Il pomeriggio del 17 gennaio 2019, l’aula principale dell’ex Acquario di Roma, oggi sede dell’Ordine degli Architetti, pullulava di colleghi. L’Ordine ha infatti avviato i colloqui della Commissione Disciplinare con gli oltre 4000 architetti che, a suo modo di vedere, non avrebbero raggiunto il numero di crediti previsti per il trimestre concluso … che vogliate crederci o no, solo all’interno dell’Ordine della provincia di Roma, sono oltre 4000 gli architetti che non avrebbero assolto alla “formazione obbligatoria” … che forse faremmo meglio a definire un vero e proprio ricatto, imposto da una legge assurda, scritta da squallidi burocrati prezzolati che, probabilmente, non sanno nemmeno cosa sia la professione!
Ovviamente tra quei 4000 ci sono anche io, e ne sono orgoglioso! Lo sono perché ritengo questa misura una vergogna ma, soprattutto, una sporchissima faccenda che nasconde degli interessi deprecabili.
Ai tre gentili colleghi costituenti la Commissione Disciplinare che mi ha interrogato ho infatti ricordato le mie ragioni … o meglio, ho dovuto alzare la voce e comportarmi in maniera non totalmente rispettosa, per farmi ascoltare. A loro modo di vedere, infatti, non era quella la sede adatta a fare rimostranze nei confronti del modo di concepire e gestire i CFP. Secondo loro io non ho maturato tutti i crediti punto! E, secondo quanto avrei dichiarato, l’ho fatto per protesta … senza però che potessi mettere a verbale la specifica di quella “protesta”.
La specifica è che, fino al 2016, pur essendo totalmente in disaccordo con questa forma di vessazione, i crediti li avevo maturati. Nel corso di quell’anno però, come ho più volte raccontato, mi sono imbattuto in qualcosa che mi ha dimostrato come molti dei miei sospetti fossero più che ben fondati.
Nel 2016 avevo infatti organizzato a Roma il 53° Convegno dell’International Making Cities Livable[1] (Caring For Our Common Home: Sustainable, Healthy, Just Cities & Settlements), così ho pensato di far richiedere il riconoscimento dei CFP da parte dell’Ordine, e di pubblicizzare sul sito l’importantissimo evento, cui partecipavano eminenze grigie esperte di urbanistica, architettura, sostenibilità, ma anche di medicina, sociologia, psicologia, politica, economia, ecc. collegate all’attività e produzione degli architetti.
Per poter consentire il dialogo tra gli organizzatori stranieri e l’Ordine ho dovuto fare da mediatore e traduttore (visto che nessuno era in grado di leggere e scrivere in lingua inglese), così ho appreso che l’Ordine, evidentemente non fidandosi del comitato scientifico internazionale dell’IMCL, pretendeva che le centinaia di partecipanti dei 5 giorni di Convegno inviassero i testi delle varie presentazioni e firmassero una serie di liberatorie e, udite udite, pretendeva addirittura che l’IMCL pagasse una “tassa” (mi pare intorno ai 350 euro) per il riconoscimento dei crediti e, soprattutto, cedesse i diritti di registrazione delle conferenze che poi sarebbero stati messi a disposizione attraverso la piattaforma dell’Ordine e non dell’IMCL!!
Va da sé che l’IMCL abbia deciso di non avere alcun interesse al riconoscimento dell’Ordine di Roma e, va altrettanto da sé che, come italiani, ci abbiamo fatto una figura di m.. internazionale!
A seguire, purtroppo, l’Ordine non ha minimamente pubblicizzato l’evento, se non limitandosi a pubblicare – dietro mie pressioni e praticamente a giochi fatti – un trafiletto invisibile in una pagina PDF. Capirete bene che la partecipazione dei colleghi italiani sia stata praticamente inesistente!
Forse sarebbe stato interessante mandare all’Ordine quelle relazioni, se non altro per vedere se coloro i quali dovevano valutarle sarebbero stati in grado di leggerle e comprenderle, dopo che anche per le e-mail avevano chiesto a me di fare da traduttore!
V’è inoltre da dire che, approfittando del contatto che si era creato e dopo averne parlato, mentre “eravamo ancora in buone”, ho inviato all’Ordine la documentazione relativa a tutti i convegni internazionali cui avevo fino a quel momento partecipato, nonché quella relativa ai premi e riconoscimenti internazionali ricevuti e le pubblicazioni fatte.
