Sulla persecuzione dei CFP per Architetti – una ulteriore testimonianza
Più volte, negli ultimi anni, ho scritto su questo odiosissimo argomento[1]; una delle tante forme persecutorie nei confronti degli architetti – un tempo rappresentanti della regina delle arti – gradualmente declassati a patetici burocrati!
Eppure, se gli squallidi burocrati che hanno concepito questa vergognosa vessazione – certamente a digiuno dalla reale attività professionale – fossero stati più onesti (intellettualmente e non), si sarebbero accorti che le ultime opere degne di essere annoverate sui libri di storia dell’Architettura, sono state realizzate da colleghi che non solo non maturavano i CFP obbligatori, ma addirittura che non erano nemmeno passati per i banchi delle università, avendo imparato la pratica sul campo!
Senza dover fare l’ovvio riferimento ai vari Brunelleschi, Michelangelo, Palladio, Bernini, Borromini, ecc., basterebbe pensare a personaggi come Armando Brasini ed Innocenzo Sabbatini, o quasi tutti gli architetti/ingegneri che hanno fatto la storia del primo Novecento!
Se proprio i burocrati dei CFP necessitavano di imporre questa misura a qualcuno, essi avrebbero dovuto imporla ai soli professionisti che, da studenti/contestatori, esigevano il “18 politico” e che, una volta preso indebitamente il proprio titolo di studio, hanno creato le peggiori mostruosità urbanistico-architettoniche italiane, testando su delle ignare cavie umane le peggiori pippe mentali della propria ignorantissima ideologia!
Tuttavia, per i burocrati dei CFP, gli unici esentati dalla vessazione dei CFP sono stati proprio quei settantenni e ultra settantenni, responsabili del disastro sociale delle periferie criminogene!
A voler essere possibilisti, l’obbligo dei CFP avrebbe potuto avere un senso per i professionisti laureatisi con il nuovo ordinamento il quale, in ottemperanza delle regole internazionali – miranti ad abbassare il livello culturale dei laureati – ha previsto il conseguimento della laurea breve e magistrale. Questo sistema infatti, a differenza di quello precedente, fornisce un’infarinatura generale della materia, piuttosto che una conoscenza approfondita di tutte le discipline, ed è concepito ad-hoc per giustificare la futura necessità di dover ricorrere alla “formazione permanente” ed alla schiavitù dell’apprendistato, gratuito o sottopagato presso gli studi professionali, spesso appartenenti a quei professionisti “stellari” del 18 politico i quali, senza quella manovalanza accondiscendente, non saprebbero fare nulla!!! …
Tuttavia, anche in questo caso, ritengo che l’imposizione dei CFP per i nostri laureati in architettura e ingegneria sia ingiusta perché, nonostante l’abbassamento del livello di preparazione degli ultimi due decenni, i laureati italiani risultano ancora decisamente più preparati degli omologhi esteri … non è infatti un caso se, diversamente da quello che raccontano i pennivendoli italiani, i nostri laureati risultino richiestissimi all’estero, così come non è un caso se la laurea magistrale italiana, negli USA, venga equiparata ad un master di specializzazione post lauream!
Devo premettere che svolgo la mia attività professionale dal 1993 e che, per 12 anni, ho svolto l’attività di assistente di Progettazione Architettonica presso l’Università di Roma “La Sapienza”, mentre dal 2001 insegno presso la University of Notre Dame School of Architecture; inoltre, sin dal 1995 quando ricevetti una borsa di studio del Prince of Wales, ho a che fare con studenti e colleghi di tutto il mondo, tenendo lezioni e partecipando a giurie d’esame in moltissime università internazionali.
Questa premessa, che può sembrare autocelebrativa, è tuttavia necessaria a chiarire quanto la mia esperienza internazionale faccia sì che possa affermare con certezza che il grado di preparazione degli studenti e dei professionisti italiani non abbia eguali altrove! Se qualcuno dei patetici burocrati – e dei pennivendoli a loro servizio – interessati ad infangare il livello culturale degli italiani crede quindi di potermi ritenere in errore o fazioso, sappia di aver sbagliato indirizzo!!!
