L’isteria, infarcita di ideologia e fondamentalismi di vario genere, scattata a poche ore dal disastro di Notre Dame lascia basiti!
Lascia infatti di stucco registrare come, mentre la gente comune di tutto il mondo – indipendentemente dal proprio credo religioso – si sia mobilitata per il restauro/ricostruzione fedele delle strutture bruciate nel rogo della Cattedrale di Parigi, perfino arrivando a donare, in pochissimo tempo, quasi un miliardo di Euro, coloro i quali dovrebbero amministrare e/o curare la ricostruzione, stiano invece pensando all’occasione – offerta da questa tragedia – per poter adeguare Notre Dame alla nostra epoca (ignorantissima e presuntuosa)!
Per esempio, un articolo circolato un paio di giorni fa ha raccontato di come l’élite degli architetti veda addirittura l’incendio di Notre Dame come una “liberazione” della quale approfittare per trasformare la Cattedrale in un’icona della Nuova Francia Globalista[1] … una follia talmente incredibile che, quando ho letto l’articolo, postandolo su FB ho pensato bene di fare un errore freudiano anagrammando e traducendo per scherzo Elitist architects in “architetti etilisti” (sebbene etilista si dica alcoholic).
Il nostro rappresentante di questa folle categoria, Massimiliano Fuksas, stimolato dai giornalisti, si è spinto ad affermare: “Immagino un pinnacolo di cristallo di Baccarat per la nuova Notre Dame“[2] …
Ma la follia non si è limitata alle sole deliranti dichiarazioni degli “architetti etilisti”, ma è andata ben oltre, contagiando anche chi, più di tutti, dovrebbe tutelare il proprio Paese e la propria identità culturale: il Primo Ministro Edouard Philippe ha infatti dichiarato ai reporters di “sperare in una nuova guglia adattata alle tecniche e alle sfide della nostra era!”, annunciando un concorso internazionale per la ricostruzione delle coperture e della guglia di Notre Dame invitando le archistars[3]!!!
A costui, evidentemente, l’errore dei “Grand Travaux” della cosiddetta “Grandeure” mitteraniana[4] non è bastato!
A beneficio di chi l’abbia già dimenticato, l’abominio modernista realizzato da Mitterand per celebrare la “sua era grandiosa”, non ha portato solo alla realizzazione della Pyramide du Louvre, dell’Institue du Monde Arab, della Tres Grand Biblioteque, dell’Operà de la Bastille, della Defense e della Villette, ecc. ma anche alla creazione delle cosiddette Villes Nouvelles (Cergy, Cergy Pointoise, Prefecture, Marne la Vallée, Saint Denis ecc.) dove venne parcheggiata e dimenticata la manodopera sottopagata importata dalle ex colonie con promesse fasulle.
In quelle periferie immonde, a partire dal 2005, è esploso il violento fenomeno delle Banlieues[5]!
Questo individuo, che fa coppia con il suo Presidente Macron, dovrebbe provare ad immaginare come mai, se prova a chiedere ad un parigino – o a chiunque nel mondo – di nominare gli edifici simbolo di Parigi, il 100% risponderà Notre Dame, il Louvre, la Tour Eiffel, le Sacre-Coeur e, mai e poi mai, le porcherie volute da Mitterand!!!
… Ma non è tutto! Se questo vi può sembrare assurdo, sappiate comunque che questa follia neoliberista, che sogna la distruzione dei simboli culturali delle nazioni, si è spinta fino all’interno della categoria di persone che, più di tutte, dovrebbe battersi per la ricostruzione fedele di quanto andato perduto.
Per esempio, Marc Vacher parroco di Montrouge nella Diocesi di Nanterre, poco a Sud di Parigi, si è spinto a dire che “Notre Dame meriti di meglio della sua ricostruzione fedele com’era”[6].