Risposta: PICCHE!
E già, perché ovviamente le istituzioni organizzatrici di quei convegni, realmente formativi, cui regolarmente partecipo come speaker, come moderatore, oltre che come uditore, “non pagano dazio” per poter essere riconosciuti come “enti di formazione delegati e riconosciuti dall’Ordine”! È chiaro che si tratti di una mera questione di interessi, ragion per cui debbo rassegnarmi (secondo loro) a riconoscere che valga molto di più una conferenza dove un giovincello dà lettura di un PowerPoint patetico che sfiora la comicità, che l’aver assistito a dei convegni di 5 giorni del CNU, dell’IMCL o dell’INTBAU … e non fa nulla se il RIBA (Royal Institute od British Architects) o l’AIA (American Institute of Architects) mi abbiano rilasciato i crediti, e dei premi … per loro è carta straccia!
Capite bene che la cosa possa avermi fatto talmente schifo da farmi prendere la decisione di non perdere più tempo, assecondando questa vergogna. Così, continuando a seguire i convegni internazionali che ritengo importanti, ho pazientemente atteso la “minaccia di sanzione” e la convocazione dell’Ordine, per far finalmente presenti alla commissione le mie lamentele … sempre in attesa di ricevere la “punizione” definitiva e poter informare i colleghi di come realmente vadano le cose, nella speranza che, almeno in questa occasione, davanti a certe ingiustizie, l’intera categoria capisca l’impellenza di dover far valere i propri diritti, visto che i “colleghi” che avrebbero dovuto rappresentarla e tutelarla presso il CNA, si sono ben guardati dal farlo quando si è trattato di approvare questa vessazione che – vogliate o meno capirlo – va interpretata come una misura direttamente collegata all’altra porcata, avvenuta nello stesso anno della sua approvazione: la riforma pensionistica voluta dall’inqualificabile governo-non-eletto-dal-popolo guidato dal prof. Mario Monti e che vedeva la signora Elsa Fornero quale Ministro del Lavoro e delle Politiche Sociali.
Ebbene, se è vero che come categoria non abbiamo possibilità di scioperare – se mai lo facessimo nessuno se ne accorgerebbe e faremmo pure ridere – è anche vero che, in questo caso, potremmo rifiutarci in massa di dare seguito al ricatto dei CFP. Ma occorre coerenza e dignità!
Personalmente ritengo che i CFP possano avere un senso in quei Paesi dove le lauree si prendono ricevendo una semplice infarinatura – ergo non imparando quasi nulla – perché il sistema locale prevede che, una volta laureati, si debba accettare di fare gli schiavetti presso uno studio affermato dove, finalmente, si imparerà la professione e perfino il disegno e la progettazione (che alcuni Paesi pseudo-acculturati, che impongono a noi certe misure, nemmeno contemplano!).
Cosa dunque avrebbe a che fare con noi questa misura? Da noi che gli esami universitari sono – o almeno erano all’epoca in cui ho studiato io – di un livello elevatissimo … tant’è che, all’estero, per mere ragioni meritocratiche e culturali, ci stendono tappeti rossi a livello professionale e accademico!
Credo che, se mai in Italia risultasse davvero necessario obbligare i professionisti a maturare dei crediti, questa misura dovrebbe indirizzarsi esclusivamente a quei colleghi laureatisi all’epoca del 18 politico, per poi blindarsi la vita e credere di poter insegnare agli altri la cultura! … tuttavia, proprio per loro, questa misura non è prevista!!
Credo ancora che, probabilmente, avrebbe senso applicare questa misura a chi prenda la “laurea breve”, un’idiozia decisa dai nostri illuminati governanti per poter emulare i programmi universitari di quei Paesi di cui sopra … senza nemmeno riflettere sulla possibilità che, se l’Europa ci chiede certe misure, probabilmente lo fa anche per abbassare il nostro livello culturale ed evitare che gli italiani possano continuare a sbaragliare la competizione con i colleghi stranieri! … Viva la globalizzazione che distrugge i Paesi!
