Sono anni che denuncio l’immondo modo di progettare contemporaneo definendolo “figlio dell’insegnamento distorto delle facoltà di architettura” … una cosa inammissibile da parte di chi si senta onnipotente, ergo irreprensibile.
Molti colleghi, purtroppo, vuoi per incapacità di fare meglio, o semplicemente a causa del lavaggio del cervello patito sui banchi universitari, preferiscono non ammettere essere in errore e, se proprio devono ammettere che l’edilizia contemporanea faccia schifo, tendono ad accusare come responsabili della bruttezza che ci circonda i geometri, dimenticando che questi, comunque, procedono per emulazione dell’opera degli architetti che qualcuno racconta essere i “maestri”.
In questi anni il mio coraggio di denunciare la realtà dei fatti mi ha portato a ricevere offese di ogni genere da parte di tanti colleghi affetti dal morbo esopico della volpe e l’uva … perché non si ammetta mai di essere incapaci di fare di meglio, è sempre più facile accusare chi sia in grado di farlo di essere in errore: chi denuncia la fallacità della categoria viene attaccato sul personale e, se proprio non ci sono argomenti colti e credibili (praticamente non mi è mai capitato in trent’anni di battaglie), si passa ad accuse di “fascismo”, “comunismo”, “populismo”, “passatismo” e idiozie del genere.
Negli anni, però, le cose sono andate migliorando e, apparentemente, sono sempre di più i colleghi che trovano il coraggio di denunciare il fallimento dell’architettura (che sarebbe più corretto definire “edilizia”) contemporanea.
Per questa ragione ho accolto con grande piacere e condiviso il post pubblicato sulla pagina FB “Lortoincolto”, dedicato ad un recente sgorbio edilizio realizzato a Civitavecchia.
Quel post, scritto in accompagnamento di questa immagine, recita:
«L’inutilità dell’architetto…
L’architetto ha perso ogni reputazione, in qualunque posizione si trovi, da libero professionista, da funzionario di enti pubblici, come archistar.
Basta guardarsi intorno, trovi mostruosità degne di essere abbattute.
Questo è segno del fallimento delle università e degli ordini professionali, della burocrazia che regna negli uffici urbanistica dei comuni ma anche delle norme che regolano i lavori pubblici.
Tutta l’impalcatura normativa sui LL.PP. non persegue la qualità delle opere da realizzarsi nei tempi giusti e a costi congrui ma è impegnata a evitare infiltrazioni criminose nei procedimenti, perdendo di vista l’originario obbiettivo.
Scusate la foto orrenda, scattata su una strada principale di una importante città portuale del Lazio, mi scuso anche con Architerror per lo sconfinamento tematico».
Una cara amica e collega ha commentato:
«Io sono architetto e aborro certi interventi.
Purtroppo ahimè, non è colpa solo dell’architetto, anzi. A volte ci proviamo a dover lottare con committenti che chiedono cose bizzarre, audaci, perché viste in quel locale o in un film.
Il problema è culturale, di una società che si sta abituando sempre più al mordi e fuggi, all’inaspettato, alle emozioni forti e veloci.
Ecco che è difficile anche per il committente fermarsi a ragionare, riflettere, digerire e maturare il progetto.
Basta prendersela con gli architetti, prendiamocela anche con chi commissiona e approva questi interventi e iniziamo a interrogarci se non siamo un po’ tutti complici, assecondando questa nuova tendenza in cui si preferisce guardare 10 video su TikTok piuttosto che guardare un film, leggere post su Facebook piuttosto che un libro.
Questo è il risultato…
Per attirare la tua attenzione devo fare una ca**** !!! Social docet, no?»
Ebbene, non me ne voglia la stimata amica e collega, posso essere d’accordo solo in minima parte con un pensiero de genere che, a mio avviso, serve solo a ricercare altrove determinate responsabilità.
Per dirla tutta, credo sinceramente che la stragrande maggioranza dei committenti, non essendo stati lobotomizzati in una facoltà di architettura, tendano prevalentemente ad affidarsi agli architetti i quali, se fossero immuni da onanismo cerebrale, farebbero le cose bene. Purtroppo però, per molti di loro, i tanti anni spesi in certe “esercitazioni manuali” li hanno resi ciechi davanti alle mostruosità che producono in nome della propria ignoranza autocelebrativa.
… Questo per dire che la colpa è solo ed esclusivamente loro!
L’amica, davanti alla mia risposta ha sostenuto:
«Rispetto la tua idea … Ma si sono trovata così tante volte a dover martoriare i miei progetti per ‘esigenze’ della committenza, che davvero mi viene di pensare a tutto.