Per chiarire ulteriormente quanto, mio malgrado, possa essere addentrato nella materia, voglio ricordare ancora una volta come possa aver verificato personalmente quanto sporca possa essere la faccenda dei CFP.
Nel 2016 infatti, quando a nome dell’International Making Cities Livable provai a chiedere il riconoscimento dei crediti per l’importantissimo convegno internazionale tenutosi a Roma[2], potei toccare con mano lo squallore del sistema: uno mondo di burocrati che pretendevano il pagamento per il riconoscimento dei crediti (!!!), chiedendo altresì la cessione gratuita dei video delle conferenze, da vendere sulla piattaforma on-line dell’Ordine. Come se non bastasse, veniva richiesta la produzione di un’immane documentazione, da parte di tutti i partecipanti, che avrebbe dovuto esser valutata da persone che, però, non sapevano spiccicare una parola d’inglese – visto che in tutte le comunicazioni avevo dovuto fare da traduttore – figuriamoci se sarebbero mai stati in grado di comprendere e valutare i contenuti delle relazioni scientifiche dei conferenzieri! Va da sé che l’IMCL si rifiutò di sottostare queste richieste assurde – specie la cessione gratuita dei video – per cui l’Ordine di Roma non pubblicizzò minimamente l’evento, impedendo così agli italiani ed ai colleghi romani di partecipare ad un evento che avrebbe potuto davvero fargli imparare tante cose! … Una vergogna tutta italiana che mi causò grave imbarazzo con gli organizzatori!
Ma c’è di più, perché personalmente, come ho scritto più volte, ogni anno partecipo a convegni internazionali di altissima caratura, ricevendo decine di crediti dall’AIA statunitense, dal RIBA inglese, dall’INTBAU, dal CNU, dal IMCL … senza che però mi vengano riconosciuti in Italia … è chiaro che sono portato a convincermi sempre di più si tratti di una questione di vil denaro!
Sempre nel 2016 infatti, dopo averne discusso con il Presidente dell’epoca e con il personale dell’ufficio preposto ai crediti, inviai all’Ordine la documentazione comprovante i convegni internazionali e gli eventi degli ultimi anni cui avevo partecipato da uditore, oratore e moderatore, nonché quella relativa ad una serie di premi internazionali ricevuti, tuttavia mi vidi rispondere che quanto prodotto non facesse testo ai fini dei CFP italiani! …
Per i nostri squallidi burocrati risulta infatti più formativo obbligare i professionisti a visitare una mostra di progetti di qualche pessima – presunta – archistar nostrana, oppure ascoltare la presentazione di un ignobile libro scritto da uno di quei pessimi progettisti/docenti esentati dai CFP, piuttosto che l’aver partecipato a dei convegni internazionali dove ha parlato il fior fiore degli esperti della materia!
Per certi squallidi individui, abituati a stare dietro una scrivania senza aver mai fatto null’altro nella vita, è molto più importante costringere gli architetti ad ascoltare un emerito nessuno che proietta le slides di qualcun altro, o peggio ancora assistere alla presentazione di qualche venditore di prodotti industriali che fa pubblicità alla sua azienda, piuttosto che riconoscere la reale formazione continua di chi partecipi a convegni internazionali di altissimo livello!
Se, per i nostri vergognosi burocrati, questa è la maniera per migliorare la professione, non meravigliamoci quindi dello squallore che ci circonda, né rattristiamoci per la perdita del nostro patrimonio causato dalla scomparsa delle conoscenze dovuta l’uniformizzazione alla sottocultura globalizzata.
Il CNA, gli Ordini professionali e la nostra classe politica avrebbero dovuto tutelare i professionisti italiani, preservando così anche il nostro patrimonio culturale, tuttavia è stato fatto di tutto affinché il ruolo dei liberi professionisti divenisse sempre più marginale rispetto alle “società di ingegneria” ed alle presunte “grandi aziende” che, in sede di appalto, forniscono un “pacchetto completo di progettazione”, strafregandosene dei luoghi, delle persone e della società e, perché no? dei CFP … o forse credete che tutti i progettisti dei “grandi progetti” vadano a maturare i crediti nei corsi degli ordini professionali?