È dal 1995 che lavoro in ambito professionale e accademico con colleghi e studenti di tutto il mondo, sicché non parlo per ragioni populiste o nazionaliste, ma lo faccio perché credo di avere fin troppa conoscenza di quella che possa essere la “nostra” preparazione e quella al di là dei nostri confini. I nostri politici (spesso senza nemmeno una laurea) e i nostri giornalisti al loro soldo, fanno di tutto per distruggere il nostro sistema scolastico e universitario dandoci degli “ignoranti”, facendo di tutto per poterci appiattire al livello degli altri. È ora di farla finita!
Tornando quindi all’argomento di questo testo chiediamoci: Ma quale sarebbe la punizione per chi non matura gli odiosissimi Crediti Formativi?
Come dicevo, la cosa la vedo legata alla riforma pensionistica, sebbene l’Ordine tenda a sostenere che non sia vero. Infatti, la pena prevista per questa “mancanza” sarebbe la “sospensione” dall’Ordine, ergo dall’attività professionale, ovvero, viene logico pensare, dall’anzianità ai fini pensionistici.
Davanti a questo dubbio, i rappresentanti dell’Ordine hanno risposto che non dovrebbe essere così … tuttavia, finché non ci sarà il primo caso di pensionamento di un professionista gravato da questa odiosa “sospensione”, nessuno potrà dirlo. A me sembra tutto abbastanza chiaro!
Per chi non fosse molto informato sui CFP, segnalo un articolo[2], molto chiaro, intitolato “Crediti formativi per architetti: normativa, corsi, sanzioni ed esoneri”.
L’articolo esordiva dicendo
«La formazione continua per i professionisti, regolamentata dal D.P.R. n. 137 del 7 agosto 2012, è un obbligo per molte categorie professionali: gli architetti, così come gli ingegneri, i geometri, i periti e gli avvocati sono chiamati ad aggiornare periodicamente le proprie competenze tramite il conseguimento obbligatorio dei crediti formativi professionali. Con l’ottenimento dei CFP richiesti si garantisce al proprio Ordine di aver ottemperato all’obbligo dell’aggiornamento e, dunque, di essere in grado di continuare ad esercitare la professione».
Quindi, secondo gli autori di questa norma, un architetto può dimostrare di essere in grado di esercitare la professione solo accettando questo ricatto, men che mai attraverso le reali capacità professionali … cosa volete che ad uno squallido burocrate possa valere oltre un quarto di secolo di esperienza professionale?
L’articolo poi spiegava:
«La formazione e gli aggiornamenti possono rappresentare per il professionista una vera occasione di arricchimento del suo bagaglio di competenze: tramite eventi e corsi formativi, si ha la possibilità di approfondire capacità e conoscenze e di aggiornarsi sui nuovi saperi. La formazione continua è insomma uno strumento che la Legge mette a disposizione sia per garantire prestazioni professionali sempre qualificate sia per consentire al professionista di specializzarsi, ottenendo maggiori opportunità sul mercato del lavoro.
Quindi, sempre secondo gli autori di questa norma, un architetto può avere l’occasione di arricchirsi culturalmente, può aggiornarsi sui “nuovi saperi” ed anche “specializzarsi”, SOLO seguendo i corsi suddetti promossi e riconosciuti dall’Ordine di appartenenza ma, evidentemente, NON attraverso dei convegni internazionali di altissimo livello, non riconosciuti dall’Ordine perché non si è pagata la “tassa” per il riconoscimento!
L’articolo, infatti, informava che, per ottenere i crediti formativi professionali
«Ai sensi dell’art. 7 del D.P.R. 137/2012 e degli artt. 1 e 5 del Regolamento, gli architetti possono conseguire i crediti formativi tramite:
- Eventi formativi promossi dall’Ordine: seminari, convegni, conferenze, workshop e tavole rotonde, organizzati appositamente per l’aggiornamento professionale. Questi eventi possono anche essere organizzati da enti di formazione delegati e riconosciuti dall’Ordine;
- Formazione post lauream: scuole di specializzazione e di perfezionamento, dottorato di ricerca, master sia di I che di II livello, seconde ed ulteriori lauree e corsi abilitanti.
- Corsi online e formazione a distanza (FAD)
Uno degli strumenti di formazione e aggiornamento più utilizzati è la formazione a distanza o FAD. Ovunque e quando vuoi, è la formula personalizzata vincente per ottenere una formazione efficiente ed un aggiornamento completo».
