Il Progetto di Rigenerazione Urbana del Residence Bastogi elaborato dai miei studenti del Master in Urban Design della University of Notre Dame School of Architecture
Premessa
Il cosiddetto Residence Bastogi, nella periferia nord-occidentale di Roma, rappresenta una delle più grandi vergogne della città, nonché uno dei peggiori esempi di “scaricabarile” tra i diversi partiti politici al governo della città … partiti che, negli anni, hanno dimostrato di ricordarsi dell’esistenza di questo disastro socio-urbanistico solo nei periodi per-elettorali.
Alla fine del 2021, il quotidiano RomaToday aveva pubblicato l’ennesimo articolo dal titolo “Il futuro incerto di Bastogi, il più grande Residence per l’emergenza abitativa di Roma[1]“, denunciando l’ipocrisia dei politici e la drammatica situazione delle 496 famiglie che vivono nelle 6 palazzine di questo complesso dove, a partire dal 1989, sono state deportate e dimenticate per più di 30 anni … una dimenticanza che però, come si racconta nel testo, esclude i periodi di propaganda elettorale, quando è possibile annunciare false promesse di “rigenerazione urbana“, sempre disattese.
Purtroppo i cittadini, soprattutto quelli più svantaggiati, dimenticano facilmente le promesse non mantenute e tornano ad illudersi ogni qualvolta un politico privo di etica prometta loro un futuro migliore per il proprio quartiere.
Uno degli abitanti intervistati per l’articolo di RomaToday ricordava: «Quando arrivai qui, dal Comune ci dissero che in 2-3 anni ci avrebbero trovato un’alternativa vivibile. Sono trascorsi 30 anni da allora e di promesse dai politici ne abbiamo ricevute tante, non ci stupisce ci abbiano dimenticato», mentre l’autrice dell’articolo affermava che: «Parte di quel disagio sociale dipende proprio dalla natura del progetto. Le sei palazzine che oggi compongono il complesso di Bastogi sorsero per dare una casa ai senzatetto. L’immobile, che ufficialmente non ha nemmeno destinazione d’uso abitativa, è stato inserito tra le case Erp (Edilizia residenziale pubblica), in uno dei lotti dell’Accordo quadro con cui da fine 2018 il Campidoglio si occupa della manutenzione ordinaria. Oggi Bastogi ospita centinaia di famiglie ai margini e parte della loro condizione dipende anche dall’invivibilità degli spazi, di cui si dovrebbe occupare il Comune».
Inoltre la giornalista evidenziava che: «Sul complesso c’erano grandi aspettative, ritenuto il più grande residence per l’emergenza abitativa di Roma. Tant’è che secondo il dossier 2005 di Romaeconomia “Abitare a Roma”, redatto da Roma Capitale e guidata allora dal Sindaco Veltroni, Bastogi era indicata come una soluzione alloggiativa sostenibile per tutta Roma. “Le famiglie ancora presenti nei residence sono 496 di cui 250/300 possono permanere con la trasformazione in abitazioni del residence Bastogi”, si legge nel dossier.
Da grandi speranze a grandi delusioni, in tutti questi anni Bastogi è caduta totalmente nella fatiscenza, strutturale e per vivibilità generale dell’area. “È una risacca di degrado sociale, bivacco e criminalità”, spiega il consigliere Giovagnorio, contestualizzando i diversi episodi di cronaca di cui Bastogi è spesso protagonista».
L’articolo rammentava che «Unica proposta accolta nel Municipio XIII per venire incontro agli abitanti, è un emendamento marginale rispetto alla criticità decennali della zona. Un testo a firma della consigliera Caterina Monticone, Lista Civica Calenda Sindaco, volto a sollecitare gli organi capitolini al ripristino della legalità e alla manutenzione delle strutture, dove Bastogi compare tra parentesi, come un caso studio più che un obiettivo concreto della Giunta.
I problemi che vive sono più che reali però. Sulle 400 famiglie che vivono nelle sei palazzine, circa 80 nuclei ognuna, gli assegnatari regolari convivono con gli occupanti ai limiti della vivibilità. “Abbiamo tutti allacci elettrici abusivi qui, c’è gente che vive in spazi di 22 metri quadrati, al pari di una cella, come compagni di stanza blatte e topi”, spiega il portavoce degli abitanti delle sei palazzine in zona Torrevecchia».