C’è una cosa ben più grave del semplice costo del riconoscimento dei crediti, ed è legata alla minaccia delle sanzioni per il mancato raggiungimento del numero di CFP obbligatori – sospensione temporanea dell’attività proporzionalmente al numero di crediti non maturati – una cosa che, come ho spiegato nei testi linkati in precedenza, risulta direttamente collegata alla stramaledetta riforma delle pensioni della Fornero! … Se ci riflettete su infatti, vi renderete conto che, quella sospensione temporanea dell’attività, andrà a posticipare proporzionalmente la data di pensionamento, in ottemperanza della logica di quella gentaglia che manovra le politiche economiche internazionali e che vede come un grande problema il fatto che i pensionati vivano troppo a lungo[3]!
Giorni fa ho ricevuto la testimonianza della collega Mariagrazia Abbaldo, anch’ella vittima del sistema, che mi ha inviato la lettera scritta in risposta alla comunicazione di “mancanza di diligenza in merito all’obbligo formativo” inviatale dall’Ordine degli Architetti, Pianificatori Paesaggisti e Conservatori di Torino.
Nel messaggio di accompagnamento la collega ha scritto:
«Sono una collega, mi chiamo Mariagrazia Abbaldo, due anni fa scrissi anch’io una memoria al mio Ordine relativamente alla questione dei Crediti Formativi senza avere risposte degne di quel nome.
Ne riporto di seguito il testo perché vorrei fare qualcosa per avere un futuro migliore e sono disponibile a lavorare con chi vorrà occuparsi onestamente del problema».
È quindi con grande piacere che ospito sul mio blog il testo integrale della sua lettera, sperando che possa servire a tutti i colleghi, affinché prendano coraggio e si battano per metter fine a questa vergognosa ed ingiusta forma di vessazione, peraltro costosa in termini di tempo e denaro!
Considerazioni di un architetto “non diligente” in merito all’obbligo formativo – (Mariagrazia Abbaldo)
Lo scorso 30 giugno 2017 sono scaduti i termini per il ravvedimento relativo all’acquisizione dei crediti formativi che, come da normativa, determinano l’aggiornamento e lo sviluppo professionale continuo degli Architetti. Scrivo questa lettera perché mi considero un professionista che dedica il suo lavoro, continuamente e con risultati concreti allo “…sviluppo della società, dell’architettura e dell’ambiente” così come riporta l’art. 1 del Regolamento per l’aggiornamento e lo sviluppo professionale continuo, ma non ho acquisito i crediti richiesti secondo le modalità imposte dalla norma.
Condividendone gli obiettivi, ho voluto credere che quanto già stavo costruendo sul territorio rispondesse almeno per buona parte a quanto richiesto. Ho da sempre condotto un intenso lavoro di ricerca per altro premiato più volte dal mio stesso Ordine; la risposta di quest’ultimo all’invio di una mia relazione relativa al lavoro svolto, che qui allego, si attiene a una norma che non lascia spazio a possibili valutazioni.
In particolare mi ha preoccupato un’affermazione puntuale avuta dall’ufficio formazione che riporta: “non è possibile accreditare CFP per organizzazione, allestimento, comunicazione di mostre o esposizione di proprie opere o installazioni, è invece possibile visitare mostre purché attinenti alle aree tematiche delle linee guida, 1cfp con scansione del biglietto d’ingresso”. Cioè a dire che sono più accreditati i professionisti che visitano le mostre rispetto a quelli che le organizzano e addirittura producono il materiale esposto.
Visto che credo nel valore dell’istituzione e ho un profondo rispetto per il lavoro degli altri compreso quello di chi si è speso per mettere in pratica il progetto delle formazione obbligatoria per i professionisti, scrivo per dare il mio contributo al progetto istituzionale riportando la mia esperienza professionale e alcune considerazioni alla luce di quelli che sono gli obiettivi della normativa del caso.