Davanti certe cose appare evidente che, in un periodo storico in cui molti professionisti hanno espresso la loro avversione nei confronti degli “Ordini Professionali” – ricordiamo che l’Ordine degli Architetti è stato istituito dalla Legge Fascista del 24 giugno 1923, n. 1395 (G.U. 17 luglio 1923 n. 167) – decidere, in maniera altrettanto fascista, che debba esclusivamente essere questa istituzione a valutare cosa possa o meno dare un aggiornamento culturale e professionale, diviene una mossa atta a dare un senso logico alla loro inutile ed insopportabile esistenza.
Ritengo infatti che, negli ultimi anni, gli Ordini professionali abbiano fatto di tutto per dimostrare la loro assoluta inutilità nel difendere e tutelare gli interessi dell’intera categoria: infatti, i responsabili degli Ordini, in più occasioni hanno emulato Ponzio Pilato, svendendo gli architetti alla riforma pensionistica ed obbligandoli ai CFP, alla fattura elettronica (unico Paese al mondo!!), nonché alla firma digitale, alla posta certificata, alla presa per i fondelli della privacy, all’assicurazione obbligatoria e al POS (sebbene non ancora in maniera definitiva). E che dire dell’essersi prostrati all’approvazione delle norme in materia di appalti e di affidamento degli incarichi, ritagliate ad-hoc per distruggere i piccoli professionisti e favorire le società di ingegneria e i grandi gruppi? Una vera vergogna!
Inoltre, se torniamo al discorso CFP, e in particolar modo alla possibilità di prendere crediti attraverso i “Corsi online e formazione a distanza (FAD)”, appare ridicolo che, pur nella consapevolezza di come vadano le cose, si chiudano tutti e due gli occhi nei confronti dei colleghi che impiegano alcuni dei “schiavetti compiacenti” per stare davanti ai monitor e rispondere ai questionari necessari a far maturare i CFP del proprio “padrone”.
E già, perché i crediti maturati in questo modo da molti colleghi scorretti vengono riconosciuti, mentre la qualità dell’aggiornamento dei convegni internazionali cui il sottoscritto partecipa regolarmente no! Una vera vergogna, tipica di un Paese di cialtroni, abituati a fare i furbetti e aggirare le norme, sbagliate o corrette che possano essere!
Ma torniamo al discorso “sanzioni”. Sempre lo stesso articolo informa:
«Trattandosi di un obbligo formativo, sono previste sanzioni per inadempienza. Tutto si gioca sul numero di CFP mancanti allo scadere del triennio. Vediamo quanti nello specifico:
- Censura (massimo 12 CFP mancanti): il mancato conseguimento di un massimo del 20% dei crediti necessari comporta la censura e si rischia di ricevere una nota formale di biasimo da parte del Presidente del Collegio disciplinare;
- Sospensione (più di 12 CFP mancanti): il mancato conseguimento di più del 20% dei crediti necessari è causa della sospensione dall’attività fino a 6 mesi».
Il che ci riporta al sospetto espresso in precedenza, ovvero la possibilità di ritardare la data di pensionamento degli architetti, tanto cara alle sanguisughe che hanno concepito certe leggi, fingendo di piangere per la loro “necessaria durezza”!
Detto questo però, come ricordava un “architetto anonimo” in un social network, sarebbe utile sapere che:
- Il regolamento approvato dal ministero, all’art.4 prevede un “illecito disciplinare” ripreso dal DPR 137/2012, (diffida, richiamo, censura), pertanto non fa mai riferimento alla sospensione dall’Ordine;
- Il codice deontologico degli architetti fino a ottobre 2016 recepiva la dicitura “illecito disciplinare”;
- L’attuale CNAPPC porta in votazione in assemblea dei presidenti o conferenza degli ordini la modifica al codice deontologico dove introduce un sistema sanzionatorio basato sulla sospensione “automatica” superati i 12 crediti mancanti questo a ottobre 2016;
Tale modifica al codice deontologico è contestabile per i seguenti motivi:
- Il provvedimento assume valore retroattivo poiché approvato a due mesi dalla scadenza del primo triennio formativo;
- Non ha una fonte giuridica primaria, poiché una norma deontologica può applicare un dispositivo legislativo ma non può inventarne uno quale la sospensione ad effetto immediato (manca la fonte di diritto primario);
- Nel Regio Decreto, che è la fonte legislativa del nostro codice deontologico, la sospensione con effetto immediato è prevista solo per il mancato pagamento della quota o per la perdita di diritti civili (arresto), in tutti gli altri casi si procede ad attività istruttorie e valutative attraverso un procedimento in cui le parti possono rappresentare le loro ragioni (diritto alla difesa);
- Il metodo di notifica individuato dal CNAPPC (attraverso PEC) non è legittimo poiché nel sistema legislativo italiano la PEC sostituisce la raccomandata e non la notifica;
- Toglie agli ordini la potestà di esercitare la deontologia in modo autonomo;
Detto questo, il mio auspicio è quindi che, come già espresso, gli architetti salgano in cattedra e si ribellino a chi li abbia considerati come degli zerbini di stato. Per farlo basterebbe innanzitutto evitare di comportarsi come i crumiri che andavano al lavoro mentre i loro colleghi scioperavano e venivano puniti: essi, in massa, dovrebbero rifiutarsi di maturare i CFP, innanzando il numero di 4000 “morosi di crediti” alla totalità degli iscritti, romani e nazionali!
