Questa mattina ho ricevuto l’accorato appello dei redattori di Rimini 2.0 affinché, anch’io, dessi il mio contributo a questa nuova battaglia, che vede i gioielli della città romagnola preda di personaggi incapaci di comprendere il valore storico culturale di ciò che, in nome della propria visione distorta del mondo, vogliono violentare!
La notizia[1] è di quelle che fanno rabbrividire: per poter consentire la trasformazione dello storico Castel Sismondo in museo dedicato a Federico Fellini, è stato proposto di aprire una porta in uno dei suoi bastioni!
L’articolo, scritto senza peli sulla lingua dallo storico locale Gianni Rimondini, spiega come i promotori di questa operazione – analogamente a quanto amano fare molti loschi personaggi e Ministri dei Beni Culturali che travisano il concetto di monumento e, soprattutto, di “valorizzazione” – vede il valore storico, artistico e culturale del grandioso castello, svilito a mero ruolo di “contenitore”!!
In particolare, Rimondini chiarisce molto bene:
«Questo danno irreversibile che non possiamo pensare sia avallato dal Soprintendente, che sappiamo essere una persona non sprovveduta di cultura e onesta, può pensarlo solo lo sprovveduto nessuno che sta mortificando lo spazio del castello per adattarlo ai suoi percorsi moderni del cribbio, trattando il castello brunelleschiano da CONTENITORE.
Chiunque usi la parola CONTENITORE per indicare un’architettura si denuncia da solo come incapace di capire il valore di un’opera di architettura. Avete capito giovani architetti ignorantelli?
Perché sicuramente il castello è un contenitore, e ha in comune la caratteristica di contenitore con un cesso campagnolo, vuoi costruito con mattoni, vuoi con canne e argilla, è ovvio che un’opera del Brunelleschi abbia qualcosa in più della caratteristica di un cesso campagnolo.
CONTENITORE è una scatola, un foglio di carta che avvolge qualcosa che ha valore, in sé però è privo di valore. Chi non sa vedere il valore che un’architettura ha in sé usa il termine “contenitore”.
Pensare a Castel Sismondo come a un contenitore è il punto di partenza mentale di chi non capendolo comincia a negarne il valore e inevitabilmente a distruggerlo.
Cosa ci mettiamo dentro? Mi chiedeva Andrea Gnassi (sindaco di Rimini n.d.r.) in un colloquio di circa un anno fa. Avevo un bel da dirgli: NIENTE. Lo spazio brunelleschiano non ha bisogno di essere riempito con ciaffi di nessun genere se non forse con oggetti dei tempi di Sigismondo Pandolfo Malatesta (1417-1468)».
Rimondini, preso dallo sconforto per l’ennesimo affronto al patrimonio riminese – cosa della quale anch’io mi sono interessato[2] – non sapendo forse più a quale santo appellarsi per scongiurare lo scempio, ci è andato giù pesante, perfino arrivando a tirare in ballo antiche maledizioni, sul genere di quelle di Tutankhamon e Montezuma … hai visto mai che la superstizione non vinca sull’ostinazione e l’arroganza?
«Lo riempiano pure con le scenografie dei film di Fellini, ma non si azzardino a modificare i muri del Trecento e del Quattrocento, sorti sulle prima mura romane di Ariminum. Il sindaco e i suoi accoliti temano la Nemesi sigismondea. È assai noto che Sigismondo Pandolfo si vendica su chi gli guasta il Castello o il Tempio: Cesare Borgia nel 1503 fece capitozzare le torri e subito gli morì il padre papa e perdette tutto quello che aveva conquistato, morendo ammazzato in Spagna. Quando i Riminesi sprovveduti e lecchini dedicarono a Urbano VIII Castel Sismondo, Rimini soccombette alla peste e il papa ebbe il primo attacco di emorroidi mortali. Ma poi, che fine ha fatto Cesare Bianchini, che distrusse di sua mano il Kursaal nel dopoguerra e che con il vescovo Santa voleva fare a pezzi il Tempio, in cambio dei dollari della Fondazione Kress? Fu costretto ad emigrare in Argentina, ed era stato eletto con un plebiscito che Gnassi si sogna. Gnassi stai attento a quello che fai, stai mettendo in moto un movimento che non potrai contenere!»
Cosa aggiungere dunque all’invettivadi Rimondini?
Purtroppo, quando in un luogo si insinua un morbo devastante diviene difficile sperare che la comunità non venga falcidiata!
Questo è anche il motivo per cui i medici saggi, piuttosto che curare il cancro quando è troppo tardi, preferiscono promuovere la prevenzione sapendo bene che, al proliferarsi delle metastasi, resteranno pochissime speranze per il malato!
