Nel lontano 2017, a cavallo tra la fine di maggio e l’inizio di giugno, preoccupato per la deriva sociale e mentale della nostra società, sempre più sedentaria e consumista, lanciai un grido di allarme – articolato in due brevi saggi – cercando di far notare quanto autolesionista risultasse essere il nostro approccio ipertecnologico alla vita, un approccio che, infatti, oltre ad averci condotti ad una comprovata fase di involuzione mentale, presto, rischia di portarci all’autoestinzione.
Qualcuno, rigorosamente munito di paraocchi o perché in malafede, probabilmente riderà di certe affermazioni, accusandomi di essere un menagramo, di essere fuori dal tempo, di essere un passatista nostalgico, di essere un novello, patetico Nostradamus o Cassandra … eppure l’evidenza dei fatti è sotto gli occhi di tutti, ed è solo colpa della miopia che ci provoca l’ossessione per la “modernità” se non riusciamo ad accorgercene.
I quei due saggi – che il blog mi informa essere stati letti parecchio negli ultimi giorni, forse anche dall’autore del testo[1] letto oggi in rete – ricordavo della grande lezione morale, sottovalutata e/o ignorata dalla massa, che emerge dallo straordinario film “Wall-e”, una lezione che invece dovremmo recepire prima di giungere al punto di non ritorno.
In quell’occasione avevo coniato un paio di nomi per l’ultima versione della specie umana, l’Antropolectus[2] (una sorta di figura mitologica, per metà uomo e per metà letto) e l’Homo Insipiens[3], ovvero una persona che sa sempre meno di ciò che dovrebbe sapere, che preferisce vivere beatamente nell’ignoranza, non curandosi di illuminare il proprio spirito … fino a guardare chi lo ammonisca come ad un idiota rompiscatole, menagramo e complottista.
Capirete quindi bene che mi sono sentito davvero risollevato quando, casualmente, mi è capitato di leggere l’articolo pubblicato sulla pagina di Tiscali, a firma di Michael Pontrelli, intitolato “Il rischio non solo esiste ma è anche grande: l’uomo del futuro e potrebbe essere un “buono a nulla” … un testo nel quale l’autore, come nei miei saggi del 2017, ha fatto ricorso alla lezione di “Wall-e” per ammoire: «La lista delle attività affidate ai robot e all’intelligenza artificiale è sempre più lunga. Microsoft si appresta a integrare ChatGPT con Word e anche la capacità di scrivere testi complessi autonomamente diventerà un privilegio per pochi».
La cosa interessante è che sia venuto a conoscenza di questo articolo proprio all’indomani di un invito ricevuto per parlare ad un convegno sulla “smart-city”, ovvero un qualcosa che io, da tempo, preferisco definire “silly-city” … almeno fino al momento in cui non capiremo che, per il bene dell’umanità, occorrerebbe dare dei limiti all’innovazione tecnologica.
Michael Pontrelli, ammonendo sul “futuro distopico che attende l’uomo” raccontato nel film di animazione della Disney-Pixar, denuncia senza mezzi termini: «Le ultime notizie che arrivano dal mondo dell’innovazione tecnologica ci spingono a credere che la distopia descritta in WALL-E potrebbe essere molto più realistica di quanto si poteva pensare nel 2008. Un’attenta riflessione merita in particolare quanto sta accadendo sul fronte della robotica e dell’intelligenza artificiale».
In pratica l’articolo descrive un “futuro parassitico” in cui l’essere umano, sempre più sostituito in ogni sua mansione dal robot, potrebbe ridursi a quello che io ebbi modo di definire Homo Insipiens e/o Antropolectus.
Se l’autore, da giornalista, sembra giustamente preoccuparsi più del futuro della sua professione, il problema è però molto più ampio e, infatti, lo stesso video (Atlas, Il Robot Operaio Di Boston Dynamics) inserito dall’autore alla fine dell’articolo risulta illuminante.
Ogni giorno sentiamo parlare di sovrappopolazione del pianeta e di necessità di ridurre il numero degli esseri viventi per mancanza di risorse, eppure in parallelo si assiste alla graduale sostituzione degli esseri umani da parte della tecnologia … e non c’è aspetto della vita, lavorativa o sociale, che non ne sia minacciato … che ne sarà degli uomini?