L’autrice del suddetto articolo inoltre ricordava amaramente: «L’obiettivo di questa amministrazione è restituire dignità e vivibilità alla zona” diceva l’ex Sindaca di Roma Virginia Raggi, carica di buone intenzioni durante uno dei primi sopralluoghi in periferia da sindaca della Capitale». … Poi non è successo nulla.
Come infatti riportato nel paragrafo conclusivo «Le stesse tubature che da 4 anni sgocciolano negli scantinati di Bastogi. Gli stessi problemi, la stessa Bastogi, a cambiare è solo la percezione che i residenti hanno delle istituzioni. “Sai chi c’ha offerto davvero un’alternativa qui? La produzione del film ‘Come un gatto in tangenziale’: ci permisero di fare le comparse e così molti di noi hanno trovato anche lavoro”, ricorda un residente».
Quel film, per denunciare in chiave comica il dramma della vita sociale nelle periferie e la disparità tra queste e i centri storici, aveva scelto non a caso questo quartiere di Roma: un modello perfetto per mostrare il disastro sociale di questa realtà suburbana, figlia dell’ipocrita società contemporanea.
L’attuale amministrazione di Roma, in uno dei suoi proclami propagandistici, ha annunciato l’intenzione di procedere alla Rigenerazione Urbana di Bastogi … addirittura mi è stato riferito da un collaboratore dell’assessore all’urbanistica, che vorrebbe farlo seguendo quanto da me scritto nei miei saggi e libri dedicati alla politica dell’ICP e al modello del “Comitato per il Miglioramento Economico e Morale di Testaccio[2]“, nonché dimostrato nei miei progetti per il Corviale[3] a Roma e lo ZEN a Palermo[4] …
Inutile dire che, nonostante queste buone intenzioni, nessuno mi ha mai contattato per dare alcuna consulenza, semmai mi è stato riferito che altri soggetti e un’altra università sono stati incaricati di procedere in quella direzione.
Va da sé che, dovendo decidere quale tema progettuale affidare ai miei studenti per il Fall Semester del 2023, abbia deciso di dare proprio il progetto partecipato per la Rigenerazione del Residence Bastogi, con l’intento di donarlo a fine lavoro al Presidente del Comitato per Bastogi, Massimo Diofebo, affinché i residenti possano usarlo come strumento di valutazione della soluzione – certamente “sostenibile” – che gli verrà calata dall’alto. … Del resto, data la farsa del concorso per Corviale che ha portato a premiare il “chilometro verde[5]”, prevenire è meglio che curare!
Con questo progetto abbiamo infatti voluto dimostrare come sia possibile sostituire per fasi – come nelle mie proposte per il Corviale e lo ZEN – questo squallido suburbio, degradato e degradante, con un nuovo quartiere autosufficiente e senza distinzioni di classi sociali dove, oltre a nuove case, attività commerciali e spazi pubblici vivibili, gli abitanti possano trovare anche un lavoro … il tutto senza stravolgere la vita sociale degli abitanti i quali, nel bene e nel male, in questi 30 e passa anni, hanno sviluppato delle relazioni sociali da salvaguardare.
Rigenerazione Urbana del Residence Bastogi
L’attuale Residence, destinato esclusivamente a famiglie a basso reddito e/o disoccupati, si trova nella periferia nord-occidentale di Roma, nel quartiere Aurelio, ed è circondato dall’Università degli Studi Nicola Cusano con i suoi dormitori a ovest, dalla Residenza Speciale per pensionati e disabili Villa Belvedere, dalla Congregazione delle Suore Passioniste di San Paolo della Croce e dalla Scuola di Ospitalità e Turismo “Casa Severino Fabriani” a nord, da un ampio terreno agricolo a est e dalla Basilica Greco-Cattolica Ucraina di Santa Sofia e dal Monumento Kotlyarevsky a sud.
Lungo via Giuseppe Piolti dè Bianchi, che delimita il Residence Bastogi a nord, è altresì presente un enorme edificio per uffici abbandonato, di proprietà della Telecom Italia, una presenza questa che necessita di essere inclusa nel progetto. Il sito di Bastogi misura all’incirca m 295 x 250, mentre l’intera area “a zig-zag” che include il sito dell’edificio abbandonato, misura 597 x 250. In termini di superficie, l’intero sito misura circa 8,0 ettari.
