Questa mattina, aprendo Facebook, ho letto la Sua invettiva contro chi abbia osato rimanere perplesso delle Sue convinzioni mecenatesche riguardo l’arch. Giavazzi e la sua assurda proposta per ricostruire il viadotto crollato a Genova.
Comprendo che Lei, Ministro Toninelli, nel vano tentativo di far credere di essere stato frainteso, abbia voluto chiarire sulla Sua bacheca alcuni punti.
Comprendo meno che Lei possa aver scritto:
«Qualche ignorante ancora discute la mia affermazione circa la possibilità di costruire un ponte multilivello e multifunzione. Si tratta di gente che non capisce come una grande opera possa condurre a riqualificare, a ridisegnare, a ripensare la vocazione di un’intera area, trasformando magari in luoghi da vivere e da fruire anche quei ‘non luoghi’ che oggi spesso vediamo essere le aree sotto i ponti, ricettacolo per lo più di degrado.
Non voglio sponsorizzare progetti specifici su Genova di cui pure molto si è parlato e che mi hanno colpito per la loro sostenibilità, bellezza, tecnologia e intelligenza. Voglio solo far notare che ripensare le opere pubbliche significa abbattere il più possibile il loro impatto ambientale e anche incastonarle al meglio nei contesti in cui sorgono, conferendo magari valore aggiunto a quegli stessi contesti.
Un luogo di mero transito può così diventare un luogo di vita. Animato e funzionale.
Solo chi è rimasto fermo a 50 anni fa non lo capisce.
Peraltro non serve nemmeno guardare troppo al futuro. Basta pensare al Ponte di Galata a Istanbul: un passaggio urbano di circa 500 metri, nato negli anni Novanta, sotto cui c’è una animata galleria commerciale e tantissimi ristoranti. Ebbene sì, ecco un ponte sotto il quale da anni si passeggia, si socializza. E si mangia. Cosa c’è di strano?
Nel frattempo, dalle parti della evoluta Stoccolma[1], da tempo si progettano infrastrutture così».
Ebbene, se non ha avuto modo di leggere gli oltre 4300 commenti – alcuni dei quali pesantissimi – fioccati da subito come la neve sul Monte Bianco a gennaio, prima di esprimerLe il mio parere personale, gliene riporto tre.
Per esempio, tale Matteo Conti Le ha scritto:
«Danilo Toninelli caro ministro, l’idea è al quanto affascinante e le dico anche che non è nuova. Mi dispiace solo dirle che tale idea applicata al tipo di insediamento urbano è impraticabile e soprattutto difficile da contestualizzare (lo insegnano al primo anno di università). C’è qualcuno che cita, ponte vecchio, ponte rialto ecc. ora prendete questi ponti “passaggi pedonali” (costruiti, contestualizzati in un certo tipo di spazio e periodo storico e soprattutto uso) e proiettateli nel contesto genovese. Risultato: non c’entra una mazza. Intanto parliamo di un ponte di circa 1.182 metri; con uno diverso da quelli che lei cita. Ricordo che bisogna costruire un’infrastruttura strategica per il collegamento viabilistico fra il nord Italia e il sud della Francia, oltre al principale asse stradale fra il centro-levante di Genova, il porto container di Voltri-Pra’, l’aeroporto Cristoforo Colombo e le aree industriali della zona genovese. Inoltre ricordo che l’area di interesse ha delle problematiche rilevati, difficoltà soprattutto nel superare i due grandi parchi ferroviari, il fiume e le aree urbanizzate. Ecc. ecc. ecc. Ora io ho discusso la sua affermazione, gentilmente discuta la mia».
Mentre un tal Vittorio Vb Bertola Le ha lasciato il seguente messaggio:
«Cacchio Toninelli, prima avevo il dubbio che fossi un pirla, poi hai aperto bocca e hai tolto ogni dubbio. Il ponte di Galata, a livello del mare nel centro storico di Istanbul, è proprio la stessa cosa di un ponte autostradale a cinquanta metri d’altezza sopra una zona industriale, sì sì. Chi non si farebbe a piedi dal centro di Genova due chilometri di autostrada (gallerie comprese) per andare a “mangiare e giocare” sospeso a quaranta metri d’altezza tra un’autostrada con i TIR che sfrecciano e un’acciaieria che emette fumi acidi? E’ proprio un’idea geniale».
E poi ancora Benedetta Massa che, da genovese giustamente molto piccata ha voluto farLe notare:
«Il Ponte Galata di Istanbul collega la città vecchia con la nuova e non è un ponte autostradale. Noi Genovesi vogliamo un ponte autostradale, punto. Il Luna Park non ci interessa. Quindi di che cosa stiamo parlando».
Ebbene, appare chiaro che Lei, da Ministro, abbia perso un’occasione per mostrare di stare dalla parte del Paese e dei genovesi, ammettendo di aver preso una cantonata, piuttosto che credere di poter offendere chi la pensi diversamente da Lei e dal Suo novello “Antonio Da Ponte” … se non sapesse chi fosse l’originale, si tratta progettista del Ponte di Rialto a Venezia.