A tutto questo, come ricordavo nei miei precedenti saggi, l’individuo medio non solo assiste indifferente, ma addirittura tende a compiacersi della sua furbizia che gli consente di fare i propri acquisti dal divano, di poter lavorare in “smart(silly)-working”, di poter controllare tutto dallo smartphone ecc.
Inoltre, il continuo bombardamento tecnologico delle “app” e dei giochi per smartphone, addirittura fatti apposta per chi giri per la città – ricordo a tal proposito i 100000 incidenti (dati 2017) causati in cinque mesi negli USA dall’idiozia Pokémon GO[4] – sta gradualmente trasformando gli esseri umani in una massa di idioti che mette a rischio la propria vita camminando o guidando guardando il monitor del cellulare[5] … in tutto questo, piuttosto che vietare che ciò accada, c’è chi ha pensato ad una app o a delle corsie preferenziali per questi “pedoti” (pedoni – idioti)[6], per i quali è però già stato coniato il termine di “smartphone-zombie” o “smombie”[7].
La classe politica, dal canto suo, piuttosto che preoccuparsi di come siano messi i settori dell’istruzione, della cultura e, soprattutto della salute, dopo la pandemia, nel decidere come gestire le somme del “Recovery Funds” e del “PNRR”, ha pensato bene di dedicare una fetta, immensa, all’ossessione digitale e alla presunta “transizione ecologica”, lasciando solo pochi spiccioli per i settori che la pandemia aveva evidenziato come quelli più delicati, dimenticandosi totalmente di tutelare i lavoratori del settore industriale, sui quali incombe la spada di Damocle del licenziamento per fare spazio alla tecnologia.
Come dicevo nei miei testi precedenti, l’essere umano, sin dall’alba della sua comparsa sul pianeta, al fine di migliorare e rendere sempre più sicura la sua esistenza, si è sempre reso artefice di invenzioni e opere atte a modificare il mondo che lo circondava. Tutto questo ha fatto sì che l’essere umano potesse ragionevolmente essere ritenuto la specie animale più intelligente ed evoluta del Pianeta … tuttavia, ultimamente, sembrerebbe che l’aspirazione massima dell’uomo sia divenuta quella di trasformarsi in parassita e starsene stravaccato su un divano, mentre la tecnologia lavora per lui.
Mirando costantemente all’aumento delle proprie ricchezze, le aziende tendono a massimizzare i guadagni e ridurre al minimo i costi … ogni anno il bilancio deve risultare superiore al precedente … costi quel che costi, così non si fanno alcuno scrupolo di sostituire gli uomini con dei robot.
Però c’è da chiedersi, continuando di questo passo, anche in considerazione della crescita demografica del pianeta, di cosa camperanno i futuri esseri umani? Camperanno di aria o, come qualcuno accusato di complottismo potrebbe pensare, si intende provare un nuovo programma di eugenetica nazista[8] per eliminare un po’ di anziani e altre persone ritenute ingombranti?
L’autore del testo pubblicato da Tiscali.it si chiede: «Cosa fare dunque? Bloccare sul nascere l’innovazione tecnologica riscoprendo lo spirito luddista? No, sicuramente questa non è una strada percorribile. Ma non è percorribile (senza gravi conseguenze) nemmeno l’ipotesi di accettare la robotica e l’intelligenza artificiale in modo passivo e acritico. Serve cioè trovare un equilibrio, una via di mezzo che trasformi la tecnologia in uno strumento che migliora la qualità della vita senza però annullare l’essenza dell’uomo, che non è certamente il non saper più fare nulla perché tanto ci pensa la tecnologia».
Personalmente, pur rifuggendo dal fondamentalismo luddista, non credo nel valore assoluto dell’equazione “tecnologia = miglioramento della qualità della vita”, credo semmai che la tecnologia possa essere utile in determinati campi, se usata con intelligenza. …
Ho infatti vissuto la mia gioventù a cavallo tra gli anni ’70-80, ovvero all’epoca dei telefoni a gettoni, del Monopoli, del Meccano e dei giochi di strada, eppure sono sopravvissuto e l’ho fatto, felicemente, senza traumi, e come me tutta la mia generazione e chiunque altro abbia vissuto la sua gioventù fino ai primi anni ’90 … perché quindi ostinarsi a ricercare il modo in cui demandare tutto alla tecnologia?