Il complesso residenziale è costituito da 6 blocchi residenziali, ognuno dei quali costituito da due parallelepipedi sfalsati alti 5 piani, più 2 blocchi, di un solo piano, utilizzati per il Servizio Psico-Socio-Sanitario ARL e per il ‘Social Market Bastogi‘. Nessuna idea di disegno della città caratterizza il complesso, nessuno spazio pubblico per le attività sociali, né per il tempo libero degli anziani né per il gioco dei giovani e dei bambini, ad eccezione di un campo di calcetto.
Il carattere edilizio del complesso è a dir poco deprimente, se non addirittura criminogeno: non sorprende leggere della turbolenza e dei problemi del luogo, né dell’intenzione degli abitanti e dell’amministrazione comunale di sostituire il complesso con un più adeguato quartiere residenziale a reddito misto e a funzione mista.
Secondo i desideri degli interessati, il nuovo quartiere dovrebbe essere concepito come un luogo nel quale identificarsi e voler vivere, a differenza dell’attuale disastro sociale e urbano, figlio dell’ideologia urbanistica-architettonica insegnata e realizzata negli ultimi 80 anni.
V’è da dire che oggi, a causa dei cambiamenti climatici e delle conseguenti direttive di COP 26, COP 27 e COP 28, volte a migliorare il comportamento termico ed energetico degli edifici, c’è una sensibilità diversa che non può ignorare quanto insostenibili possano essere gli edifici e la realtà (sub)urbana nella quale sorgono … il che non può che condurre alla soluzione drastica di sostituzione dell’edificato, piuttosto che ripetere la follia insostenibile del “chilometro verde”[6].
Questa soluzione radicale, non solo per il Bastogi ma per tutte le periferie, non va considerata come un’utopia, ma come l’unica risposta alle direttive summenzionate se davvero teniamo all’ambiente e alle future generazioni … e questo potrebbe risultare immediatamente fattibile utilizzando opportunamente gli immensi fondi del PNRR – Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza – che potrebbero consentire la sostituzione degli edifici ad alto consumo energetico con edifici più sostenibili … non solo in termini di energia di emissioni di CO2, ma anche in termini di vita sociale, di rispetto delle economie locali e di sviluppo del senso di appartenenza dei residenti.
Abbiamo potuto valutare che la superficie dell’area che include il Residence Bastogi e il sito dell’edificio per uffici abbandonato consentirebbe lo sviluppo di un piccolo quartiere a dimensione d’uomo, percorribile in sei minuti a piedi, dal momento che la distanza maggiore del sito misura circa 600 metri.
L’orografia e la forma del sito hanno il potenziale per generare un insediamento urbano sinuoso, simile a quelli dei due grandi esempi di “Città Giardino” romane della Garbatella e della Città Giardino Aniene, dove l’effetto sorpresa, la presenza di diversi punti di riferimento e i cortili alberati che ospitano parchi giochi e spazi di aggregazione, creano l’effetto di un piacevole villaggio.
Il modello della Garbatella e della Città Giardino Aniene – nate come città satelliti periferiche – è infatti quello sognato dagli abitanti di tutte le periferie romane, ragion per cui è quello da prendere in considerazione, non solo come modello urbanistico, ma anche come modello socio-economico, volto a migliorare la vita e l’economia dei residenti e, perché no, anche dei rifugiati ucraini accampati presso la confinante Basilica di Santa Sofia in tende militari offerte dalla Protezione Civile.
Alla luce di quanto esposto, è stato deciso che il Progetto di Rigenerazione dovesse prendere in considerazione la presenza dei seguenti elementi, interni e/o esterni al sito:
1. Sei edifici residenziali – dove alloggiano le 496 famiglie attuali – da sostituire e incrementare nel numero di appartamenti dotandoli altresì di attività commerciali e/o artigianali al piano terra;
2. Servizio psico-socio-sanitario ARL, da ricollocare all’interno del nuovo edificato;
3. Social Market Bastogi, da ricollocare all’interno del nuovo edificato;
4. Università Nicolò Cusano e i suoi dormitori;
5. Basilica Greco-Cattolica Ucraina di Santa Sofia e il Monumento Kotlyarevsky;
6. Residenza Speciale per Pensionati e Disabili “Villa Belvedere”.
7. Congregazione delle Suore Passioniste di San Paolo della Croce e la Scuola di Ospitalità e Turismo “Casa Severino Fabriani”.