Ritenendomi offeso dalla Sua accusa di “ignoranza” – sebbene il mio sentimento di persona offesa non possa minimamente paragonarsi a quello dei genovesi – credo legittimo che lei risponda ad alcune domande che, “da architetto, urbanista e docente universitario ignorante” voglio porLe:
- Lei davvero crede al valore ambientale degli alberi piantati su lastre di cemento piuttosto che sul terreno, che non portano alcun beneficio alla falda freatica e necessitano di fitofertilizzanti?
- Lei davvero vorrebbe far credere che vivrebbe volentieri all’interno di case vibranti coperte da strade e ferrovie? … O forse crede che in quel genere di case debbano semplicemente parcheggiarsi le persone bisognose di un alloggio solo perché non possono permettersi una casa come gli altri esseri umani?
- Lei che tanto inneggia alla “bellezza, sostenibilità, tecnologia e intelligenza” della proposta, davvero ritiene le strutture proposte da Giavazzi (neanche un orbo può non rendersi conto che si tratti chiaramente di un “progetto per nessun luogo”, opportunamente ritirato fuori dal cassetto approfittando della tragedia genovese) possa realizzarsi per ricostruire il Ponte Morandi, sebbene le strutture non risultino compatibili col contesto e sebbene le sezioni stradali non abbiano nulla a che fare con le porzioni rimanenti della A10 e A7?
- Lei davvero crede che basti usare la parola “sostenibilità” perché la stessa venga messa in atto?
- Lei davvero crede che si possa parlare di “Rigenerazione Urbana” senza proporre nulla di realmente “rigenerante“?
- E poi, lei davvero crede che un ponte basso come quello di Istanbul possa paragonarsi al viadotto di Morandi?
- Lei davvero pensa, come moltissimi architetti in cerca d’autore, che un rendering visibile sul monitor corrisponda realmente a ciò che sarà?
Forse, prima di lanciare invettive come quella in oggetto, sarebbe stato utile fare un bagno di umiltà, ascoltando la gente, piuttosto che limitarsi a dar credito alle farneticazioni di qualcuno in cerca dei 5 minuti di celebrità di Warholiana memoria … sebbene mi debba tristemente rendere conto che, nel suo ambiente, le regole della società dello spettacolo, della fretta e della spettacolarizzazione valgano molto più che le reali esigenze umane!
Che dirLe ancora, io ho votato e sostenuto il Suo partito, quindi voglio chiarirLe che non La sto criticando da sciacallo politico, come quegli squallidi individui che dall’ultima tornata elettorale mettono l’interesse di partito davanti a quello della nazione, tuttavia non posso evitare di criticare le Sue affermazioni e l’arroganza del Suo post che, se non se n’è accorto, rischia di affossare il Movimento, privandolo degli ultimi residui di credibilità rimasti in piedi dopo le vergogne di Tor di Valle a Roma e l’alleanza con la Lega.
Mi permetto quindi di darLe un consiglio: se vuol fare retromarcia sulla Sua sponsorizzazione mecenatesca di Giavazzi va benissimo, non bene … ma lo faccia da persona umile che ascolta ed accetta le critiche, se ben argomentate ovviamente, piuttosto che offendere una città ed un Paese dall’alto del suo scranno!
[1] https://www.dezeen.com/2014/02/04/under-the-bridge-stockholm-visiondivision/
Quei mastodonti multifunzionali, cioè residenziali-commerciali-viabilistici, pensati come ponti addirittura su infrastrutture di grande scorrimento, furono oggetto di molte ipotesi progettuali negli anni ‘70, anche nella facoltà di Architettura di Roma su cui molti studenti si esercitavano anche in sede di tesi de laurea. Il mastodonte è stata una figura retorica molto indagata e di grande richiamo e lo è ancora in tutto il mondo, purtroppo. Da quello che capisco l’ipotesi giavazziana sviluppa un pensiero aggrovigliato, sovraccarico di funzioni e per converso privo di sguardo alle problematiche manutentive ordinarie e straordinarie, comprese quelle derivanti da eventi sismici. Inoltre ormai è chiaro a tutti, dopo decenni di fallimenti, che la tipologia del “mastodonte” polifunzionale è obsoleta, economicamente insostenibile soprattutto nel tempo, inadatta a produrre vita sociale sana, fallimentare nel simulare “una piccola città nella città “ diventando dopo poco un ghetto. Ma da dove viene questa frenesia di vendere parole a buon mercato senza conoscerne il significato in Urbanistica: “non luogo”, “rigenerazione”, “sostenibilità “ ? Il degrado sotto i ponti (luoghi dove non sarebbe sbagliato andassero a vivere molti ciarlatani televisivi) è una partita che si combatte al 95% sul piano socio-economico e sanitario-mentale se ci fosse uno stato sociale, un welfare minimamente decente, non con l’urbanistica, l’architettura, l’ingegneria. Il sottopancia di un ponte non è un “non luogo”, è il sotto di un ponte dove passa la ragione per cui esso è stato costruito e che solo la disperazione può renderlo un posto dove vivere : è quella disperazione che bisogna risolvere, non il sottoponte !