Solo davanti ad un muro compatto i responsabili degli Ordini (quelli che in maniera non ufficiale in privato ti dicono “lei ha ragione da vendere ma, purtroppo, dobbiamo attenerci alle disposizioni”) e i nostri politici potranno capire che debbono smetterla di considerarci carta straccia!
Un’ultima riflessione merita un altro aspetto: a detta dei cialtroni di cui sopra, questa misura è atta a garantire l’innalzamento dell’asticella della qualità professionale, ergo dell’architettura realizzata … ma davvero, davvero??
Se questi signori fossero in grado di guardarsi intorno, potrebbero rendersi conto che, mai come negli ultimi anni, la qualità dei progetti realizzati aveva raggiunto dei picchi talmente infimi! Diversamente, se studiassero un minimo di storia dell’architettura e urbanistica del primo Novecento, essi si accorgerebbero che gli autori di quelle meraviglie – probabilmente le ultime davvero degne di nota – non possedevano alcun titolo universitario, pur eccellendo nella loro professione.
E già, perché un tempo gli architetti si confrontavano con regole proporzionali, senso del decoro e necessità di fare bene spendendo il giusto, i progettisti dei quartieri popolari romani di 100 anni fa, pur non avendo obbligatoriamente maturato alcun Credito Formativo Permanente, si preoccupavano degli aspetti sociali e dei futuri costi di manutenzione degli edifici pubblici[3], piuttosto che pensare a squallide forme burocratiche … rigorosamente in costante cambiamento, sì da poter giustificare i burocrati e l’esistenza di corsi per dummies!
Cari
colleghi, è ora di dire Basta! Chiediamo un confronto serio e costruttivo con
chi ci consideri degli imbecilli invertebrati ai quali è possibile imporre
qualsiasi misura vessatoria perché a noi sta bene così!
[1] https://www.livablecities.org/conferences/53rd-conference-rome
[2] https://www.architetturaecosostenibile.it/green-life/curiosita-ecosostenibili/crediti-formativi-architetti-957
[3] A titolo di esempio suggerisco questo articolo: http://www.picweb.it/emm/blog/index.php/2017/08/01/il-quartiere-testaccio-di-roma-e-la-politica-dellicp-agli-albori-della-sua-esistenza-un-importante-precedente-da-cui-imparare/
Questa certo possiamo definirla burocrazia della specie parassitaria. Improduttiva per sua natura e statuto, drena ricchezza e prosciuga energie fino allo sfinimento, partorita sotto il peggior governo di euroburocrati comandati che si ricordi. Malafede e stupidità.
caro collega, leggo finalmente una analisi completa e corretta di cosa siano e come funzionino gli ordini e dell’iniquità delle normative che ci sono imposte nello svolgimento della professione.
E’ necessario o abolire gli ordini o infiltrarsi in essi, vorrei scriverti di più , ma rispondo di getto alle tue corrette ed oneste osservazioni.
saluti
caro Ettore, pienamente d’accordo.
potremmo seguire bei corsi a pagamento, o come “Arancia meccanica” farci legare su una sedia con spalancati gli occhi per un corso “e-learning”, o magari ascoltare una graziosa signorina che ti spiega come incollare una mattonella e ti da pure un paio di autorevolissimi CFP …
perchè non organizzare una class-action ?
tieniamoci in contatto . è una questione di dignità della persona (mi stava scappando di dire pure “deontologica”, ma non ho i punti a sufficienza !).