8. Presenza di un ampio terreno agricolo, dove è possibile immaginare un parco pubblico e delle attività sportive a servizio di Bastogi e dei quartieri e complessi confinanti.
9. Presenza di ampi “vuoti urbani”, che consente la realizzazione per fasi del progetto, evitando così di sconvolgere la vita sociale degli abitanti che – in caso di sostituzione degli edifici esistenti – possono essere trasferiti dalle loro case, in quelle nuove realizzate nelle vicinanze.
In particolare, memori della grande lezione sociale e urbana dell’opera dell’ICP dei primi del secolo scorso, i partecipanti hanno convenuto che, affinché una Rigenerazione Urbana possa ritenersi tale, è necessario considerare il fondamentale ruolo sociale dell’Urbanistica, così come condensato in uno degli illuminanti punti del Regolamento Urbanistico di Roma del primo Novecento: «[…] se l’urbanistica può facilitare la fusione tra le classi sociali, la società le sarà debitrice della risoluzione di un compito importante»[7].
Seguendo quindi quella grande lezione, si è ritenuto che un corretto intervento di “rigenerazione” per il Residence di Bastogi dovesse tenere conto delle regole urbanistiche obbligatorie di quei tempi in termini di:
Integrazione:
Il 35% degli appartamenti dovrà essere destinato ad alloggi sociali, e questi dovranno risultare dislocati all’interno dei vari edifici e non concentrati in edifici privi di qualità e differenziati dal resto. Ciò significa che, considerando i 496 appartamenti esistenti da sostituire come il 35% dei 1.417 appartamenti necessari per una corretta integrazione sociale, sarà possibile mettere a disposizione 850 appartamenti aggiuntivi in vendita … i cui proventi, come nella politica economica dell’ICP ai primi del Novecento, porterebbero all’azzeramento dei costi di costruzione degli alloggi sociali.
Inclusività:
Diversamente da quanto disposto dalla normativa attuale in termini di edilizia residenziale, è stato ritenuto più logico seguire gli studi e le indicazioni che portarono a concepire le case delle Città Giardino romane del primo Novecento, quando si ritenne necessario differenziare, piuttosto che standardizzare gli alloggi e le tipologie edilizie, sì da poter rispondere a tutte le diverse esigenze dei residenti in termini di numero di componenti per famiglia, presenza di disabilità, interesse ad avere un giardino privato, possibilità di prendersene cura, ecc;
Spazi pubblici:
Gli spazi pubblici sono stati progettati per rispondere alle esigenze di ogni età, dai bambini agli anziani;
Economia e lavoro:
Seguendo l’esempio virtuoso messo in atto grazie al Comitato per il Miglioramento Economico e Morale di Testaccio e alle teorie di Montemartini sul cooperativismo, è stato ipotizzato il recupero della virtuosissima politica socio-economica messa in atto ai primi del Novecento per sanare la disastrosa situazione economica del Comune di Roma, oltre che per risolvere le gravissime problematiche sociali e sanitarie del Testaccio[8] in vista delle celebrazioni del 1911 per in cinquantenario dell’Unità d’Italia. Per questa ragione è stato ipotizzato l’utilizzo di materiali e tecniche tradizionali, il coinvolgimento degli artigiani e la creazione di nuovi posti di lavoro nel settore. Per fare questo, come avvenne per la prima volta nello sviluppo dei blocchi progettati da Giulio Magni al Testaccio, si è ipotizzata una suddivisione dei blocchi in lotti i cui appalti, che fungeranno anche da cantiere scuola per la formazione dell’artigianato, andranno assegnati a diverse cooperative di lavoratori e imprenditori locali, coordinati da una struttura pubblica analoga a quella che fu l’Unione Edilizia Nazionale, coinvolgendo nella costruzione sia gli abitanti disoccupati del complesso di Bastogi che i rifugiati ucraini, sì da dar loro non solo una casa, ma anche un futuro;
Come si è detto, grazie a questa politica sociale ed economica, si è ipotizzato un azzeramento totale dei costi dell’edilizia sociale attraverso il mercato immobiliare del 65% degli appartamenti realizzati e delle unità immobiliari destinate ad uffici, attività commerciali e artigianali;
Sviluppo del senso di appartenenza:
Come si è avuto modo di spiegare, i residenti delle periferie romane ambiscono a vivere in contesti analoghi a quelli della Garbatella, sicché la progettazione – preceduta da un’accurata analisi urbanistica e architettonica operata nel centro di Roma e nei quartieri popolari di Testaccio e delle Città Giardino Aniene e Garbatella – si è concentrata sul rispetto dei caratteri locali, attraverso l’uso di forme, dettagli ed elementi tipici e identitari dei diversi quartieri studiati.