Altrettanto occorrerebbe fare in urbanistica, architettura e restauro … ma la saggezza, purtroppo, non va d’accordo con la presunzione e l’arroganza di chi decida di imporre la propria miserabile visione ideologica e deleteria; specie se questa attitudine trova alimento nell’idiozia degli “intellettualoidi” che, pur di mostrarsi culturalmente superiori agli altri, fingono di comprendere e apprezzare costosissimi abomini figli dello “zeitgeist“.
Rimini, come documentato dalle immagini nel testo, è già stata teatro di scempi inqualificabili, imposti dittatorialmente dall’amministrazione comunale e da una pletora di intellettualoidi a supporto. L’abominio realizzato lungo il Canale Marecchia presso il Ponte di Tiberio e l’orrenda sistemazione esterna dello stesso Castel Sismondo, degna di uno shopping mall americano sono state inserite come un morbo incurabile all’interno di un tessuto sano, dando il “la” a nuovi scempi irrispettosi del contesto!
L’unica forma di prevenzione che possiamo mettere in atto nella nostra società è quella che, fino a svariati decenni fa, vedeva prevalere il buon senso ed il desiderio comune sull’arroganza, la speculazione, e l’individualismo più esasperato! … il che comporta la capacità di saper fare un passo indietro.
Questo metodo di prevenzione, infatti, richiede il coraggio, da parte dei politici, professionisti e amministratori locali, di prendere posizioni impopolari verso i promotori degli scempi!
A tal proposito, più volte ho ricordato il caso dell’architetto Armando Brasini che, nel 1928, fu in grado di fare ammettere a Mussolini di aver sbagliato, scongiurando così il massacro di Piazza dell’Ara Coeli a Roma[3]!
Ma quello non fu un caso isolato … eppure si era in un regime totalitario, non in un periodo che si spaccia per essere “liberale” come quello odierno
Per essere più chiaro, credo sia il caso di ricordare la determinazione di Fabio Bargagli-Petrucci, Podestà di Siena nel 1927, il quale ebbe il coraggio di impedire gli sventramenti previsti, facendo dichiarare – per la prima volta nella storia – “monumenti” gli antichi quartieri di Salicotto e Ovile, tramandandoceli così, meravigliosamente intatti!
Quel precedente, a due anni di distanza, portò – per la prima volta nella storia – ad istituire il vincolo monumentale sull’intera città di San Gimignano! … solo molti anni dopo il concetto di Monumento venne esteso ai centri storici!
Ai colleghi cialtroni, ossessionati dal “progresso“, ricordo quindi che questa visione non fu, e non è, figlia del passatismo, ma di un concetto ben più evoluto di civiltà e progresso, molto ben riassunto in una massima di Edmund Burke che affermava:
«Una civiltà sana è quella che mantiene intatti i rapporti col presente, col futuro e col passato. Quando il passato alimenta e sostiene il presente e il futuro, si ha una società evoluta»
Finché la gente non prenderà coscienza
dell’immenso raggiro dei mercanti d’arte e dei professionisti al loro servizio,
non ci sarà nulla di buono in cui sperare.
[1] https://www.riminiduepuntozero.it/cominciano-a-distruggere-castel-sismondo-fermiamoli/
[2] http://www.picweb.it/emm/blog/index.php/2017/07/06/rispetto-per-il-ponte-di-tiberio-a-rimini/
[3] http://www.picweb.it/emm/blog/index.php/2018/04/12/alea-iacta-est-il-massacro-del-ponte-di-tiberio-a-rimini-e-fatto/
Di “liberale”, da quarant’anni, il sistema economico-sociale vigente, ha soltanto la possibilità data ai detentori di capitali di certa e incerta provenienza, di fare e disfare a loro piacimento pur di garantirne valorizzazione e accumulazione dei suddetti capitali d’investimento . E questo è di palmare evidenza anche in questo caso. Finché lo Stato e il pubblico interesse non torneranno ad avere la capacità d’investire con grandi quantità di danaro e altissima capacità di controllo, competenza, indirizzo e repressione, continueremo a menare il torrone; il quale, una volta stagionato, vibrato con forza, può anche far male.
Caro Maurizio,
più che “liberale” potremmo onestamente chiamarlo “neo liberista” e, come diceva Peppino a Totò, “ho detto tutto!”
Caro Ettore, ciò che veramente mi inorridisce di quanto è accaduto nel villaggio globale in questi quattro decenni, è il fondamento teorico che lentamente ma non troppo, si è impadronito dei gangli cardinali delle società umane, le università per prime, costituito dalla visione paranoide di F. Von Hayek, successivamente amplificata da M. Friedman e dalla cosiddetta “scuola di Chicago”. Ne leggo l’impronta nell’urbanistica e nell’architettura delle città del mondo, proprio lì dove noi operiamo.