Italia, terra di mafia e camorra.
Aggiungo che il brillare d’incompetenza di questi soggetti è secondo solo a quello dei loro padroni che hanno commissionato l’opera e che discendono dalle alte sfere euro-mondiali come sassi dalle scarpate o come vanghe dai pendii innevati.
Valanghe o anche slavine, è uguale…ma forse la seconda è più indicata.
Sono una collega, mi chiamo Mariagrazia Abbaldo, due anni fa scrissi anch’io una memoria al mio Ordine relativamente alla questione dei Crediti Formativi senza avere risposte degne di quel nome.
Ne riporto di seguito il testo perché vorrei fare qualcosa per avere un futuro migliore e sono disponibile a lavorare con chi vorrà occuparsi onestamente del problema.
…………………………………………………………………………………….
Mariagrazia Abbaldo architetto
iscrizione n.3351
Ordine degli Architetti, Pianificatori
Paesaggisti e Conservatori / Torino
Via Giovanni Giolitti, 1 – 10123 Torino
architettitorino@oato.it
CONSIGLIO NAZIONALE ARCHITETTI, PIANIFICATORI, PAESAGGISTI E CONSERVATORI
direzione.cnappc@archiworld.it
oggetto: Considerazioni di un architetto “non diligente” in merito all’obbligo formativo
Lo scorso 30 giugno 2017 sono scaduti i termini per il ravvedimento relativo all’acquisizione dei
crediti formativi che, come da normativa, determinano l’aggiornamento e lo sviluppo professionale
continuo degli Architetti.
Scrivo questa lettera perché mi considero un professionista che dedica il suo lavoro,
continuamente e con risultati concreti allo “…sviluppo della società, dell’architettura e
dell’ambiente” così come riporta l’art. 1 del Regolamento per l’aggiornamento e lo sviluppo
professionale continuo, ma non ho acquisito i crediti richiesti secondo le modalità imposte
dalla norma.
Condividendone gli obiettivi, ho voluto credere che quanto già stavo costruendo sul territorio
rispondesse almeno per buona parte a quanto richiesto.
Ho da sempre condotto un intenso lavoro di ricerca per altro premiato più volte dal mio stesso
Ordine; la risposta di quest’ultimo all’invio di una mia relazione relativa al lavoro svolto, che qui
allego, si attiene a una norma che non lascia spazio a possibili valutazioni.
In particolare mi ha preoccupato un’affermazione puntuale avuta dall’ufficio formazione che
riporta:
“ non è possibile accreditare CFP per organizzazione, allestimento, comunicazione di mostre o
esposizione di proprie opere o installazioni, è invece possibile visitare mostre purché attinenti alle
aree tematiche delle linee guida, 1cfp con scansione del biglietto d’ingresso”.
Cioè a dire che sono più accreditati i professionisti che visitano le mostre rispetto a quelli
che le organizzano e addirittura producono il materiale esposto.
Visto che credo nel valore dell’istituzione e ho un profondo rispetto per il lavoro degli altri
compreso quello di chi si è speso per mettere in pratica il progetto delle formazione obbligatoria
per i professionisti, scrivo per dare il mio contributo al progetto istituzionale riportando la mia
esperienza professionale e alcune considerazioni alla luce di quelli che sono gli obiettivi
della normativa del caso.
L’art. 4 del Regolamento in oggetto riguarda gli obiettivi del progetto:
“ le attività di aggiornamento e sviluppo professionale devono perseguire i seguenti obiettivi:
a) proteggere l’interesse collettivo salvaguardando le aspettative della committenza;
b) migliorare e perfezionare la competenza tecnica e professionale individuale a tutela della qualità
architettonica;
c) accrescere lo studio e l’approfondimento culturale e tecnico scientifico individuale quali presupposti per un
esercizio professionale di qualità;
d) promuovere il più ampio accesso di tutti gli Iscritti alle attività di aggiornamento e sviluppo professionale
attraverso l’adozione di politiche tese al contenimento dei costi.
Lo studio professionale che conduco con mio marito nonché collega Paolo Albertelli, Studio C&C
Architetti Associati, si occupa nello specifico del rapporto tra arte e architettura e in particolare di
paesaggio, da circa 15 anni conduce una particolarissima ricerca sulla tecnica del taglio laser
su metalli diversi che in questi anni difficilissimi ci ha permesso di sviluppare un mercato sia
in Italia che all’estero contribuendo al sostentamento di una, se pur piccola, parte di comunità.