Inoltre la progettazione, grazie al confronto con alcuni rappresentanti dei residenti – sebbene limitato per questioni logistiche e di tempo – ha tenuto in considerazione il rispetto delle esigenze locali;
Ambiente e sostenibilità:
La progettazione ha tenuto nella massima considerazione il rispetto dell’ambiente attraverso l’uso di tecnologie edilizie durevoli e sostenibili: spesso, purtroppo, la sostenibilità di un progetto si limita alla sola valutazione energetica, peraltro nella sola fase di esercizio di un edificio, omettendo una serie di parametri fondamentali che, infatti, dovrebbero far parlare di “ereditabilità[9]” piuttosto che di “sostenibilità presunta”.
Per quanto la nostra società tecnicistica tenda a voler valutare tutto su base numerica, esistono una serie di parametri non misurabili in termini matematici. Molti studi, scientifici o pseudo-scientifici, per esempio quelli sviluppati dai seguaci dell’opera di Christopher Alexander[10], cercano di creare un sistema parametrico atto a definire un ambiente più o meno vivibile, più o meno a dimensione di pedone, ecc. ma nessun sistema del genere potrà mai dare un valore numerico a concetti come il senso di appartenenza, l’effetto sorpresa, la vista di scorcio di un elemento che funge da riferimento nei percorsi, la coerenza tra uno spazio urbano e l’architettura al suo intorno, il valore della storia di un luogo, l’unicità di quel luogo, ecc. Tutta una serie di fattori che necessitano di un approccio non solo olistico, ma anche e soprattutto empatico, da parte dell’osservatore pianificatore.
Il tipo di ricerca e di risultato derivante da un approccio progettuale che considera tutti queste valutazioni porta a dei risultati ambientali pensati nel rispetto delle generazioni a venire, piuttosto che del breve termine.
Benefici Socio-Economici e Ambientali Legati al Progetto
Come detto, questo tipo di intervento, oltre alla creazione di lavoro, potrebbe essere un ottimo affare per i fondi pubblici.
La maggior parte dei terreni infatti, così come gli edifici da sostituire, appartengono al Comune, che potrebbe così emanciparsi dalla sua condizione di assoggettamento alla speculazione edilizia, ribaltando la situazione che portò il Comune di Roma alla bancarotta alla fine dell’Ottocento … una situazione poi lamentata dal Presidente del Consiglio Giovanni Giolitti, che disse:
«All’inizio, nel 1870, se ci fosse stata un’amministrazione comunale che, intuendo quale sarebbe stato il futuro di Roma, avesse acquistato le aree fino a 5 o 6 km intorno alla città, e avesse elaborato un piano di crescita, utilizzando concetti molto sofisticati, avrebbe creato una città dalle linee molto più grandiose e avrebbe fatto un’ottima speculazione[11]».
Ebbene, considerando che l’opera di “rigenerazione urbana” implica la sostituzione edilizia dell’edificato di tutta l’area lungo via Giuseppe Piolti dè Bianchi, questo intervento dovrebbe vedere il Comune, così come lo Stato, protagonista attivo con spirito imprenditoriale. Come infatti osservava Italo Insolera, parlando delle condizioni economiche di Roma alla fine del 1800, «in una città in cui l’unica industria è l’edilizia, il deficit dell’amministrazione, all’epoca ancora abbastanza considerevole, può essere eliminato attraverso la partecipazione diretta a quel settore di investimenti[12]».
Questo programma, non necessariamente di lunga realizzazione, considerati i precedenti storici di Testaccio, Garbatella, ecc., vedrebbe un notevole sviluppo del settore edilizio, con conseguenti benefici per l’intera collettività e potrebbe richiedere costi molto ragionevoli – o addirittura profitti – per il settore pubblico, se solo si recuperassero, come si è detto, le norme e gli strumenti che consentirono la costruzione della Roma del primo Novecento.