Io ho dei principi e delle idee abbastanza chiare e ferme che più di tanto non mi smuovo, ma penso ad un individuo un po’ più fragile e modaiolo, che può succedere. Sono anni che penso che non decidono gli architetti ma i soldi dei committenti. Vedo gente con le possibilità economiche che fanno e disfanno. A noi spesso solo la facoltà di mettere le firma … sempre se ti chiamano e non fanno in nero, perché ahimè, in Italia è pieno anche di questo».
Purtroppo, nemmeno in questo caso posso accettare una giustificazione del genere, che ritengo vera solo in parte e probabilmente solo per piccoli interventi di ristrutturazione di interni, perché la verità è che, se gli architetti e le facoltà di architettura non mettessero – o non avessero messo – idee strane nella testa della gente, nessuno si sognerebbe di chiedere certi aborti edilizi.
È come ciò che accade in TV dove, dopo aver imposto la TV-spazzatura dei programmi della D’Urso e della De Filippi, ora i responsabili delle TV si trincerano dietro frasi come: “è il pubblico che ce lo chiede” … ma noi sappiamo bene che se il pubblico non fosse mai stato esposto a certe porcherie, mai le avrebbe richieste.
Ne consegue che coloro i quali, in qualità di esperti, fanno teoria e influenzano le masse, sono gli unici responsabili della degenerazione intellettuale ed estetica odierna.
Il fatto di essere architetti non ci esime dal dover fare autocritica e condannare la nostra categoria, a meno che non ci continuiamo a riconoscere in essa … Io non mi riconosco e non smetterò mai di ribadirlo: lo schifo delle nostre città è colpa degli architetti.
Come insegnano gli psicologi, il primo sintomo di guarigione di un paziente si registra nel momento in cui questi riconosca la necessità di farsi aiutare a superare i propri problemi.
Per analogia ritengo che la rinascita dell’architettura potrà avvenire solo quando gli architetti saranno in grado di riconoscere i propri errori, rimettendo in discussione molti dei presunti “grandi maestri” del Novecento, in quanto responsabili del fallimento culturale, artistico e sociale dell’architettura e dell’urbanistica.
I visitatori stranieri continueranno a venire per vedere le architetture dei secoli passati (anche quelle “spontanee” dei paesini, finchè riusciremo a preservarle!),e a portare un po’ di ricchezza al turismo, Le architetture moderne le hanno già, migliori delle nostre, a casa loro, e i loro discendenti non verranno certo a vedere questi forzati obbrobri.
Giustissimo caro Claudio,
come ho scritto in occasione della battaglia per salvare Palazzo Carcano di Trani, il Capo Indiano Sioux, Orso in Piedi, diceva: «Quando l’ultimo albero sarà abbattuto, l’ultimo fiume avvelenato, l’ultimo pesce pescato, l’ultimo animale ucciso, vi accorgerete che non si può mangiare il denaro!» … Analogamente, occorrerebbe riflettere sul fatto che, quando il carattere dei nostri meravigliosi centri storici sarà perduto, divenendo non dissimile dalle periferie di tutto il mondo, non vi sarà più alcuna ragione di interesse a visitare le nostre città.
Come non condividere l’amaro gusto dei vostri commenti. Ma parimenti bisogna sforzarsi di capire a fondo verso quali linguaggi la storia del mondo si va orientando, le profonde fratture e gli abissali cambiamenti quali nuovi modi di sentire e d’intendere la città, l’abitare, il paesaggio fatalmente definiranno. Forse staremo in un deserto o in un oceano, non lo sappiamo, ma quello che sappiamo è che il mondo sta accelerando in tutti i suoi processi di produzione e riproduzione del reale e come tecnici del costruire dobbiamo provare a capire in quale/i lingua/e ciò si esprimerà. Per cercare, come sempre, di trarne una forma.
Caro Maurizio,
è vero ciò che dici … ma anche mi chiedo se ci sia davvero la profondità di pensiero che immagina un orientamento riguardo al nuovo modo di sentire e d’intendere la città, l’abitare e il paesaggio. A ma sembra che ci sia solo un becero opportunismo capitalista che non tiene in considerazione nulla, nonché l’atteggiamento sempre più parassitico degli esseri umani (ed ovviamente dei progettisti), che sembrano interessati solo ad avere il massimo con il minimo dello sforzo, se non addirittura non muovendo un dito
Già. Trovare un interstizio li, oltre a essere faticoso è anche inutile. Ma nella vita nulla si ottiene senza lottare. Inoltre ho ragione di pensare che ci siano probabilità, poche, che l’andazzo generale di questi ultimi decenni sia nella sua evidenza, poco profittevole anche per i sepolcri imbiancati, gli smidollati e infine e soprattutto per i padroni del vaporetto.