L’art. 4 del Regolamento in oggetto riguarda gli obiettivi del progetto: “le attività di aggiornamento e sviluppo professionale devono perseguire i seguenti obiettivi:
a) proteggere l’interesse collettivo salvaguardando le aspettative della committenza;
b) migliorare e perfezionare la competenza tecnica e professionale individuale a tutela della qualità architettonica;
c) accrescere lo studio e l’approfondimento culturale e tecnico scientifico individuale quali presupposti per un esercizio professionale di qualità;
d) promuovere il più ampio accesso di tutti gli Iscritti alle attività di aggiornamento e sviluppo professionale attraverso l’adozione di politiche tese al contenimento dei costi.”
Lo studio professionale che conduco con mio marito nonché collega Paolo Albertelli, Studio C&C Architetti Associati, si occupa nello specifico del rapporto tra arte e architettura e in particolare di paesaggio, da circa 15 anni conduce una particolarissima ricerca sulla tecnica del taglio laser su metalli diversi che in questi anni difficilissimi ci ha permesso di sviluppare un mercato sia in Italia che all’estero contribuendo al sostentamento di una, se pur piccola, parte di comunità.
Gli artigiani con cui tagliamo al laser i nostri lavori, grazie alla ricerca tecnica condotta insieme ma in particolare alla nostra ricerca condotta sul disegno e alla nostra disponibilità, hanno costruito una propria linea di interior design che permette loro di avere un proprio prodotto da commercializzare e non dipendere esclusivamente dalle commissioni frequentemente insolute di altre aziende.
Il nostro studio professionale si chiama C&C perché stiamo collaborando con giovani colleghi ai quali, sotto la nostra supervisione, diamo la possibilità di gestire con noi lo Studio e di firmare, all’interno di un organismo già avviato e a loro disposizione, i propri progetti.
Io
personalmente, per puro amore di condivisione e consapevolezza dell’urgente
necessità di comunicare energicamente fiducia in valori che non sono perduti:
gratuità, rispetto, impegno, solidarietà ecc. ecc., soprattutto a chi è più
giovane, dedico da anni almeno tre settimane annue del mio tempo per seguire la
formazione di stagisti universitari, liceali legati al progetto di alternanza
scuola-lavoro italiani e stranieri ai quali insegno gratuitamente e con
passione a svolgere il lavoro che sviluppo da anni, fregandomene del segreto
aziendale perché credo sia
più importante comunicare una conoscenza piuttosto che perseguire un tornaconto
essenzialmente personale.
Proprio
per accrescere la nostra competenza tecnica e professionale, abbiamo sempre
collaborato con tutte le professionalità che abbiamo avuto modo di incontrare
sul nostro cammino lavorativo, cercando inoltre di comunicare il lavoro
prodotto insieme tramite mostre installate sia sul nostro territorio (ad
esempio nel circuito del festival Architettura in città), che all’estero.
A confermare la qualità riconosciuta del nostro lavoro, abbiamo avuto in questi ultimi tre anni, tra le commissioni più importanti, l’incarico dalla città di Zermatt per la realizzazione del monumento commemorativo dei 150 anni dalla conquista del Cervino, ora installato nella sua piazza principale.
Siamo stati invitati dal Parlamento Europeo ad esporre a Bruxelles il nostro lavoro sul paesaggio dedicato ai territori vitivinicoli piemontesi, Il Museo della Montagna di Torino e il Messner Mountain Museum di Bolzano hanno acquisito dei nostri lavori per la loro esposizione permanente, abbiamo avuto quest’anno il primo premio Arte Fiera Dolomiti, siamo stati invitati dal Montreux Art Gallery ad esporre i nostri lavori alla prossima quinta edizione della Biennale d’arte di Montreux.
Sempre per accrescere l’approfondimento culturale e tecnico del nostro lavoro, stiamo chiedendo a maestranze locali di insegnarci ad eseguire lavorazioni particolari, volendo recuperare parte di quella sapienza che rischia di andare perduta perché i corsi istituzionalizzati richiedono una burocrazia inaccessibile per chi, pur essendo un vero Maestro, non ha dimestichezza con certa forma; come il signor Cortassa, saldatore in pensione ma tra i pochissimi in grado di saldare a TIG le leghe leggere e soprattutto il titanio. Il punto però è: non soprattutto al signor Cortassa deve interessare se la sua sapienza andrà perduta, piuttosto invece dovrà interessarsene chi ha un futuro da vivere e, in particolare, la PPAA.
