritto una lettera alla Sovrintendenza ai Beni culturali del Campidoglio e alla Soprintendenza statale, per chiedere l’apertura di un tavolo che studi tempi e modalità per un eventuale eliminazione della pavimentazione in sampietrini da alcune strade: penso a piazza Venezia, via IV Novembre, via Nazionale, via di San Gregorio, via dei Cerchi, viale Aventino; ma anche ad altri punti che si trovano al di fuori del perimetro del centro storico, come Porta Maggiore, via Crescenzio e viale Somalia.
I sanpietrini rimarrebbero nei vicoli e nelle piazze del centro, o verrebbero utilizzati nelle isole pedonali in periferia, anche in quelle che attualmente non prevedono tale tipo di pavimentazione.
Questa operazione, ribadisco, consentirebbe di evitare costi elevati di manutenzione e di mantenere le strade in uno stato più adatto alla circolazione di auto e moto.
Ma deve essere chiaro che il “sercio”, come lo chiamiamo a Roma, è uno dei simboli della città. E vogliamo che continui a impreziosire i suoi angoli più belli».
Ebbene, premesso quanto detto, per par-condicio, rivolgo a Lei ed alla Sua giunta quanto ebbi modo di scrivere nell’editoriale n°49/2014 di Simmetria.org intitolato “Decoro urbano, questo sconosciuto” indirizzato all’ex sindaco Marino nel 2014:
Sulla polemica per la proposta di rimozione e vendita dei sanpietrini romani
Un paio di anni fa, era il 19 dicembre 2012, a Villa Altieri di Roma si inaugurava una mostra della pittrice Solveig Cogliani intitolata “Sanpietrini e tetti”, il cui scopo era quello di testimoniare il fatto che, al pari dei tetti, anche i “serci” sono parte della tradizione, della storia e della cultura di Roma!
È probabile che, data la qualità delle “pitture” dell’artista, la cosa possa esser stata fraintesa alla grande da parte dell’attuale amministrazione del Comune di Roma. È infatti probabile che, piuttosto che far riflettere sulla necessità di proteggere e valorizzare uno degli elementi più caratteristici della tradizione romana, le “croste” dell’artista siano state viste come un’esigenza di asfaltare, rigorosamente a chiazze, le pavimentazioni romane!
In questi giorni infatti, sta divampando la polemica sull’assurda proposta del Comune di Roma, in particolare dell’assessore ai LL.PP. Maurizio Pucci di “fare cassa” mettendo in vendita i sanpietrini romani. Le sue affermazioni sono davvero di un’ignoranza disarmante:
«I sanpietrini hanno un mercato fiorente, sia italiano sia internazionale. Li daremo alle imprese, sono un valore”
“Lo storico sampietrino, con tanto di targa e certificato di garanzia, è già presente in numerosi scaffali di alcuni negozi della Capitale e non solo. Con qualche decina di euro è possibile portarsi a casa un originale cubo in selce venduto come oggetto di design in versioni differenti, dalla lampada al salvadanaio. Il tutto con l’autorizzazione di Roma Capitale”.
“la sutura tra un sanpietrino e l’altro produce polvere che crea inquinamento, danneggia i monumenti».
Sorvolando sull’ignoranza della prima e della seconda affermazione – figlie della cultura del consumismo “usa e getta” – e sul feticismo della terza, c’è da rimanere di sasso … è il caso di dirlo! È davvero una vergognosa menzogna quella che vedrebbe i materiali naturali e le tecniche tradizionali come veicolo d’inquinamento. Una vera vergogna sulla quale tornerò più avanti!
… Probabilmente, geloso dell’(in)successo del suo assessore, anche il sindaco Marino ha sentito l’esigenza di far sentire la sua “colta” opinione, fornendo notizie incorrette, se non addirittura manipolate, chiaramente miranti ad ottenere l’obiettivo previsto:
“[…] Vogliamo mettere del catrame moderno, innovativo, miscelato con il pulviscolo di pneumatici usati, per avere maggiore aderenza, maggiore sicurezza per moto e motorini e una diminuzione significativa dell’inquinamento acustico”.
Ebbene, questi “signori” in Campidoglio, prima di manipolare le informazioni al fine di ottenere gli obiettivi che si sono prefissati, dovrebbero riflettere su molte cose e, soprattutto, cercare di essere più onesti ed obiettivi.