Applausi!!!!!!
Ettore Maria Mazzola condivido.
Di seguito il commento che ho anch’io postato dopo la dichiarazione del Ministro sulla sua pagina FB.
Egregio Ministro Danilo Toninelli, in vari post aperti da molti provocatori per il solo fine e gusto di denigrare ed insolentire ho sostenuto con convinzione che lei volesse riferirsi alla necessità di riqualificare l’area sottostante al ponte.
In sostanza ciò che già aveva sostenuto anche il Sen. Arch. Piano vedendo in positivo che vi fosse condivisione in proposito.
Adesso, leggendo il suo commento sopra, mi accorgo che invece lei volesse alludere proprio alla possibilità di realizzare un ponte diverso, esso stesso vivibile, fruibile dai cittadini genovesi a vari livelli e ciclo pedonale.
Idea affascinante ma, mi lasci dire, assolutamente non compatibile con la pressione di dover ricostruire il ponte prima possibile.
Pressione che imporrebbe a questo punto, dopo un mese e mezzo dal disastroso e tragico crollo, di avere le idee chiarissime su che tipo di ponte ricostruire, su quale asse e di quale sezione stradale, per potersi riallacciare alla viabilità preesistente ed eventualmente predisposto per un adeguamento futuro tecnico funzionale della stessa.
Idea che, come auspicabile, potrebbe essere anche diversa concettualmente da quella espressa dalla cordata Regione, Comune, Aspi, Piano.
Anche perché, avendo del tempo a disposizione, forse, sarebbe ben più importante concettualmente sotto il profilo della integrazione tra infrastrutture e territorio, prioritario e meno impattante, ripensare Il ponte come unico attraversamento della valle del Polcevera sia per la gronda che per l’A10.
Logicamente tutto a mio modesto avviso.
Aggiungo sommessamente un’opinione di natura estetico-formale : più che un mastodonte quello del progetto giavazziano è proprio un catafalco, rispetto al quale la prima tipologia appare leggera e delicata. Cervellotico e arruffone denota una inesistente tensione tra forma e struttura, privo all’inverosimile di dialettica tra forma e struttura, tra pieno e vuoto. Rimandato alla sessione invernale…del 2050 però.
…e poi si pubblicano le foto di due ponti, uno in Turchia e uno in Svezia che affermano apoditticamente il contrario di ciò che vorrebbe intendere il ministro. La vita che s’intravede nel sottotrave del ponte svedese non sta sotto l’arco (bellissimo) del ponte ; sotto il ponte scorre l’acqua non le residenze e le attività produttive di una città, anche perché qualcosa potrebbe sempre cadere giù…qualche suicida, magari ex ministro o un architetto, hai visto mai, è già successo! Infatti l’impalcato della trave, la sua sezione, mi sembra opportunamente molto ampio, e così deve essere. Costi permettendo. L’altro presenta i suoi rischi ma comunque non sovrasta una città…al limite i clienti affogheranno cascando in testa ai pesci e non ai cristiani !
Un rispettoso saluto al nocchiero di questa nave.
Debbo confessare che la proposta Giavazziana , a mio modesto parere, potrebbe riaprire un’ampia discussione accademica , ma solo accademica, sull’uso multifunzionale delle infrastrutture, tema per altro già affrontato da illustri Architetti nel passato . In questa fase invece si avverte la necessità di concretezza ed in quest’ottica il progetto Piano , lungi dal voler ricercare la spettacolarizzazione dell’architettura è un esempio di semplicità e funzionalità. L’eliminazione delle torri e degli stralli evitano ai Genovesi e non di richiamare le “forme del disastro” mentre invece le semplici campate proposte conducono ad un maggior senso di sicurezza e tranquillità.
La proposta di Piano ripropone lo stesso incubo, in forme relativamente aggiornate ma con fragilità strutturali del tutto simili. Mi colpisce la grancassa assordante dei corifei volta a soffocare ogni riflessione seria e professionale sull’opportunità di riproporre un simile modello, in spregio dei rischi rinnovati da una struttura evidentemente esile e, come dimostrato, calcolata in modo approssimativo e in definitiva data in pasto alla società dello spettacolo come se non fosse quasi successo nulla ! The show must ho on ! Il palcoscenico al completo, gli attori in buona forma : il supertecnico compaesano, l’amministratore regionale che tromboneggia, il rappresentante della società privata che se la ride sotto i baffi, l’autore dello spettacolo televisivo che pubblicizza prodotto e azienda e, per ultimo ma non ultimo, il ministro che non sa quello che dice. Non vi sputo sennò vi lavo, non vi piscio sennò v’improfumo…