Inoltre, considerando la proprietà demaniale dei suoli, si potrebbe anche immaginare la vendita di parte dei terreni ai costruttori per rendere possibili questi interventi mettendo il settore pubblico nelle condizioni di utilizzare opportunamente il sistema del project financing, riducendo ulteriormente le spese per la comunità. Nel frattempo, gli interventi realizzati direttamente dal settore pubblico, potrebbero beneficiare di strumenti come i Contratti di Quartiere e/o gli Piani Territoriali, il nuovo PNRR, che possono beneficiare di fondi europei. Si potrebbero anche considerare gli immensi investimenti del “Recovery Funds” post-pandemia, oggi utilizzati in edilizia per i cosiddetti “eco e sisma bonus” che non miglioreranno mai la qualità della vita degli abitanti; infine, nell’ipotesi di “cantiere scuola” atto a dare un futuro e non solo una casa ai residenti e ai rifugiati, si potrebbe anche accedere ai fondi europei per la formazione dell’artigianato nel campo dell’architettura tradizionale e del restauro.
A proposito di questo ultimo punto, è opportuno sottolineare come l’utilizzo di materiali e tecniche costruttive tradizionali per le nuove costruzioni, contribuisca a ricreare una forza lavoro molto più ampia e quindi competitiva al suo interno; una condizione questa che ridurrebbe i costi di manodopera per il restauro del patrimonio italiano e degli edifici storici.
Infine, è importante considerare che l’uso di materiali e tecniche costruttive tradizionali riporterebbe la comunità pubblica ad avere edifici con “pareti ecologiche” grazie al loro eccellente e permanente comportamento termo-igrometrico, che consente una drastica riduzione delle emissioni di gas serra necessarie per riscaldare e rinfrescare gli edifici.
Il progetto per il Residence Bastogi degli studenti del Graduate Program della University of Notre Dame School of Architecture
Prima di procedere ad una breve descrizione del progetto per Bastogi occorre ricordare i nomi e le nazionalità degli studenti che, tra settembre e i primi di dicembre, hanno preso parte al progetto per Bastogi: gli statunitensi Evan F. Feller, Ian P. Reilly, John B. Edwards, William J. Collins, Lauren C. Abeyta, i kenioti Cynthia Wahito Ndegwa e Peter Nzioka Ngau e la yemenita Lama Al-Shohaty.
Di comune accordo con il Presidente del Comitato per Bastogi, Massimo Diofebo, abbiamo affrontato questo progetto, partecipato per ciò che è stato possibile fare, proponendo una soluzione che, non solo consentirebbe di dare – anche gratuitamente – degli alloggi più dignitosi alle 496 famiglie dimenticate, ma potrebbe generare vita e lavoro per i tanti residenti disoccupati, coinvolgendo anche i profughi ucraini “parcheggiati” nelle tende da campo collocate nell’area della Chiesa Ucraina posta di fronte al Bastogi.
Grazie anche alla presenza dell’enorme edificio abbandonato della Telecom, la realizzazione del progetto risulterebbe non impattante negativamente sulla vita della comunità locale. Infatti sarebbe possibile procedere per fasi, una volta demolito l’edificio Telecom, realizzando nei vuoti i nuovi edifici dove spostare poco alla volta le famiglie e le poche attività presenti (mercato sociale, palestra per la boxe, campo di calcetto, doposcuola per i ragazzini del quartiere, chiesa/cappella, consultorio, ecc.).
Il progetto, sfruttando l’orografia consente la realizzazione di un piccolo borgo che apparirà come una piccola cittadina murata, usando le mura come limite all’espansione ma anche accesso alle autorimesse e sostegno dei giardini soprastanti.
È stato stimato che il progetto, se eseguito seguendo le norme e gli strumenti in vigore ai primi del Novecento[13], oltre a consentire la realizzazione – a costo zero – di case migliori per gli attuali residenti, porterebbe nelle casse del Comune di Roma, proprietario del complesso attuale, oltre 292 mln di Euro … e genererebbe centinaia di posti di lavoro per i disoccupati locali e per i profughi ucraini accampati lì di fronte, creando aspettative di vita decisamente migliori di quelle attuali.