A Pucci – il quale afferma che “la sutura tra un sanpietrino e l’altro produce polvere che crea inquinamento, danneggia i monumenti” – verrebbe da chiedere una dimostrazione scientifica delle sue inqualificabili affermazioni. Soprattutto verrebbe da chiedere di dimostrarci la cosa mettendo a confronto i “suoi” dati sul presunto inquinamento prodotto dai sanpietrini, con quelli che deriverebbero dalla proposta di Marino di utilizzare “catrame moderno, innovativo, miscelato con il pulviscolo di pneumatici usati”.
Per quanto è dato sapere, i blocchetti di leucitite o di basalto non sono soggetti ad abrasione, mentre l’asfalto lo è eccome! Inoltre, mentre i sanpietrini e la sabbia sono materiali naturali e non tossici, l’asfalto, il bitume, il catrame e il “pulviscolo di pneumatici usati” – sbandierato da Marino & co. – risultano altamente cancerogeni e mutageni!!
Gli effetti negativi sulla salute provocati dai fumi di asfalto infatti, come ricorda la “campagna informativa per la prevenzione dei tumori nei luoghi di lavoro” promossa dall’ISPESL, sembrano per lo più legati alla “presenza degli IPA ed alle loro note proprietà mutagene e cancerogene; in particolare, gli analoghi solforati degli IPA potrebbero essere i composti maggiormente genotossici nei fumi di asfalto”.
A questo rischio cancerogeno, bisognerebbe aggiungere quello dell’asbestosi derivante dall’eventuale utilizzo del “pulviscolo di pneumatici usati” sbandierato da Marino!
È noto a tutti che nelle mescole degli pneumatici (almeno in passato) si è sempre usato l’amianto, tant’è che, a febbraio 2012, una nota casa produttrice venne processata in quel di Torino. Ebbene, considerato ciò che accade con le ecomafie e gli speculatori dell’edilizia, non v’è alcuna garanzia che gli pneumatici da cui verrebbe prodotto quel “pulviscolo”, tanto amato da Marino, risultino esenti da tracce di asbesto e, comunque, le gomme utilizzate per gli pneumatici sono comunque altamente tossiche, sebbene per interessi delle multinazionali i dati vengano nascosti alla comunità!
Detto questo, vorrei altresì ricordare a lor signori in Campidoglio che, mentre un pavimento naturale risulta salutare al sottosuolo, e conseguentemente all’ambiente, l’asfalto, il catrame, il bitume, non lo sono affatto! Una delle ragioni del cambiamento climatico è anche l’eccessiva “pavimentazione” della crosta terrestre[4] per cui dovremmo tendere a rendere quanto più permeabili possibili le nostre città, già iper-cementificate, piuttosto che continuare a devastare l’ambiente!
A chi denunci la poca resistenza delle strade romane vorrei ricordare che, se ci sono cedimenti del manto stradale, essi non sono attribuibili solo al traffico di superficie ma, spesso, al cedimento delle antiche condotte fognarie le quali, oltre a non venir mai controllate e manutenute da parte del Comune – se non quando si verifichino grandi problemi – spesso risultano oggetto di danneggiamento da parte di chi faccia interventi alle reti elettriche, telefoniche e del gas, fregandosene bellamente della fragilità delle condotte “a cappuccina”, che caratterizzano una gran parte delle fogne “storiche”, così come delle radici degli alberi!
Detto questo, vorrei fare un po’ di riflessioni ad alta voce.
Roma è stata il set cinematografico del film “La Grande Bellezza” premiato con l’Oscar; un film con una fotografia splendida (a mio avviso molto meglio del film in sé) che ritraeva Roma più bella di quanto non lo sia nella realtà! Quella fotografia, infatti, si è guardata molto bene dal ritrarre Roma per quello che è divenuta “grazie” a decenni di disinteresse per il bene e il bello condiviso!
Roma è la città che, a livello planetario, possiede la più alta concentrazione di beni patrimonio dell’umanità, tuttavia, forse a causa di questa abbondanza, è anche la città dove quel patrimonio risulta svilito dallo squallore del suo contorno, piuttosto che incorniciato opportunamente!
Roma è infatti la città che, specie negli ultimi 20 anni, è stata amministrata da una massa di cialtroni per i quali tutto è stato dato per scontato, incluso l’interesse dei turisti e il grado di soddisfazione dei cittadini e rispetto di questi ultimi per la cosa pubblica!