Per l’esattezza, questo “amministratore della fede” ha affermato:
«[…] a quanto pare, la maggioranza della gente è convinta che Notre Dame debba essere ricostruita esattamente com’era. Personalmente credo che questa cosa debba essere ripensata. Molte architetture Cristiane sono state danneggiate o distrutte dalle catastrofi susseguitesi nel corso della storia, e queste sono spesso state ricostruite da costruttori convinti che il più bel regalo a Dio e a coloro i quali lo pregano, fosse quello di ricostruirle adoperando l’arte e le tecniche della propria era, nonché imparando a creare ed innovare attraverso questi progetti monumentali. … Siamo ancora in grato di innovare in nome di Dio?»
Per non allungare ulteriormente il brodo, rimando l’approfondimento sul livello demenziale delle dichiarazioni di questi individui agli articoli in lingua che ho linkato, limitandomi ad un paio di riflessioni su quello che, a mio modesto parere dovrebbe farsi.
A chi, per ragioni ideologiche o di ignoranza sull’argomento restauro, prema per un “restauro che sia spirito della nostra era”, vorrei ricordare che in tutto il mondo, tranne che in Italia, il Restauro risponda alla definizione dei vocabolari: “RESTAURARE: RIMETTERE NELLE CONDIZIONI ORIGINARIE UN MANUFATTO O UN’OPERA D’ARTE, MEDIANTE OPPORTUNI LAVORI DI RIPARAZIONE E REINTEGRO” (Vocabolario Italiano Devoto – Oli, 1987) … Solo in Italia, infatti, questo non accade, perché ancora prevalgono gli assurdi divieti di Cesare Brandi (Teoria del Restauro, 1963) e della Carta del Restauro di Venezia del 1964, secondo cui “il rifacimento tanto più sarà consentito quanto più si allontanerà dall’aggiunta e mirerà a costituire un’unità nuova sulla vecchia”, ciò “per evitare le falsificazioni”, le quali tuttavia avrebbero senso solo nel caso delle opere d’arte mobili e di antiquariato, commerciabili ed esportabili!
A causa di queste idiozie, purtroppo, i danni causati dai “restauri” eseguiti dagli anni ’60 in poi sono infiniti. Per esempio i crolli di Pompei, e la stragrande maggioranza dei crolli in occasione dei terremoti degli ultimi 10 anni a carico di edifici sui quali erano stati inseriti solai e tetti in c.a. o altre superfetazioni, rigide e pesanti, che nulla avevano a che fare con le strutture originarie ed il loro comportamento statico[7].
Ebbene, stando alla definizione di restauro, chi interviene dovrebbe pensare a rimettere nelle condizioni originarie il manufatto, e MAI ad un intervento autoreferenziale, figlio dell’ignoranza delle mode passeggere! Chi non comprende questo, per ignoranza, per ideologia o per qualsivoglia altra ragione, è bene che faccia altro nella vita, piuttosto che stuprare a proprio piacimento i monumenti e gli edifici storici!
Chi si appelli all’epoca di costruzione e/o alla presunta “arbitrarietà” della Guglia di Viollet-Le-Duc, farebbe bene a rendersi conto che quello fu un intervento che sposava rigorosamente il linguaggio, i materiali e le tecniche originarie, tant’è che ai comuni mortali, non passati per la lobotomia delle facoltà di architettura, quella guglia appariva una meraviglia che veniva creduta far parte di Notre Dame da sempre!
Chi ritenga che il progettista/restauratore di turno debba essere legittimato a far ciò che creda, in nome dello “zeitgeist”, farebbe bene a riaprire i libri e capire che, in passato, quando si costruivano le chiese, i vari professionisti che si avvicendavano nella costruzione, (come raccontato per esempio nella Storia della Fabbrica del Duomo di Firenze), dovevano solennemente giurare con una mano sulla Bibbia e l’altra sul modello della Chiesa, che avrebbero portato a compimento quell’edificio, così come pensato dall’autore a cui “L’Opera del Duomo” aveva affidato la realizzazione!