Gli artigiani con cui tagliamo al laser i nostri lavori, grazie alla ricerca tecnica condotta insieme
ma in particolare alla nostra ricerca condotta sul disegno e alla nostra disponibilità, hanno
costruito una propria linea di interior design che permette loro di avere un proprio prodotto
da commercializzare e non dipendere esclusivamente dalle commissioni frequentemente insolute
di altre aziende.
Il nostro studio professionale si chiama C&C perché stiamo collaborando con giovani colleghi
ai quali, sotto la nostra supervisione, diamo la possibilità di gestire con noi lo Studio e di firmare,
all’interno di un organismo già avviato e a loro disposizione, i propri progetti.
Io personalmente, per puro amore di condivisione e consapevolezza dell’urgente necessità di
comunicare energicamente fiducia in valori che non sono perduti: gratuità, rispetto, impegno,
solidarietà ecc ecc, soprattutto a chi è più giovane, dedico da anni almeno tre settimane annue del
mio tempo per seguire la formazione di stagisti universitari, liceali legati al progetto di
alternanza scuola-lavoro italiani e stranieri ai quali insegno gratuitamente e con passione a
svolgere il lavoro che sviluppo da anni, fregandomene del segreto aziendale perché credo sia
più importante comunicare una conoscenza piuttosto che perseguire un tornaconto
essenzialmente personale.
Proprio per accrescere la nostra competenza tecnica e professionale, abbiamo sempre
collaborato con tutte le professionalità che abbiamo avuto modo di incontrare sul nostro
cammino lavorativo, cercando inoltre di comunicare il lavoro prodotto insieme tramite mostre
installate sia sul nostro territorio (ad esempio nel circuito del festival Architettura in città), che
all’estero.
A confermare la qualità riconosciuta del nostro lavoro, abbiamo avuto in questi ultimi tre anni, tra le
commissioni più importanti, l’incarico dalla città di Zermatt per la realizzazione del monumento
commemorativo dei 150 anni dalla conquista del Cervino, ora installato nella sua piazza principale.
Siamo stati invitati dal Parlamento Europeo ad esporre a Bruxelles il nostro lavoro sul paesaggio
dedicato ai territori vitivinicoli piemontesi, Il Museo della Montagna di Torino e il Messner Mountain
Museum di Bolzano hanno acquisito dei nostri lavori per la loro esposizione permanente, abbiamo
avuto quest’anno il primo premio Arte Fiera Dolomiti, siamo stati invitati dal Montreux Art Gallery ad
esporre i nostri lavori alla prossima quinta edizione della Biennale d’arte di Montreux.
Sempre per accrescere l’approfondimento culturale e tecnico del nostro lavoro, stiamo chiedendo
a maestranze locali di insegnarci ad eseguire lavorazioni particolari, volendo recuperare
parte di quella sapienza che rischia di andare perduta perchè i corsi istituzionalizzati richiedono
una burocrazia inaccessibile per chi, pur essendo un vero Maestro, non ha dimestichezza con
certa forma; come il signor Cortassa, saldatore in pensione ma tra i pochissimi in grado di saldare
a TIG le leghe leggere e soprattutto il titanio. Il punto però è: non soprattutto al signor Cortassa
deve interessare se la sua sapienza andrà perduta, piuttosto invece dovrà interessarsene chi ha
un futuro da vivere e, in particolare, la PPAA.
Ho riassunto brevemente su quali fronti mi sto impegnando per spiegare perché ritengo di
avere lavorato perseguendo gli obiettivi del progetto istituzionale e mi inquieta pensare che
il mio Ordine potrebbe decidere di sospendere il mio lavoro non per mancanze sostanziali
ma per eventuali carenze che stanno a corollario della mia attività lavorativa e che piuttosto
riguardano l’aspetto formale dell’esercizio dell’accreditamento.
Quindi la mia preoccupazione si estende al futuro della mia categoria professionale, a quello di
una istituzione che continua a preferire il sistema burocratico-sanzionatorio che allontana a
quello della progettualità efficace tramite la conoscenza delle realtà di cui si può disporre.