Nessuno degli ultimi amministratori infatti si è posto il problema del valorizzare realmente la città, i suoi monumenti e le sue tradizioni. Personaggi radical-chic come Rutelli, Veltroni e Marino, o squallidi individui come Alemanno, hanno preferito concentrarsi sulla inutile, ignorante e deleteria “modernizzazione” di Roma, piuttosto che sulla valorizzazione dei suoi beni, questi “signori” hanno preferito concentrarsi sulle privatizzazioni di beni e servizi, piuttosto che sulle municipalizzazioni e sul supporto all’economia e artigianato locali. In questa loro ignorantissima corsa al “moderno”, questi “signori” non si sono accorti che la Roma che interessa ai flussi turistici e quella rispettose dei suoi cittadini stava perendo.
Ecco quindi che Roma, la città che vanta il più alto numero di beni culturali, è anche la città che possiede le strade e i marciapiedi più schifosi del pianeta. E non mi riferisco solo all’inciviltà di chi lasci l’immondizia e le deiezioni canine per strada, ma anche e soprattutto al modo in cui strade e marciapiedi risultano pavimentati: un orrendo manto di asfalto pieno di rattoppi atti a ricordare l’immane numero di costosi, quanto inutili, interventi di manutenzione.
Per contro all’estero non c’è città mostri un abominio simile! Anche nelle periferie delle grandi città i marciapiedi vengono lastricati e/o mattonati, mentre le strade risultano spesso pavimentate con lastre di pietra di vario genere … il risultato che ne consegue è che, nonostante la penuria di beni patrimonio dell’umanità, passeggiare su quelle strade risulti più piacevole e sicuro (per scarpe e caviglie) che passeggiare per le strade di Roma, sicché accade che, nemmeno nelle aree periferiche, si incontrino cumuli di immondizia e cacche di cane … come mai???
La domanda è retorica, visto che sin dai primi anni del secolo scorso si era scientificamente dimostrato come l’estetica svolgesse un ruolo educativo a livello comportamentale degli individui.
Nel 1918 infatti, dopo che grazie all’opera del Comitato per il Miglioramento Economico e Morale di Testaccio ed alla conseguente realizzazione degli edifici di Magni e Pirani, erano cessate le violenze dei residenti verso gli edifici ed era drasticamente cambiata la qualità della vita nel quartiere, il Presidente dell’Istituto Romano Case Popolari, Malgadi, nel testo “Il nuovo gruppo di case al Testaccio” affermò:
«Parlare di arte in tema di case popolari può sembrare per lo meno esagerato; ma non si può certo negare l’utilità di cercare nella decorazione della casa popolare, sia pure con la semplicità imposta dalla ragione economica, il raggiungimento di un qualche effetto che la faccia apparire, anche agli occhi del modesto operaio, qualche cosa di diverso dalla vecchia ed opprimente casa che egli abitava […] Una casa popolare che, insieme ad una buona distribuzione degli appartamenti unisca un bello aspetto esteriore, è preferita ad un’altra […]e dove questo vi è si nota una maggior cura da parte degli inquilini nella buona tenuta del loro alloggio e in tutto ciò che è comune con gli alloggi del medesimo quartiere […] Una casa che piace si tiene con maggiore riguardo, ciò vuol dire che esercita anche una funzione educativa in chi la abita»
All’indomani di quel successo lo slogan dell’Istituto per le Case Popolari divenne “la casa sana ed educatrice!!”
Perché non accorgersi allora che la stessa cosa possa valere per gli spazi comuni della città?
Come può quindi risultare accettabile che l’amministrazione Marino promuova – usando argomentazioni indegne – delle orrende pavimentazioni realizzate con materiali cancerogeni, piuttosto che proporre delle superfici esteticamente rispettose dei cittadini e dei monumenti che, grazie al loro aspetto, riuscirebbero perfino a stimolare il senso del rispetto della cosa pubblica in quei cittadini ignoranti che lasciano per terra i prodotti dei loro cani?
Un pavimento d’asfalto davanti ad un monumento e/o un bel palazzo è come una cornice di neon intorno alla Gioconda … ma mi sa che questa metafora possa risultare pericolosa se rivolta a degli ignorantissimi politici radical-chic sostenitori delle “contaminazioni” artistiche piuttosto che della tutela dei propri beni!