Il progetto prevede non solo un’urbanistica tradizionale ma, coerentemente con il lavoro analitico svolto e con gli obiettivi di un mondo, non solo sostenibile a parole, ma “ereditabile”, anche e soprattutto un’architettura e delle tecniche costruttive tradizionali che, oltre a garantire delle performances energetiche eccellenti e permanenti, non necessitano di costi di manutenzione frequenti … come infatti affermava Quadrio Pirani e dimostrato dagli oltre 110 anni di vita dei suoi edifici mai restaurati «[…] un giusto impiego di materiali durevoli, quali i laterizi e le maioliche, porta ad una diminuzione nel tempo delle spese di manutenzione degli edifici […]» … il che equivale un’architettura “ereditabile” per generazioni, come ricordato nel fregio di Palazzo Canossa a Verona che recita: “Et filii filiorum semen illorum habitabunt in secula : (Costruita) affinché i figli e la loro progenie possano viverla nei secoli”
Prima di mostrare i progetti elaborati dagli studenti traendo libera ispirazione dall’analisi svolta all’interno dei quartieri Garbatella, Città Giardino e Testaccio, al fine di dimostrare che non si tratta di utopia, né di passatismo nostalgico, è utile documentare, come gli stessi studenti hanno fatto, ciò che, ormai da tempo, sta accadendo all’estero, dove si riscontra un grande ritorno alla costruzione di città a dimensione d’uomo, caratterizzate da un’architettura tradizionale che sviluppa e rafforza il senso di appartenenza dei residenti … delle realtà urbane dove, come nel progetto per Bastogi, non meno del 35% degli alloggi sono popolari e indistinti dal resto.
Quella che segue è una selezione delle tavole individuali dei partecipanti al Master in Urban Design che ho raccolto e che mostra come, nonostante il breve tempo a disposizione, in aggiunta agli edifici pubblici progettati, tutti gli alloggi – organizzati all’interno di case in linea e palazzine prospicienti delle corti a giardino – siano stati opportunamente definiti nel rispetto della normativa e degli standard vigenti in Italia. I progetti sono riportati in sequenza procedendo in senso antiorario partendo dall’isolato di ingresso al nuovo quartiere.
[1] “Il futuro incerto di Bastogi, il più grande residence per l’emergenza abitativa di Roma“ Barbara Polidori su RomaToday 1 dicembre 2021
[2] https://www.academia.edu/24594282/The_District_Testaccio_in_Rome_and_the_policy_of_the_ICP_Institute_for_Social_Housing_at_the_dawn_of_its_existence_an_important_example_to_be_learnt
[3] https://www.academia.edu/31079780/Regenerate_suburban_districts_proposal_for_the_ground_scraper_Corviale_in_Rome
[4] https://www.academia.edu/31079757/_Noi_per_lo_Z_E_N_Proposal_for_the_Urban_Regeneration_of_the_suburban_district_ZEN_in_Palermo_Italy
[5] https://modulo.net/it/realizzazioni/chilometro-verde-il-corviale
[6] https://modulo.net/it/realizzazioni/chilometro-verde-il-corviale
[7] Ufficio Municipale del Lavoro di Roma, il problema Edilizio, Ed. Centenari, Roma 1920
[8] https://www.picweb.it/emm/blog/index.php/2017/08/01/il-quartiere-testaccio-di-roma-e-la-politica-dellicp-agli-albori-della-sua-esistenza-un-importante-precedente-da-cui-imparare/
[9] https://www.picweb.it/emm/blog/index.php/2017/07/29/sostenibilita-vs-ereditabilita-e-corretto-usare-laggettivo-sostenibile-parlando-di-corretto-sviluppo-urbano/
[10] https://it.wikipedia.org/wiki/Christopher_Alexander
[11] For building in the capital, Chamber of Deputies, session 16 June 1907, Speeches, vol. III, p. 969.
[12] Italo Insolera, in Roma – Immagini e realtà dal X al XX secolo, Laterza Edizioni, Roma-Bari 1980, pag. 32.
[13] Ettore Maria Mazzola, “Rigenerazione Urbana -– Come migliorare la qualità urbana e le economie locali attraverso la rigenerazione delle moderne periferie” / Urban Regeneration – How to improve urban quality and local economies through regeneration of Modern Suburbs” – prefazione di Rob Krier. Vertigo Edizioni, Rome. ISBN: 9788862068352
Vedi anche Ettore Maria Mazzola, “La Città Sostenibile è Possibile, Una strategia possibile per il rilancio della qualità urbana e delle economie locali – The Sustainable City is Possible, A possible strategy for recovering urban quality and local economies”. Prefazione di Paolo Marconi, Editrice GANGEMI, Rome, 2010. EAN 9788849218640
il progetto di rigenerazione del Bastogi ?