Non è un caso se, per esempio, il cosiddetto Campanile di Giotto risulti esser stato costruito da Giotto nella sola porzione basamentale, tra il 1334 e il 1337 (anno della sua morte), successivamente, tra il 1338 e il 1348, vennero realizzati i due piani intermedi da Andrea Pisano, fedelmente al progetto di Giotto e, dopo due anni di sospensione, il cantiere venne ripreso nel 1350 e completato nel 1359 da Francesco Talenti … quell’edificio oggi presenta una coerenza assoluta e sembra esser venuto fuori da un’unica mano! …
Solo un arrogante architetto contemporaneo, incapace di dialogare col passato (per ragioni ideologiche o per mera incapacità progettuale), può pensare che la sua firma possa essere più importante della ricostruzione del monumento com’era e dov’era, ovvero della ricostruzione dell’identità collettiva!
In conclusione, ritengo indispensabile un’ultima riflessione sul come, a mio avviso, andrebbero gestiti i fondi donati per la ricostruzione, fondi che, in soli 3 giorni, hanno già superato i 900 mln di Euro e che sarebbe un peccato lasciare nella mani di “personaggi in cerca d’autore” che, piuttosto che promuovere la ricostruzione fedele voluta dai donatori, preferiscono fantasticare su folli guglie spaziali, lucernai high-tech e quanto di peggio possa maturare nel loro cervello bacato!
Nell’introduzione al mio libro “La Città Sostenibile è Possibile”, il compianto Paolo Marconi raccontò delle difficoltà affrontate nel mettere in atto la ricostruzione postbellica in Italia, rispettando la volontà popolare e dei donatori, in un momento in cui le neonate Teorie del Restauro, basate sulla lotta alla presunta “falsificazione della storia”, mostravano tutta la loro ostilità.[8]
Marconi scrisse:
«Il Piano Marshall sopperiva in buona parte alla ricostruzione delle città bombardate in Europa ed in Italia – a cominciare da Rimini col Tempio Malatestiano, come vedremo – grazie anche al supporto economico della S. Kress Foundation[9]. Alla fine della seconda Guerra Mondiale infatti era stato creato l’American Committee for the Restoration of Italian Monuments, diretto da C. R. Morey (1877-1955), storico dell’arte della Princeton University e addetto culturale presso l’ambasciata americana di Roma dal 1945 al 1950. La ricostruzione iniziò dal Tempio Malatestiano a Rimini, avendo l’American Committee «già raccolto 50.000 dollari da destinarsi al completamento dei lavori di restauro» (20 febbraio 1947). I dollari dedicati al Tempio saranno alla fine 65.000, grazie alla Kress Foundation che finanzierà anche la ricostruzione ‘com’era, dov’era’ del ponte a S. Trinita di Firenze (1955-57)[10], lodata da B. Zevi nel 1958 (ENCICLOPEDIA DELL’ARTE). Il 14 luglio del 1947 G. De Angelis D’Ossat e D. Levi, in qualità di rappresentanti della Direzione Generale del Ministero alle AA.BB.AA., enunciarono sul posto il tipo d’intervento che si voleva intraprendere: «riportare il paramento albertiano dell’esterno nella sua posizione originaria», smontando e rimontando la facciata. A rafforzare tale decisione fu lo statunitense B. Berenson (grande conoscitore d’Arte italiana), il quale nell’agosto del 1947 compì un fatidico sopralluogo per conto dell’American Committee, in seguito al quale furono messi a disposizione i 50.000 dollari ricevuti dalla Kress Foundation solo a patto che si procedesse allo smontaggio e rimontaggio della Facciata del Tempio. Lo smontaggio iniziò il 21 novembre ’47; il rimontaggio terminò il 13 novembre 1949».