Ho riassunto brevemente su quali fronti mi sto impegnando per spiegare perché ritengo di avere lavorato perseguendo gli obiettivi del progetto istituzionale e mi inquieta pensare che il mio Ordine potrebbe decidere di sospendere il mio lavoro non per mancanze sostanziali ma per eventuali carenze che stanno a corollario della mia attività lavorativa e che piuttosto riguardano l’aspetto formale dell’esercizio dell’accreditamento.
Quindi la mia preoccupazione si estende al futuro della mia categoria professionale, a quello di una istituzione che continua a preferire il sistema burocratico-sanzionatorio che allontana a quello della progettualità efficace tramite la conoscenza delle realtà di cui si può disporre.
Un
esempio di collaborazione efficace tra l’Ordine professionale ed iscritti
potrebbe
riguardare il tema delle attività accreditanti proposte dai singoli
professionisti, tema stimolantissimo perché porterebbe con se l’enorme
potenziale che hanno le passioni.
Le
diverse esperienze lavorative, a volte particolarissime, porterebbero ad
individuare campi di interesse diversi grazie ai quali, oltre ad arricchire
l’intera proposta formativa, si potrebbero individuare diverse prospettive
relative allo sviluppo futuro della nostra professione. Considerando che le
tematiche attualmente offerte dai corsi accreditanti sono perlopiù generiche e
convenzionali e l’approvazione di nuove proposte da parte degli iscritti
richiede un iter burocratico insostenibile per chi deve lavorare per vivere,
gli Ordini professionali locali potrebbero avere un ruolo di reale
supporto allo sviluppo facendo proprie le proposte meritevoli e fornendo un
servizio di formalizzazione adeguato.
Vorrei ancora fare un inciso sull’opinione purtroppo comune tra colleghi relativamente alla bassa qualità di buona parte dei corsi formalmente accreditanti, questo fatto che evidentemente denuncia quanto valore si dia a procedure formali rispetto a quelle sostanziali, certo non contribuisce a creare fiducia e collaborazione nei confronti dell’istituzione.
Se il nostro Ordine conoscesse le specificità dei suoi iscritti potrebbe effettivamente valorizzarne la professionalità e di conseguenza essere più che mai sostenuto nelle proprie proposte progettuali.
Si potrebbe innescare un circolo virtuoso fatto di riconoscenza dei valori e partecipazione che porta alla collaborazione e quindi alla crescita di tutti. Spero in una discussione il più possibile condivisa e utile a formalizzare nuove procedure relativamente all’importanza della formazione obbligatoria continua dei professionisti; e spero in un’istituzione che si avvicini realmente ai problemi concreti e quotidiani di chi oggi sostiene con molta fatica e coraggio la nostra professione.
Allego alla presente una relazione relativa al lavoro da me svolto nell’ultimo triennio
Torino,
3 luglio 2017 Mariagrazia Abbaldo Architetto
[1] http://www.picweb.it/emm/blog/index.php/2017/05/14/non-solo-giusti-compensi-basta-con-limmonda-truffa-dei-crediti-formativi/
[2] https://www.livablecities.org/conferences/53rd-conference-rome
[3] https://www.repubblica.it/economia/2012/04/11/news/fmi_nessun_investimento_sicuro_la_longevit_mette_a_rischio_i_bilanci_degli_stati-33121970/
A parte il livore e la generalizzazione eccessiva nei confronti dei colleghi più anziani e/o docenti di cui all’inizio del messaggio, condivido tutto quanto scritto nel messaggio, comprese le rimostranze della collega architetto-artista- paesaggista.
La burocrazia è la malattia degenerativa di una falsa razionalitá, per lo più percorsa da persone che non praticano una professione di alto livello e, da una posizione acquisita non per meriti specifici nel fare, ma per elezioni “politiche”. Il sistema dei crediti formativi ( spesso di pessimo livello)e delle reprimende va assolutamente eliminato.