Un esempio di collaborazione efficace tra l’Ordine professionale ed iscritti potrebbe
riguardare il tema delle attività accreditanti proposte dai singoli professionisti, tema stimolantissimo
perché porterebbe con se l’enorme potenziale che hanno le passioni. Le diverse esperienze
lavorative, a volte particolarissime, porterebbero ad individuare campi di interesse diversi
grazie ai quali, oltre ad arricchire l’intera proposta formativa, si potrebbero individuare diverse
prospettive relative allo sviluppo futuro della nostra professione. Considerando che le tematiche
attualmente offerte dai corsi accreditanti sono perlopiù generiche e convenzionali e
l’approvazione di nuove proposte da parte degli iscritti richiede un iter burocratico insostenibile per
chi deve lavorare per vivere, gli Ordini professionali locali potrebbero avere un ruolo di reale
supporto allo sviluppo facendo proprie le proposte meritevoli e fornendo un servizio di
formalizzazione adeguato.
Vorrei ancora fare un inciso sull’opinione purtroppo comune tra colleghi relativamente alla bassa
qualità di buona parte dei corsi formalmente accreditanti, questo fatto che evidentemente
denuncia quanto valore si dia a procedure formali rispetto a quelle sostanziali, certo non
contribuisce a creare fiducia e collaborazione nei confronti dell’istituzione. Se il nostro Ordine
conoscesse le specificità dei suoi iscritti potrebbe effettivamente valorizzarne la
professionalità e di conseguenza essere più che mai sostenuto nelle proprie proposte progettuali.
Si potrebbe innescare un circolo virtuoso fatto di riconoscenza dei valori e partecipazione che
porta alla collaborazione e quindi alla crescita di tutti.
Spero in una discussione il più possibile condivisa e utile a formalizzare nuove procedure
relativamente all’importanza della formazione obbligatoria continua dei professionisti; e
spero in un’istituzione che si avvicini realmente ai problemi concreti e quotidiani di chi oggi
sostiene con molta fatica e coraggio la nostra professione.
Allego alla presente una relazione relativa al lavoro da me svolto nell’ultimo triennio
Torino, 3 luglio 2017 Mariagrazia Abbaldo Architetto
ladri in paese di ladri
Sinceramente, ho condiviso pienamente questa protesta, ma ahimè l’autore, senz’altro serio professionista, ha voluto ad un certo punto offendere gratuitamente la categoria degli iuniores con motivazioni a dir poco risibili. Secondo lei la mia laurea “breve” è stata inventata all’estero per far scadere la concorrenza dei professionisti italiani quinquennali troppo bravi per il loro livello. Probabilmente come lei stesso ha ricordato, è parecchio che non bazzica più sui banchi universitari. Le dico solo che i miei esami sono stati fatti come i suoi e che la laurea oggi si costruisce con il 3+2 uniformemente! Se ritiene quindi che gli iuniores siano degli ignoranti, lei lo è per i 3/5 .
Per sua conoscenza, ho insegnato fino al 2005 nell’università di Roma e, da 21 anni insegno in una università americana molto prestigiosa, sicché so molto bene di cosa parlo. Detto questo, la nostra preparazione universitaria è ancora di gran lunga superiore a quella di qualsiasi altro luogo del pianeta. Quanto ai corsi delle lauree brevi e quinquennali di oggi, purtroppo, sono cosa molto diversa e più semplice di quello che erano un tempo esami che sembravano dei Phd. Allora era troppo, ora è troppo poco concentrare tutto in pochi mesi, con ovvia limitazione degli approfondimenti. Detto questo i CFP vanno aboliti per tutti perché inutili e perché in molti Paesi europei non esistono
Ci sono news?
Buonasera, leggo soltanto ora il suo interessantissimo articolo, intetessantissimo in quanto condiviso personalmente tanto sul piano etico quanto su quello pratico. Le sue stesse argomentazioni, cui sono seguite le stesse risposte, sono state da me esposte ai membri della Commissione disciplinare in data 20/04/2023. Credo che il problema principale, come del resto da lei indicato chiaramente, sia quello di una scarsa se non inesistente organizzazione di dissidenti. Spero di poter avere l’occasione di prlarne con lei, anche personalmente se ne avrá ancora la gorza di farlo, e mi auguro di si. Cordiali saluti.
Massimiliano Coni
Ti ringrazio per la tua testimonianza e sarò ben felice, se si riuscisse ad organizzare, di partecipare ad una class action atta a mettere fine a questa inutile ed offensiva vessazione. Cordiali saluti