Un’ultima menzione va fatta, ed è quella relativa al grido d’allarme dei «selciaroli», gli storici posatori di sanpietrini. Questi artigiani, ormai in via di estinzione, hanno lanciato una petizione per chiedere al Campidoglio l’apertura di un tavolo di discussione delle «problematiche e soluzioni legate alla pietra il cui nome viene fatto risalire al Cinquecento, quando venne utilizzata per la prima volta per la pavimentazione di piazza San Pietro». Secondo la Presidentessa dell’associazione, Ilaria Giacobbi, «invece di rimuovere i sampietrini bisognerebbe valorizzare il lavoro del posatore, che ormai sta scomparendo ed è un patrimonio indiscutibile della Capitale dal punto di vista artistico ed archeologico».
Cara sindaca, mi auguro davvero che Lei dia ascolto a queste parole, valide per Marino come che per Lei. Se ha intenzione di portare pavimenti lapidei in periferia, la cittadinanza Le sarà grata … ma se intende farlo rimuovendo e riutilizzando i sanpietrini del centro storico sappia che, chiunque ami la città invocherà a gran voce di mettere i responsabili di questa scellerata scelta “dietro una grata”!
[1] http://www.simmetria.org/simmetrianew/contenuti/editoriali-mainmenu-309/874-decoro-urbano-questosconosciuto-di-emmazzola-editoriale-n49.html
[2] http://www.picweb.it/emm/blog/index.php/2017/10/24/marciapiedi-piazze-e-strade-roma-meriterebbe-un-maggior-senso-del-decoro/
[3] http://www.picweb.it/emm/blog/index.php/2018/05/29/giro-ditalia-buche-e-politica-dopata/
[4] cfr. https://www2.ucar.edu/atmosnews/news/4701/paved-surfaces-can-foster-build-polluted-air
Bravo Ettore! Questa e’ cultura. Grazie sempre. Raccogli le firme e mandale al Comune.
grazie caro Roberto,
un commento del genere, da parte tua, mi onora immensamente!
Non si puo pensare di cancellare la storia …interventi risolutivi vanno fatti nel rispetto della storia del nostro patrimonio culturale..anche i sampietrini testimoniano la storia e le ateniche architettoniche e ingegneristiche e la bellezza del nostro antico paese…..
Come al solito, la parola “moderno” viene adoperata come l’Apriti Sesamo! di Alì Babà per far spalancare le bocche degli italioti decerebrati da settant’anni di bombardamento culturale a base di cinema, canzonette, TV eccetera,,,,,,,,
Sapesse la Sindaca…quanto so’ duri a morì li sampietrini ! Se je ne casca inavvertitamente uno ‘n testa forse lo capisce. Poi ce sarebbe la questione dell’alberi, dei pini romani…pure quelli so’ tosti !
Ma come dobbiamo fare ? È stata votata in massa un’amministrazione nuova e alternativa a quelle dei precedenti 15/20 anni, nella speranza che almeno non facesse scelte della stessa natura dolosa. Ci ritroviamo spesso con le medesime castronerie, sovente sotto traccia con le stesse persone e agenti provocatori assurti a consigliori quando non consulenti; quando va bene siamo in presenza di soggetti istituzionali incapaci di decidere pure le mutande da mettersi addosso, sovente preda della loro totale ignoranza nella materia che dovrebbero amministrare. Forse verrà pure accertato che è sopravvissuta in buona salute fra gli amministratori capitolini, l’inclinazione alla condiscendenza verso chi si mostra gentile di portafoglio in cambio delle spoglie del pubblico interesse. Viene il sospetto che tanto valeva tenersi quel manipolo di ciarlatani senza fare tutta’sta fatica ! Ma la vendetta è un piatto che si consuma freddo e, soprattutto, è terapeutica, lenitiva, taumaturgica, salvifica, tutto il contrario del rancore.
Dimenticavo…al tempo di Marino, solo il PD romano poteva avere l’improntitudine di nominare assessore ai lavori pubblici un soggetto sgradevole e incline a pratiche rischiose oltreché totalmente a digiuno della materia che sovrintendeva, come M. Pucci. Ma, visti i tempi, c’è da pensare che il peggio non è mai morto.