Vito Cappiello – Napoli
Colleghi,
sono d’accordo su tutto avendo sperimentato da qualche anno questa assurda metodica di aggiornamento che dovrebbe innalzare il livello di preparazione, di riqualificazione e adeguamento ai tempi, alle tecnologie, alle sperimentazioni e chi più ne ha più ne metta.
In realtà, dall’interno, posso dire che è tutto completamente inutile e in qualche occasione dannoso.
Nella maggior parte dei casi i relatori si parlano addosso senza che nessuno dei presenti gli presti attenzione sia per la vacuità degli argomenti, che per la pretestuosità degli stessi, spesso dettati da aziende che finanziano l’evento formativo. L’autocelebrazione dei 3-4 relatori, che poi si scambiano i ruoli se l’evento si tiene in una città piuttosto che in un’altra è sinceramente vomitevole. Mi guardo intorno e vedo gente annoiata, indaffarata a fare altro sugli smartphone e più spesso incazzata. La sensazione è quella del film in cui Fantozzi e compagnia bella è costretta a vedersi “La corazzata Potëmkin” mentre in diretta sta andando il partitone della nazionale.
Considerata la situazione poco stimolante la maggior parte si butta sulla formazione in modalità FAD, cercando corsi web gratuiti o pagando una retta a qualche società o Ordine professionale. Ovviamente la situazione è la stessa ma vissuta in assoluta solitudine e, ovviamente, facendo altro.
Come per l’accesso a numero chiuso per alcune facoltà, anche in questo caso si è creata un’economia parallela che difficilmente potrà essere eliminata.
La preparazione e l’aggiornamento di un architetto non può essere fotografata dal numero di crediti che ha accumulato ma dai suoi viaggi, le sue ricerche personali, dai libri che legge, da una sensibilità e da una curiosità che è completamente indipendente persino dal proprio titolo accademico. Giusto per ricordarlo, a me per primo, uno dei grandi architetti viventi, tale TADAO ANDO, non si è mai laureato, e non è oggi il solo caso nel mondo. Riavvolgendo il nastro della storia potrei poi citare grandi nomi come LE CORBUSIER, MIES VAN DER ROHE, F.L. WRIGHT, e, in Italia, CARLO SCARPA, eppure tutti loro hanno letteralmente rivoluzionato la storia dell’architettura, piacendo o no.
Queste riflessioni semplici dovrebbe partire direttamente dagli Ordini professionali provinciali piuttosto che da singoli architetti, più o meno noti, e invece proprio quelle organizzazioni sono il non-luogo conosciuto solo perché ogni anno ti arriva il bollettino da pagare.
Mi sono laureato nel 1976, senza però giovarmi di 27 politici, essendo un autentico “studente lavoratore” a differenza del figli di papà che facevano il bello e il cattivo tempo nelle Università e nelle piazze, e lo fanno tuttora nelle Università, nei Ministeri, nelle case editrici, nei convegni e in tutte le altre vetrine in cui elargiscono la loro dottrina e che hanno monopolizzato senza incontrare resistenza.
A loro dobbiamo i CFP e le norme che regolano la partecipazione ai concorsi di progettazione, accuratamente studiate allo scopo di escludere dalle gare chi non rientra nella mafia delle Archistar o dei “grandi” studi ai quali è riservata l’ambita funzione di disegnare le nostre città e di programmarne il futuro……. come ebbi modo di constatare anni fa, quando una pubblica Amministrazione lanciò un concorso “di idee” per partecipare al quale bisognava disporre di una struttura (un team, secondo l’usuale terminologia ostrogota con cui si sciacquano la bocca i coglioni nostrani) di almeno sedici elementi (per un concorso d’idee)……..
Quanto agli Ordini professionali, a mio parere dovrebbero essere semplicemente aboliti, in quanto carrozzoni utili soltanto a conferire visibilità e potere ai personaggi che sanno servirsene. Ed è veramente strano che in tempi di antifascismo militante e obbligatorio, nessuno degli insospettabili democratici che reggono le patrie sorti ne abbia indagato le fascistissime origini…..
ottimo commento Claudio!
Il problema può essere risolto con la delocalizzazione…
degli architetti? degli ordini? di chi?