Un sogno bellissimo…. che potrebbe essere realtà
Grazie Gabriele … lo spero davvero!
Complimenti per il progetto e la ringrazio per offrire tutto il materiale a supporto della vostra idea. Adesso mancherebbe solo il consenso dall’alto e dal basso. Come spiego sempre ai miei alunni, nei regimi antimeritocratici, non sempre un ottimo lavoro, per quanto sia sostenibile, riesce a concretizzarsi. Il miracolo adesso deve arrivare dalla politica, ma chissá se esiste un Philippe Pemezec romano…lungimirante, deciso e realmente conservatore…. Speriamo!
Grazie!
Philippe è un personaggio straordinario difficile da replicare … specie qui a Roma, però ho parlato con lui lo scorso anno a Le Plessis Robinson e sto lavorando ad un convegno per portarlo qui a Roma a raccontare, insieme a Xavier Bohl, la loro straordinaria esperienza
Pazzesco, un lavoro davvero eccezzionale – moltissimi complimenti
Grazie Mark!
Non si può che apprezzare questo lavoro volendo avere uno sguardo critico sulla condizione della città contemporanea, riuscendo a distinguere tutte le cause che la rendono così lontana dal vivere civile. In fondo si tratterebbe solo di azzerare il modello economico sociale imperante.
Grazie Maurizio,
speriamo che il Comune, latitante alla presentazione nonostante l’invito e l’intercessione di Giancarlo, faccia finalmente un passo avanti
Sì certo, un passo avanti e due indietro. La speranza lasciamola a chi non ha altro da offrire, mentre qui si tratta di rammentare a ciascuno le proprie responsabilità, a cominciare da quello che si dice, si promette, si assicura e garantisce…in genere prima…poi…dopo… ciò che si fa o non si fa, si disattende, si giustifica, si dice e non si dice, infine si dimentica sotto una montagna di menzogne o annunci che è lo stesso…sia chi governa sia chi si oppone non importa, dentro il gioco di una volta si è una no, questo o quello pari sono : come ogni maggiordomo che si rispetti, sempre al servizio del padrone; al quale certamente non interessa un ragionamento urbanistico pubblico schietto e scevro da logiche speculative e privatistiche, in favore del pubblico interesse.
Speriamo di essere smentiti … ma certe speranze, con certi amministratori, appartengono al mondo dell’utopia
Straordinario. Complimenti e auguri!
Grazie Steven!
Ettore,
Temo che la sua visione, pur fattibilissima, rimarrà purtroppo nella sfera ‘utopica’. E questo perchè sono convinto che dietro alle scelte fatte in direzione di queste rovinose realtà di edilizia e/o di architettura modernista e post-modernista, vi siano degli obiettivi prefissi che vanno pure oltre l’aspetto meramente speculativo.
La bellezza, il decoro, l’armonia, l’arte erano principi da dover eliminare per poter dare sfogo a ciò che avrebbe reso intere realtà alienanti, indecorose e persino criminose.
Dietro le scelte scellerate fatte nei decenni ci sono tutte le intenzioni nel poter dare un forte contributo alla degenerazione della società e alla sua crescente perdita degli standard che stabiliscono cosa sia accettabile e cosa non lo sia, fino a renderci assuefatti alla bruttezza e al degrado come se questi fossero fattori inevitabili come sarebbe lo Yin nei confronti dello Yang. Ma a contraddire questo ci sono le città storiche erette in secoli e secoli di storia e che di bruttezza e squallore non hanno proprio nulla.
Ovviamente spero di sbagliarmi e di soffrire di complottismo acuto. Poter vedere questo progetto realizzato sarebbe qualcosa di rivoluzionario non solo per Roma ma per l’intero paese. E se questo non dovesse avvenire, il suo lavoro rimarrà sempre e comunque una testimonianza – per noi oggi e per le future generazioni – in grado di rivelare l’effettiva e concreta esistenza di una corrente opposta agli orrori voluti da coloro che hanno un interesse nel declino morale e intellettivo della nostra società.