Con questo
breve racconto, preso in prestito dal grande Paolo Marconi, auspico che i
grandi donatori dei fondi per la ricostruzione delle strutture danneggiate della
Cattedrale di Notre Dame mettano un vincolo all’utilizzo di quei fondi
imparando dal precedente della Kress Foundation, grazie al quale, ancora oggi,
possiamo godere della vista dell’edificio di Leon Battista Alberti in quel di
Rimini.
[1] https://summit.news/2019/04/17/elitist-architects-want-notre-dame-rebuilt-to-reflect-new-globalist-france/?fbclid=IwAR2N3v0i2MFLI0-hmsJjE2DlqO16zua92LqFEsXeNNCwSA0WoIYxkogGaS4
[2] https://www.huffingtonpost.it/2019/04/16/massimiliano-fuksas-immagino-un-pinnacolo-di-cristallo-di-baccarat-per-la-nuova-notre-dame_a_23712564/?utm_hp_ref=it-homepage&ref=fbph&ncid=fcbklnkithpmg00000001&fbclid=IwAR16CL3q5WQSbSupH0-EGPzLfKTk2ITNz_tB0b7wSlCwwJxxWxw63vTU2z8
[3] https://www.bbc.com/news/world-europe-47959313?fbclid=IwAR0M83dkbx_OOU7lcWwE-2nU6f9clNtyfoXwyQfT-9xIGnGXP8ZJJadyhv0
[4] https://fr.wikipedia.org/wiki/Grandes_op%C3%A9rations_d%27architecture_et_d%27urbanisme
[5] Cfr. E. M. Mazzola, “Parigi oggi o Roma agli inizi del Nocevento” – Carta Etc., n°5, dicembre 2005
[6] https://international.la-croix.com/news/notre-dame-deserves-better-than-being-rebuilt-exactly-as-it-was/9915?fbclid=IwAR1y2yKdeT5MRmTPG91UgI9baAleM-0tBGxqjlqTe4Nz7srmYEXSPE7dfrE#
[7] Cfr per esempio questi miei vecchi articoli: https://www.ilcovile.it/news/archivio/00000524.html; http://biourbanistica.com/it/blog/2016/8/31/il-cemento-e-il-terremoto-corruzione-e-menzogne-architettoniche/; https://archiwatch.it/2016/08/30/mazzola-sulledificio-sopravvissuto/
[8] P. Marconi, Prefazione al libro di E. M. Mazzola, “La Città Sostenibile è Possibile – The Sustainable City is Possible”, Gangemi Editore, Roma 2010.
[9] Cfr., J. H. Stubbs, TIME HONORED – A global view of Architectural Conservation, Hoboken, New Jersey, 2009
[10] Cfr. la nota precedente
Anche il francese Courrier de l’Architecte con un articolo a firma Jean-Philippe Hugron s’interroga sulla necessità del concorso e sulla fretta con cui è stata lanciata l’idea. Ma, poverette!, le archistars devono pur mangiare! Anche Dubai e i vari Emirati non dureranno in eterno. Bisogna comprenderle. Un po’ meno si comprende la foia di deturpazione del pretame nelle cui mani, purtroppo, si ritrovano, non per propria colpa, tante opere d’arte non solo in Francia…..
quel tetto va ricostruito esattamente come era in origine. Non si puo ricndurre un monumento del genere a bomboniera.
Credo che il restauro edilizio anche in Italia debba essere ripensato aggiornando l’attuale teoria del restauro, privilegiando la salvaguardia dell’idea progettuale originale che ha guidto la realizzazione dell’opera frutto poi di molte mani. L’inserimento di cose diverse tradisce l’originale idea progettuale, formando talvolta un patchwork privo di coerenza, spesso solo per soddisfare l’EGO dei nuovi progettisti.
caro Ettore, è andata proprio bene. Generalmente non credo nei concorsi di progettazione del restauro, Ritengo che esso sia una “scienza esatta” che non chieda alternative:
senza mai dubbi “com’era e dov’era”
un caro saluto