Noi, a scuola, risolvevamo le radici quadrate a mano e facevamo ricerche visitando le biblioteche e/o consultando le enciclopedie che avevamo in casa, quell’esercizio mentale risultava estremamente utile, non solo per quei compiti che ci venivano dati, ma per sviluppare le nostre capacità di apprendimento e ragionamento … oggi invece, grazie alle calcolatrici e alle app dei cellulari, tutto è più semplice e veloce, non occorre fare null’altro che la “giusta domanda” a Google e la ricerca è fatta, magari limitando il nostro lavoro ad un’opera di “copia e incolla”.
Ci crediamo furbi ed evoluti per questa scorciatoia, ma questo non significa crescere mentalmente. Ovviamente, nella società del mordi e fuggi, che ci insegna a seguire modelli parassitici in grado di fare un sacco di soldi in qualità di influencer, difficilmente le persone – specie i giovani che sono l’oggetto dell’attacco da parte del mondo ipertecnologico – ammetteranno che questa semplificazione/limitazione della nostra attività cerebrale sia errata. Perché sforzarsi di risolvere un problema o sfogliare un libro in biblioteca, o andare in un negozio, quando basta un click standosene sdraiati sul divano?
Noi genitori cinquantenni continueremo a venir definiti “boomer” o “dinosauri” e, come questi ultimi, siamo destinati a scomparire, non per colpa di un meteorite ma di una società miope guidata dall’avidità, dall’egoismo, dalla pigrizia e dalla convinzione di essere immuni dalle conseguenze nefaste dell’inquinamento, chimico ed elettromagnetico, una società che rischia, prima o poi, di ritrovarsi a vagare per lo spazio come gli ex-umani di Wall-e …
Per questo, conscio delle critiche che mi pioveranno addosso, non smetterò mai di chiedere, specie ai giovani, di riflettere a fondo sul mondo facilone che stiamo vivendo e che continuerò a definire l’era dell’Homo Insipiens .. un’era che, però, non segna un passo in avanti nel processo evolutivo, ma una regressione drammatica.
Tornando dunque all’equazione “tecnologia = miglioramento della qualità della vita”, ritengo che esistano dei campi, come quelli medico ed energetico, dove la ricerca tecnologica risulti fondamentale, ma ne esistono altri dove questa ossessione risulta del tutto deleteria per la società, per l’ambiente e per il lavoro, sicché il mio modesto parere è che la tecnologia vada sviluppata solo là dove si ritenga indispensabile, sì da restituire agli esseri viventi la propria vita, il proprio lavoro, la propria gioventù e i propri ritmi biologici.
[1] https://innovazione.tiscali.it/disruptive-innovation/articoli/Uomo-del-futuro-potrebbe-essere-un-buono-a-nulla/
[2] L’Antropolectus – evoluzione-involuzione dell’essere vivente più pericoloso per il pianeta e per se stesso! https://www.picweb.it/emm/blog/index.php/2017/05/31/lantropolectus-evoluzione-involuzione-dellessere-vivente-piu-pericoloso-per-il-pianeta-e-per-se-stesso/
[3] L’Homo Sapiens si fece Insipiens … e pensò fosse il progresso https://www.picweb.it/emm/blog/index.php/2017/06/07/lhomo-sapiens-si-fece-insipiens-e-penso-fosse-il-progresso/
[4] https://www.ansa.it/sito/notizie/tecnologia/software_app/2017/11/28/pokemon-go-ha-causato-100mila-incidenti_77eee6fc-e015-45ad-9539-48b9c0476579.html
[5] https://m.dagospia.com/smombie-gli-zombie-che-camminano-con-lo-smartphone-fanno-sempre-piu-incidenti-221552
[6] https://www.hdblog.it/2018/06/08/cina-corsia-preferenziale-smartphone/
[7] https://luce.lanazione.it/attualita/smombie-treccani-nome-zombie-smartphone-dipendenti/
[8] https://www.scuolaememoria.it/site/it/2020/07/07/eugenetica-nazista-e-sterminio-dei-disabili/
Mi viene da pensare a che fine farebbe il saggio di profitto secondo la nota formula Sp = Pv/(C+V) detta anche caduta tendenziale del saggio di profitto.
Mi viene da pensare a che fine farebbe il saggio di profitto secondo la nota formula Sp = Pv/(C+V) detta anche caduta tendenziale del saggio di profitto.